Il sogno di Morfeo, Sala Assoli | La recensione

Il sogno di Morfeo

Dal 3 al 5 marzo è andato in scena in Sala Assoli, “Il sogno di Morfeo”, scritto e diretto da Antonio Piccolo, uno degli artisti contemporanei più intriganti della scena teatrale contemporanea. Piccolo è in scena assieme a Mario Autore, Antonia Cerullo, Melissa Di Genova ed Emilio Vacca.

Ci troviamo all’Eremo dei Sogni, dove il dio Morfeo, con l’aiuto di sua sorella Notturno e dell’assistente Artemidoro di Daldi, invia i sogni ai mortali che stanno dormendo. Nel fare questo, Morfeo e i suoi aiutanti attingono alla loro fantasia e alle percezioni e alle immagini dei sognatori dormienti. Nello svolgere questo suo compito, Morfeo si rivela essere tramandante frustrato: ormai non può fare altro che creare incubi, perché la vita cognitiva dei sognatori non permette altro. Il dio Morfeo sembra non poterne più, perché il “soffio degli umani”, ossia la loro immaginazione, si è inaridito a tal punto che, nonostante l’impegno del dio, il loro senno irrompe prepotente impedendo ai dormienti di creare sogni sereni. L’unica “onironauta” che dà ancora soddisfazioni a Morfeo è Alice: la ragazza è una sognatrice che non è solo capace di creare dei sogni bellissimi, ma riesce anche a controllarli, giocandoci e divertendosi. Morfeo, Notturno e Artemidoro amano vedere Alice all’opera. Il sonno della ragazza però sta durando più del dovuto, facendole rischiare di perdere il suo esame di patologia generale. Morfeo prova a forzare il suo risveglio ma la ragazza continua a dormire. I tre fanno delle ricerche e scoprono la verità: Alice non si sveglia perché è in coma. Il dio dei sogni vuole provare ad aiutarla, quindi decide di recarsi con Notturno e Artemidoro a Bubastis, nell’antico Egitto, nell’antro di Bastet, Dea del Sonno e madre di Morfeo e Notturno: una strana dea, enorme, metà gatta e metà umana, che parla un linguaggio da indovina. Questa è solo la prima parte di un viaggio nei sogni per salvare Alice e, insieme a lei, tutte le persone della terra, ricordando loro di sognare.

Alice, personaggio reale e allo stesso tempo fiabesco, è una grande sognatrice, e il dio dei sogni, tramite lei, vuole realizzare il suo “sogno”: il sogno di Morfeo è quello di far entrare gli altri esseri umani nei sogni della giovane, per permettere loro di sognare. Aggrappandosi a i sogni di “onironauti” esperti come Alice l’immaginazione dell’umanità potrà tornare ad accendersi.

Trascorriamo parte nella nostra vita sognando, eppure nemmeno nel mondo onirico riusciamo a trovare una via di fuga dalla nostra vita frenetica. Lo spettacolo di Antonio Piccolo è il racconto del rapporto tra la vita onirica e quella reale, di un’umanità priva di sogni. Attraverso quello che potremmo definire come un “dramma mitologico moderno”, dove il passato dialoga con il presente, l’obiettivo di Antonio Piccolo ne “il sogno di Morfeo” non è quello di giudicare le persone, bensì di porre una lente critica su di una società che contiene queste persone, su di un mondo che impedisce agli individui di sognare, intrappolandoli in sistemi oppressivi. Infatti i protagonisti di questa storia vogliono “scontenersi”, “levare il contenuto” e “viaggiare con la mente”. Una tematica estremamente attuale viene “stemperata” da momenti ironici e “dialoghi acrobatici”, portati sulla scena da questi dei con il volto dipinto da clown. I drammaturghi sono soliti trasporre sul palco la vita reale, Piccolo invece porta sulla scena il mondo dei sogni, perché in fondo il teatro, come lasciatoci intendere da Morfeo, è l’incontro tra il mondo dei sogni e quello reale.

Il bellissimo testo di “Il sogno di Morfeo” di Antonio Piccolo prende vita grazie alle interpretazioni dei quattro straordinari attori che lo accompagnano sulla scena. Mario Autore, Antonia Cerullo, Melissa Di Genova, Antonio Piccolo ed Emilio Vacca danno meravigliosamente vita a dei personaggi che si muovono al limite tra il tempo e lo spazio, protagonisti di una vicenda tragica che non manca di strappare un sorriso allo spettatore. E, tra gli eccellenti attori in scena, Mario Autore è certamente quello che cattura di più l’attenzione: già visto nel film “I fratelli de Filippo”, autore, grazie al sapiente controllo del proprio corpo e della propria voce, dona al buffo Artemidoro una certa dose di fascino e drammaticità.

La scena si presenta come l’Eremo dei Sogni e, dunque, il mondo del sonno; quello che invece non vediamo sulla scena è il mondo di colore che son svegli. La scenografia diventa anche metaforicamente scelta: telefono o scalata sull’albero? Vita o morte?

Alice preferisce rifugiarsi nei sogni, il suo coma è la nostra apatia, il nostro muoverci per inerzia in uno sopravvivere stentato. Il telefono della cabina squilla, Alice tentenna, il telefono continua a squillare, Orfeo alza la cornetta, e poi il buio. La regia non si pronuncia sulla fine della giovane, non giudica, come ha fatto per tutto il tempo. Lo spettacolo non ha una interpretazione sola, non va “capito” e non vuole essere “capito”, dato che, come un sogno, ciascuno lo interpreta in modo diverso: il giudizio spetta a noi. Se esistesse una sola interpretazione lo spettacolo avrebbe fallito, perché caduto sotto i dogmi della scienza.

Ne “Il sogno di Morfeo”, Antonio Piccolo ci invita, oggi più che mai, a ricominciare a sognare e far viaggiare la nostra fantasia per sfuggire al tedio del quotidiano. In fin dei conti, i sogni veri sono quelli che si fanno a occhi aperti, perché quelli che si fanno da addormentati guideranno il nostro vivere da svegli.

 

Immagine di copertina: ufficio stampa

A proposito di Valeria

Valeria Vacchiarino (1999), studia Lingue e Culture dell'Europa e delle Americhe a L'Orientale di Napoli, città che ormai considera la sua seconda casa. Amante dei libri, del cinema e del teatro, ha una grande passione per la musica jazz.

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