Sei personaggi in cerca d’autore, di Binasco | Recensione

Sei personaggi in cerca d'autore, di Binasco | Recensione

Sei personaggi in cerca d’autore chiude in bellezza la stagione del Teatro Bellini

Dal 16 fino al 28 maggio è di scena al Teatro Bellini di Napoli un classico intramontabile di Luigi Pirandello: Sei personaggi in cerca d’autore, con la regia e l’interpretazione di Valerio Binasco, con Sara Bertelà, Giovanni DragoGiordana FaggianoJurij Ferrini e gli allievi della Scuola per Attori del Teatro Stabile di TorinoAlessandro Ambrosi, Francesco Bottin, Cecilia Bramati, Ilaria Campani, Maria Teresa Castello, Hana Daneri, Alice Fazzi, Matteo Federici, Iacopo Ferro, Samuele Finocchiaro, Christian Gaglione, Sara Gedeone, Francesco Halupca, Martina Montini, Greta Petronillo, Diego Pleuteri, Emma Francesca Savoldi, Andrea Tartaglia, Nicolò Tomassini e Maria Trenta. Lo spettacolo chiude così la stagione 2022/2023 con un tocco di mistero, con passione, con tante riflessioni metateatrali e l’attesa curiosa di come sarà la prossima stagione del Bellini.

Dal classico al presente

Riportare la drammaturgia di Pirandello sulle scene attuali parte già con l’essere di base un’operazione difficile. I rischi sono due: o si inciampa nello storpiare una poetica complessa, al punto da banalizzarla pur di estrarre a forza quel “qualcosa di nuovo” che spesso non si ha idea di cosa sia precisamente né di cosa voglia significare, oppure si ripresentano i testi tali e quali con un intento mimetico che non offre alcuna prospettiva attuale e, pertanto, non smuove nessuna coscienza critica. Questo perché Pirandello è stato uno dei pochi autori – se non forse l’unico si potrebbe azzardare a dire – che ha colto l’essenza del teatro, la sua anima, la sua schizofrenica dicotomia tra realtà e finzione in grado di carpire e rappresentare senza illusioni quel midollo vitale di esistenza. E Sei personaggi in cerca d’autore è, forse, tra i suoi testi quello più intricato e anche e soprattutto per questo riuscito nel rendere una riflessione eterna.

Il lavoro di Valerio Binasco su Sei personaggi in cerca d’autore è interessante. Innanzitutto, è da apprezzare che al fronte di attori di una certa esperienza non si avverte nessun divario con gli allievi dello Stabile di Torino, un merito da riconoscere a una regia sapiente che sa recuperare una certa natura collettiva del teatro. Inoltre, ogni singolo elemento della rappresentazione, dalle musiche alle luci alla scenografia ed a tutto ciò che la compone, partecipa come parte viva e attiva allo spettacolo che entra ed esce da una dimensione reale a una fittizia, esattamente secondo le fondamenta del gioco pirandelliano. Ed è qui che Sei personaggi in cerca d’autore riprende vita in modo intelligente, attraverso un’azione teatrale che, sì, ha senso riproporre e rielaborare sulla platea attuale.

In una società dove tutto appare costruito, dove sempre più spesso si finge di essere dimenticandosi talvolta dell’essenza di sé stessi, dove l’immagine crea l’illusione – una parola che ai nostri personaggi spaventa e disgusta non poco – e illudersi è l’azione predefinita in molteplici contesti, Sei personaggi in cerca d’autore bussa alle nostre porte con in mano un bagaglio di vita, a ricordarci che questa è proprio lì davanti a noi, se solo alzassimo lo sguardo da noi stessi. Valerio Binasco con la sua regia non tenta di imitare, non improvvisa nessun “qualcosa di nuovo”, anzi, afferma chiaramente che ormai si ha l’abitudine di riproporre sempre le stesse cose tormentando autori che, in realtà, ci potrebbero dire veramente di più; con la sua azione, il regista ha scelto di spiegare la poetica pirandelliana: senza scadere in un semplicistico intento didascalico, quei Sei personaggi in cerca d’autore esasperano se possibile ancora di più il paradosso di irrappresentabilità, i cui contorni tra vita e finzione si intersecano fino a non riuscire a sbrogliarsi più. Sono personaggi, maschere ma nude, creature libere dagli artifici che gridano di essere non rappresentate bensì vissute veramente. E allora, cosa dobbiamo guardare a teatro? Cosa chiedergli, cosa imparare a riconoscere? Quei Sei personaggi in cerca d’autore rispondono con la verità, che non ha niente a che fare con la spettacolarità quanto con il contatto con il dolore, ovvero con le nostre coscienze critiche.

Foto copertina: (Foto 20_la Compagnia) Luigi De Palma

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A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson è giornalista pubblicista, iscritta all’Albo dal 2023. Appassionata di cultura in tutte le sue declinazioni, unisce alla formazione umanistica una visione critica e sensibile della realtà artistica contemporanea. Dopo avere intrapreso gli studi in Letteratura Classica, avvia un percorso accademico presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II e consegue innanzitutto il titolo di laurea triennale in Lettere Moderne, con una tesi compilativa sull’Antigone in Letterature Comparate. Scelta simbolica di una disciplina con cui manifesta un’attenzione peculiare per l’arte, in particolare per il teatro, indagato nelle sue molteplici forme espressive. Prosegue gli studi con la laurea magistrale in Discipline della Musica e dello Spettacolo, discutendo una tesi di ricerca in Storia del Teatro dedicata a Salvatore De Muto, attore tra le ultime defunte testimonianze fondamentali della maschera di Pulcinella nel panorama teatrale partenopeo del Novecento. Durante questi anni di scrittura e di università, riscopre una passione viva per la ricerca e la critica, strumenti che considera non di giudizio definitivo ma di dialogo aperto. Collabora con il giornale online Eroica Fenice e con Quarta Parete, entrambi realtà che le servono da palestra e conoscenza. Inoltre, partecipa alla rivista Drammaturgia per l’Archivio Multimediale AMAtI dell’Università degli studi di Firenze, un progetto per il quale inserisce voci di testimonianze su attori storici e pubblica la propria tesi magistrale di ricerca. Carta e penna in mano, crede fortemente nel valore di questo tramite di smuovere confronti capaci di generare dubbi, stimolare riflessioni e innescare processi di consapevolezza. Un tipo di approccio che alimenta la sua scrittura e il suo sguardo sul mondo e che la orienta in una dimensione catartica di riconoscimento, di identità e di comprensione.

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