Dal 9 al 10 ottobre, alla Galleria Toledo di Napoli va in scena Tiresiǝ reloaded di Rosario Diana – drammaturgo e regista della pièce. Il testo è definito una «fantasia giocosa sull’identità di genere» riflettendo su un tema quanto mai prima d’ora attuale, attraverso un linguaggio ampio della danza che include recitazione, danza e musica. Non a caso, lo spettacolo sceglie proprio il personaggio mitologico di Tiresia poiché quest’ultimo vive il processo di trasformazione da uomo a donna e viceversa, quindi è simbolicamente un transgender ancestrale sul quale fare riflettere tali argomenti. In scena: Andrea Renzi, Cecilia Lupoli, Martina Di Leva, Antonio Elia e Arianna Montella (danzatrice), con le coreografie di Rosario Diana e Arianna Montella e le scenografie evocative di Nera Prota e Rebecca Carlizzi, per una produzione di Accademia di Belle Arti di Napoli, Associazione Quidra e Fondazione Il Canto di Virgilio, all’interno della cui rassegna MTR, condotta da Rosalba Quindici, è inserito lo spettacolo.
Tiresiǝ reloaded di Rosario Diana prende spunto dalle due versioni fondamentali del mito: quella riportata nella Melampodia del VI secolo a.C. e quella ripresa nel V Inno Callimaco del IV-III secolo a.C., contaminandoli con testimonianze transgender liberamente riscritte. Secondo una prima narrazione, Tiresia da uomo diventa donna dopo avere guardato la dea Atena nuda; invece, secondo un altro racconto, la trasformazione avviene dopo che egli separa due serpenti mentre si accoppiano. Fatto sta che, dopo avere ricevuto quella che risulta una punizione, Zeus ed Era fanno affidamento alla sua ovvia doppia conoscenza per sapere se gode di più la donna o l’uomo. Avendo risposto che la donna ha ben nove fonti di piacere, Era lo acceca ma Zeus gli dona la conoscenza divina e così Tiresia nella cecità acquisisce la sua piena condizione di indovino.
Il mito di Tiresia e l’arte al fianco dell’identità di genere
È sempre interessante notare come la Galleria Toledo, nelle stagioni teatrali presentate nel corso degli anni, si fa spesso portavoce di tematiche attuali e di urgente importanza aprendone il palcoscenico a una necessaria espressione, un po’ come trovare una perla all’interno di un guscio. Tiresiǝ reloaded di Rosario Diana ne è in questo senso un esempio lampante. Viviamo in un mondo in cui per le nuove generazioni si parla di inclusione, si ricerca la diversità e la si difende nel segno di un’unicità appartenente a ogni singolo individuo, ma allo stesso tempo non si manca il bisogno di riconoscersi in un abbraccio collettivo e comune. A questo punto, lo spettacolo teatrale presenta un’impellenza sentita intimamente di un’arte che porti questo messaggio, che gli dia voce e forma. Tiresia, transgender atavico e ideale entra in contatto con ciascun transgender presente e concreto per un riconoscimento catartico, ma anche e soprattutto con chi non lo è, per una cognizione dell’umano più estesa e ricca.
Tiresiǝ reloaded di Rosario Diana, dunque, si fa espressione di un argomento ampio ricercando un linguaggio artistico che possa esserlo altrettanto. La prima parola che viene in mente assistendo alla messinscena è “contaminazione”, di stili e di tipologie comunicative: la parola racconta, descrive, fa scendere in campo la questione; la danza la ricerca nel suo punto nevralgico e la espone, con irriverenza, con pathos, creando una connessione profonda nell’anima attraverso la rivelazione dell’indicibile; la musica, infine, è come una vecchia compagna che riunisce il tutto in un abbraccio catartico, dicendo di quel bisogno di stringersi in un abbraccio collettivo. Ma quella stessa contaminazione diventa anche un preservare l’individualità citata prima, creando un terreno fertile per aprirsi e accettare le varie modalità espressive di ogni singolo artista per l’intimità di ogni singolo spettatore. Unicità, ritrovamento e comprensione portano avanti il progetto artistico.
Tiresiǝ reloaded di Rosario Diana: di stratagemmi e questioni artistiche
Come si è detto fin qui, il contenuto di Tiresiǝ reloaded di Rosario Diana è ineccepibile, poiché affronta un viaggio attraverso argomenti che vanno responsabilmente posti in un quadro attuale che li comprende. Tuttavia, è altrettanto vero che uno spettacolo teatrale ha per forza dei meccanismi che vanno oltre la materia scritta – volendo anche per fortuna, visto e considerato che una pièce è un’esperienza d’insieme vissuta attraverso più fonti percettive. Pertanto, è abbastanza limitante ridurre il momento della rappresentazione a una sola e unica visione testocentrica, o meglio sarebbe il caso di interrogarsi se sia una modalità ancora efficace per il teatro attuale. Insomma, si parla tanto di teatro contemporaneo, di un teatro di ricerca che sia anche spazio di inclusione, di unione tra le arti e detto ciò sarebbe abbastanza riduttivo fare emergere esclusivamente la potenza del logos, nonostante sia effettiva.
A tal proposito Tiresiǝ reloaded di Rosario Diana adotta uno stratagemma rappresentativo sul quale va riflettuto nell’esito finale. La questione risiede nella scelta di collocare gli attori dietro a un leggio, creando inevitabilmente una certa immobilità. È vero che, da un lato, ha avuto il senso di lasciare spazio scenico anche alle altre arti rispetto alla parola; ma, dall’altro lato, ha forse un po’ peccato di un insieme visivo realmente unito nel segno di quella contaminazione. Per un teatro come quello odierno che ha bisogno di una rottura concreta, di un effetto d’avanguardia, adottare una scelta al contrario in parte statica può creare un risultato troppo dislocato. Ed è un peccato sia al netto delle interpretazioni intense e finanche acute in alcuni punti, sia anche per la scenografia che contribuisce a inglobare in una dimensione comunicativa forte.
Fonte immagine: Ufficio Stampa