Il 7 Settembre 1940 nasceva Dario Argento

Regista, sceneggiatore, produttore, maestro del brivido. Nasceva il 7 Settembre di ottantadue anni fa Dario Argento, l’uomo che trasponendo le proprie paure in pellicola è riuscito, attraverso il mezzo cinematografico, a rendere quelle stesse paure veicolo di innovazione cinematografica che ha pochi precedenti storici.

Figlio del produttore Salvatore Argento e della fotografa brasiliana Elda Luxardo, si avvicina con curiosità al cinema e al mezzo fotografico fin da bambino, frequentando gli studi dei genitori, in particolar modo quello materno. Sarà assistendo alle sessioni di lavoro della madre infatti che il giovanissimo Argento inizierà a maturare dentro di se tutte quelle componenti che saranno poi di primaria importanza all’interno dei suoi film, come la cura maniacale per i dettagli, la centralità delle figure femminili e la ricercata illuminazione delle inquadrature.

Abbandonato il liceo si trasferirà a Parigi dove vivrà circa un anno fino al ritorno in Italia nel 1957. Sarà proprio in questo periodo della sua vita che il cinema entrerà prepotentemente a fare da protagonista nella sua esistenza. La Nouvelle Vague, gli spaghetti western, Fellini ma, soprattutto, noir, horror e polizieschi. Questa passione viscerale lo porterà a cercare insistentemente lavoro nel mondo del cinema, dove entrerà prima in qualità di critico e, successivamente, come sceneggiatore, firmando numerosi copioni di film di genere.

Il passo dalla scrittura alla regia sarà breve ed inevitabile. Nel 1969 fonda insieme al padre una casa di produzione cinematografica grazie alla quale darà alla luce il suo primo film, L’uccello dalle piume di cristallo (1970). Il film rappresenterà una vera e propria scossa del panorama del cinema italiano dell’epoca, risultando un grande successo di critica e di pubblico. Basato sul romanzo La statua che urla di Fredric Brown, la pellicola è un thriller a tinte horror che mostra già molte delle componenti che distingueranno il cinema di Dario Argento anche nei lavori successivi come l’ossessione per i dettagli, l’importanza determinante delle colorazioni e dell’illuminazione dell’inquadratura, colonna sonora allucinante, pochissimi dialoghi. Il successo del film sarà tale che porteranno il regista a creare, con i due film successivi, Il gatto a nove code e 4 mosche di velluto grigio (entrambi del 1971) la cosiddetta Trilogia degli animali.

Raggiunta una certa notorietà, Argento raggiungerà la definitiva consacrazione internazionale sul finire degli anni 70’, con una serie di pellicole destinate a diventare cult indiscussi della storia del cinema. E’ del 1975 Profondo Rosso, film che otterrà un successo di pubblico incredibile e che segnerà la transizione del regista dal thriller noir al puro genere horror. Di due anni più tardi invece quello che ancora oggi è considerato il vero capolavoro del regista: Suspiria. Ambientato a Friburgo, è l’apoteosi dei dettami cinematografici di Argento con colorazioni delle inquadrature molto accentuate che aiutarono a creare l’aura “fiabesca” del film, una colonna sonora immersiva capace di stabilire il ritmo della storia e un montaggio alternato tipico del regista.

Il successo ottenuto con Suspiria porteranno il regista a continuare sulla stessa cifra stilistica anche con i lavori successivi, come Inferno (del 1980, secondo capitolo della Trilogia delle tre madri che si concluderà nel 2007 con La terza madre), Tenebre (1982), Phenomena (1985) e Opera (1987). Continuando a produrre in maniera attiva durante gli anni novante e il primo decennio degli anni duemila, prenderà una pausa lunga dieci anni dopo il flop del suo Dracula 3D (2012) per tornare nel febbraio di quest’anno con Occhiali neri, in cui è tornato a dirigere la figlia Asia.

Innovativo, sperimentatore, maniaco della perfezione e del dettaglio, Dario Argento rappresenta un maestro e uno dei più grandi innovatori in campo di regia e sceneggiatura non solo del genere horror, ma del cinema nella sua interezza, italiano o internazionale che sia.

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Partite Iva, i regimi agevolati conquistano sempre più professionisti
Il dipartimento delle Finanze ha diffuso i dati sulla diffusione dei regimi agevolati scelti dalle persone fisiche nel corso del 2017, da cui si nota un forte incremento di aperture di regime forfettario al posto di quello ordinario. Il "popolo" delle partite Iva in Italia ha deciso: il regime forfettario è il sistema migliore per la gestione delle propria (piccola) attività. È questo il messaggio più chiaro che arriva dal puntuale aggiornamento realizzato dall’Osservatorio insediato presso il dipartimento delle Finanze, che ha diffuso un report con le informazioni definitive sulle decisioni assunte nel corso dello scorso anno. Le adesioni al regime forfettario I numeri parlano chiaro: più di 182 mila soggetti, su un totale di 512 mila nuove aperture in proprio sia a livello imprenditoriale che professionale registrate nel Paese, hanno optato per il sistema "forfettario", vale a dire più del 35 per cento del totale, a conferma di come il metodo abbia un appeal crescente. Per fare un paragone, nel 2016 questa tipologia rappresentava "solo" il 27 per cento delle nuove posizioni, con un dato quantitativo stimato in 165 mila soggetti. I requisiti L'analisi si sposta dal piano quantitativo a quello qualitativo quando prova a chiarire le motivazioni del successo di questo regime, individuate innanzitutto nelle imposte ridotte di cui beneficia chi è in possesso dei requisiti per beneficiare del sistema agevolato. Come spiega anche l'approfondimento del blog di Danea, tra i requisiti per il regime forfettario 2018, validi dunque anche per questo anno fiscale, c'è innanzitutto il vincolo dei ricavi e compensi, che a seconda della attività esercitata può andare da una soglia di 25 mila fino ai 50 mila euro. Vantaggi e semplificazione In termini pratici, poi, il grande vantaggio principale che funge da calamita per accedere al regime agevolato sono le imposte ridotte, ma non bisogna trascurare gli aspetti legati alla semplificazione degli adempimenti fiscali e burocratici: giusto come citazione veloce, si deve ricordare che i professionisti rientranti in minimi e forfettari non devono compilare gli studi di settore né inviare lo spesometro, né tanto meno sono soggetti allo split payment. Niente obbligo di fatturazione elettronica Proprio nelle ultime settimane, inoltre, durante l'evento Telefisco (organizzato dal Gruppo 24 Ore) è stato possibile appurare che i sistemi agevolati saranno esclusi anche dall’obbligo di fatturazione elettronica tra privati che prende il via nel 2019, anche se invece sono sottoposti regolarmente alle norme che regolano l’e-fattura verso le Pa (e, allo stesso modo, sono obbligati a ricevere il documento digitale in scambi tra privati in qualità di fornitori). Una flat tax Insomma, il sistema si poggia su leve che attraggono i soggetti con Partita Iva, al punto che nei giorni scorsi Il Sole 24 Ore si è spinto a parlare di "flat tax sui redditi delle persone fisiche", descrivendo i risultati del regime forfettario e, soprattutto, mettendo in relazione il sistema con la sua caratteristica di base, ovvero la presenza di un’imposta sostitutiva del 15 per cento. Un appeal crescente Sempre nello stesso articolo, poi, si invita a non misurare l’appeal del regime forfettario soltanto con le nuove aperture, segnalando le distinzioni con il vecchio regime dei minimi (in quest'ultima tipologia la flat tax è ancora più bassa, fissata al 5 per cento, ma le adesioni sono terminate nel 2016): con il forfettario è infatti possibile anche il "cambio in corsa", ovvero il passaggio durante l'anno da un regime ordinario e semplificato, "in cui comunque si applica l’Irpef ad aliquota progressiva con tanto di addizionali locali, ma anche l’Irap (se c’è il requisito dell’autonoma organizzazione) e l’Iva".

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