Edgar Allan Poe: i 5 racconti più belli

I 5 racconti più belli di Edgar Allan Poe

Edgar Allan Poe è uno degli scrittori più importanti della storia della letteratura, essendo il precursore di molti dei generi che conosciamo oggi (come l’horror, il fantascientifico e il racconto giallo) e una delle menti creative che hanno rivoluzionato la letteratura americana, insieme ad altri autori come Washington Irving e James Fenimore Cooper. Scrittore, poeta e giornalista, Edgar Allan Poe purtroppo non ha riscosso molto successo come autore ai suoi tempi: tutta la sua opera venne riconsiderata solo dopo la sua morte, passando alla storia come uno scrittore maledetto e un genio incompreso. Grazie ai racconti più belli di Edgar Allan Poe si può cogliere, tra le frasi che compongono le sue macabre opere, il segreto per far scaturire al lettore pura ansia e paura tra eventi surreali e inspiegabili, cadaveri che continuano a muoversi, castelli medievali e tempi lontani.

1. Sei tu il colpevole!

Si comincia questa lista dei racconti più belli di Edgar Allan Poe con un racconto che ha come titolo un’accusa a un delitto, tradotto dall’inglese Thou art the Man. Si tratta di un racconto dell’orrore che ha in sé anche elementi e tecniche di un racconto giallo. Un narratore misterioso, di cui non conosciamo il nome, assiste alla maggior parte degli avvenimenti del racconto: nel fittizio villaggio di Rattleborough scompare il più facoltoso e rispettabile dei cittadini, ovvero Barnabas Shuttleworthy, l’unica traccia disponibile è il suo cavallo, tornato senza le bisacce e senza di lui, sporco di fango e ferito. L’amico più intimo dello scomparso, il signor Charley Goodfellow, conduce le ricerche, ipotizzando che la sparizione di Shuttleworthy sia causata per mano di suo nipote Pennifeather essendo unico erede delle fortune dello zio.

Dopo una serie di ricerche, vengono ritrovati una serie di indizi (un panciotto e un pugnale insanguinato, e degli oggetti appartenuti a Shuttleworthy) che puntano sul nipote dello scomparso, che viene quindi arrestato per omicidio e condannato alla pena capitale. Tempo dopo questi avvenimenti, Goodfellow riceve una cassa di vino che gli aveva inviato qualche mese prima della sua morte Shuttleworthy, e prendendolo come un segno divino imbandisce un banchetto a casa sua con degli amici per berlo; e nel momento in cui uno di questi apre la cassa, ne esce il cadavere putrefatto e marcito di Shuttleworthy che parla, pronunciando «Sei tu il colpevole!».

Da quel momento nel racconto di Edgar Allan Poe si scatena il panico e Goodfellow ammette di essere stato lui ad uccidere il suo caro amico affibbiando la colpa al nipote, svelando tutto il suo piano per incastrarlo; e dopo questa confessione, muore per lo spavento. Infine, però, ciò che ci viene detto dal narratore è la sua “confessione”, ovvero che lui sapeva fin dall’inizio che Goodfellow era il colpevole, spedendo lui la cassa nella quale ci aveva messo il cadavere di Shuttleworthy, facendolo parlare grazie alle sue tecniche da ventriloquo. Uno dei racconti più belli di Poe senza ombra di dubbio, in cui l’autore coniuga perfettamente i flashback e le investigazioni, elementi del racconto giallo, e gli elementi macabri dell’horror come il cadavere che balza fuori dalla cassa ricadendo sulla tavola imbandita, esponendo tutte le sue interiora putrefatte.

2. Il ritratto ovale

In questo racconto, dove il protagonista e il suo servo si rifugiano in un castello abbandonato per ripararsi dal freddo, si ha un riferimento geografico, essendo questo castello dagli elementi gotici situato negli Appennini, discostandosi leggermente dall’anonimato geografico solito delle storie di Edgar Allan Poe. In questa storia, mentre il narratore si riprende dal viaggio, essendo ferito in un modo a noi sconosciuto, non può fare a meno di notare e ammirare tutti i quadri che sono presenti nel castello dove si rifugia, trovando anche un piccolo volume dove sono descritte tutte le opere del castello. Il narratore passa del tempo a leggere e ammirare tutti i quadri del castello, finché non ne trova uno dalla forma ovale: il ritratto di una giovinetta nel fiore dei suoi anni, una rappresentazione che desta in lui una profonda ammirazione in quella composizione, nei colori e nelle sfumature, trovandolo estremamente affascinante.

Nel volume riesce a trovare la sua storia: la donna ritratta s’innamorò del pittore, che però oltre alla sua amata riserbava una grande passione e ossessione nell’arte. Lei era così obbediente nei confronti del marito, ma anche così gelosa nella sua rivale dell’arte che decise di posare quindi per farsi ritrarre. Il pittore e la sua amata rimasero per settimane, per mesi nella loro camera senza uscire, lui preso dal suo lavoro e dalla sua ossessione, mentre lei resisteva nel rimanere lì, muta e sorridente, lasciando che il suo amato finisse la sua opera. Il pittore, però, quando terminò la sua opera, si era concentrato così tanto sulla tela, che non si accorse che sua moglie era morta. Per l’autore non c’è tema più poetico che la morte di una bella donna, e per questo, insieme a molti altri scritti con questo topos, questa storia rientra tra i racconti più belli di Edgar Allan Poe.

3. La maschera della morte rossa

Non poteva mancare quest’opera tra i racconti più belli di Poe, iconico e indimenticabile nella sua atmosfera gotica e dalla suspence crescente verso una fato terribile per i personaggi. Mentre la Morte Rossa miete numerose vittime, il Principe Prospero, sovrano di un anonimo regno, decide di riunire al suo castello tutti i suoi amici e cari per sfuggire alla piaga di questa pestilenza funesta, bloccando fuori dal castello il resto del popolo sofferente e moribondo.

Dopo del tempo passato in isolamento, viene organizzato un ballo in maschera dal Principe, un ballo svolto in una sala divisa in 7 stanze, decorate con vari colori principali: azzurro, porpora, verde, arancione, bianco, viola e nero. Quest’ultima stanza è ritenuta troppo spaventosa per il suo colore oscuro e per il colore delle vetrate di un rosso sangue, nonché per la presenza di un grande orologio d’ebano che suona i rintocchi delle ore, udibili in un grande e forte suono. All’avvicinarsi della mezzanotte, viene notato dal Principe e dagli invitati uno strano individuo mascherato, con un sudario macchiato di sangue e una maschera che ricorda quella di un cadavere. Il sovrano decide quindi di condannarlo a morte, considerandolo un affronto, seguendo la figura in tutte le stanze, fino all’ultima, dalla quale si sente il grido del Principe.

Gli invitati accorrono alla stanza nera e trovano il sovrano morto. Essi decidono quindi di scoprire l’intruso togliendogli la maschera e il sudario, notando però che non c’è nessun uomo sotto quelle vesti, ma la Morte Rossa, finalmente entrata nelle mura del castello e in grado di mietere le persone al loro interno. Secondo molti critici, si tratta di uno dei racconti più belli di Poe, da come l’autore costruisce la suspence dell’inseguimento dell’intruso, accompagnato dal suono incessante dell’orologio che suona i dodici rintocchi della mezzanotte, accrescendo questa specie di countdown che porta alla fine delle vite degli abitanti del castello.

4. La verità sul caso di Mr. Valdemar

I fatti di questo racconto seguono le vicende di un certo Ernest Valdemar, letterato e traduttore di libri che, oramai prossimo alla morte per mano della tubercolosi, accetta su richiesta del suo amico, il narratore, di sottoporsi a un esperimento sul “mesmerismo” in punto di morte, una tecnica di controllo sui fluidi del corpo per guarire le malattie non affine alle leggi della medicina e della scienza moderna. Sotto l’effetto di questo trattamento, il signor Valdemar sembra essere cosciente, essendo in grado di rispondere alle domande che gli vengono poste dai medici, dicendo di voler morire in quello stato visto che non sentiva più alcun dolore. Nonostante la morte sopraggiunga su Valdemar, i medici notano con orrore che il defunto continua a rispondere alle domande, con una voce che non sembra provenire dal suo corpo ma da un luogo molto più lontano, aggiungendo alle sue frasi “ora son morto”. Niente respiro, le pupille si rivolgono verso l’alto e la pelle è cadaverica, eppure continua a parlare da qualche parte.

Rimasto in questo stato tra la morte e la vita, i medici decidono di lasciarlo così, in un intervallo di sette mesi, finché non tornano per risvegliarlo, trovandolo nelle stesse condizioni in cui era stato lasciato. Nel momento in cui però i medici provano a svegliarlo si sente udire la sua voce, ripetendo che è morto e che deve svegliarsi o addormentarsi, mandando nel panico i medici. Quando finalmente questo controllo mesmerico si solleva dal corpo del defunto, quest’ultimo, tra le grida sempre più forsennate scandendo le parole “sono morto!”, si sgretola e diviene una massa putrefatta, davanti agli occhi di tutti.

5. Il gatto nero

Si conclude questa lista dei racconti più belli di Poe con una delle sue storie più famose e più citate di sempre. La storia ci viene raccontata da un condannato a morte per omicidio che, seppur gli avvenimenti sembrano surreali, ci assicura la veridicità di ciò che dice. Una coppia amabile di persone, marito e moglie avevano una grande passione per gli animali, adottandone molti di specie diverse, tra uccelli, cani e conigli, ma tra loro c’era una creatura in particolare, la più amata, il gatto nero Plutone. La coppia viveva felice insieme agli animali, fin quando però il marito non iniziò a bere, finendo per maltrattare la moglie e i suoi animali. Il marito, notando che Plutone lo evitava, nel cercare di afferrarlo, il gatto si divincolò e lo morse facendolo sanguinare, così che l’uomo per ripicca gli tagliò un occhio con un temperino, rendendolo cieco.

Da quel momento il gatto non volle più stare nei paraggi del padrone, scatenando un’antipatia e un odio talmente forte che quest’ultimo impiccò il felino fuori la sua abitazione, che venne rasa al suolo da un incendio avvenuto quella stessa notte. Marito e moglie sopravvissuti, tra le macerie della loro casa, notarono in un bassorilievo la figura di un gatto con una corda al collo, come se fosse un segno del peccato dell’uomo. Una notte, mentre l’uomo girava per i locali e locande, incontrò un gatto simile in tutto e per tutto al vecchio Plutone, come unica differenza che il nuovo micio aveva una macchia bianca sul petto. Decise di portarlo a casa, ma le cose cominciarono a peggiorare: iniziò a sentirsi a disagio e infastidito alle vicinanze del nuovo gatto, che a sua volta si affezionava sempre di più al padrone, causandogli continue paranoie e attacchi d’isteria, finché una notte, quest’ultimo, non si accorse che anche questo gatto era cieco da un occhio e la macchia bianca sul suo petto aveva assunto la forma di una forca per l’impiccagione. Un giorno, preso dalla follia e dalla rabbia nel cadere dalle scale della cantina per colpa del gatto, uccise la moglie per sbaglio, quindi decise di murare il suo cadavere nella parete della cantina per nasconderla dalla polizia, che passò di lì a qualche giorno per controllare la casa, indagando sulla sparizione della donna. Il marito, talmente sicuro di non essere scoperto, mostrò ai poliziotti la cantina, dove si sentì un miagolio da una delle pareti. Quando la polizia abbatté il muro, tutti videro il cadavere della moglie in decomposizione e sopra la sua testa il gatto, che era stato murato insieme alla padrona.

Fonte immagine in evidenza: Wikipedia

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