Io sono qui, la nostra recensione del primo romanzo di Michele Grillo
Io sono qui. Ma qui dove? E chi sei tu, che prorompi nella mia vita così improvvisamente, dopo avermi abbandonata, dopo aver preferito costruire la tua vita altrove? «Perché ci si sente sempre un po’ sbagliati quando un genitore va via».
Queste e innumerevoli altre domande confondono il lettore nella spasmodica ricerca della verità, la stessa agognata da Céline, protagonista del primo romanzo di Michelle Grillo, Io sono qui. La scrittrice francese, in passato giornalista per la Repubblica-l’Espresso e attualmente parte della direzione artistica del bistrot letterario Freadom Book & Music, si misura qui per la casa editrice Alessandro Polidoro Editore con il mondo interiore di una protagonista tormentata dai fantasmi del passato e dagli spettri del presente, nessuno realmente in grado di svelarle il mistero della scomparsa improvvisa della madre.
Io sono qui di Michelle Grillo si apre con una telefonata, una telefonata fatale. Céline viene a conoscenza della morte della madre, Simone, ormai da quattordici anni divenuta una sconosciuta. «Una volta davanti alla porta di casa mi aveva detto che mamma era andata via, che non l’avremmo mai più rivista. Non aveva cercato parole diverse, mi aveva detto le cose come stavano. Eravamo entrati dentro, la casa mi era sembrata buia ed enorme». La notizia della sua morte è in ogni caso accolta con un velo di malinconia, nella consapevolezza della distanza fisica e psichica che ormai intercorre fra queste due anime tormentate. Il tormento è la chiave di lettura, ma Céline, accecata dall’ira tutta rivolta alla sua assente genitrice, non lo capirà facilmente.
I funerali si tengono a Parigi e così Céline è costretta a sradicarsi dalla sua quotidianità, quella in cui il suo essere autosufficiente l’aveva allontanata da profondi legami umani. «Sono abituata a caricarmi dei miei pesi». La sua psiconarrazione è affollata di oggetti, la muraglia entro la quale si è barricata dopo che il contatto con l’altro le ha arrecato solo ferite. Da qui, la sua tendenza a non attaccarsi mai alle persone, come fanno i gatti, perennemente randagi. Ma a mano mano il suo racconto in prima persona si affollerà di ricordi della madre, della loro vita insieme.
Abituata all’assenza, Céline rivela il malessere della solitudine, il dolore causato dal non lasciarsi mai alleggerire dal peso che la opprime. Un personaggio duro nel tono della voce, «con i capelli rasati e la giacca di pelle nera», ma debole una volta a letto, la sera, in preda all’insonnia. Il viaggio di Io sono qui sarà per lei una bildung, una formazione. La scoperta della vera identità e del vero passato della madre avrà qualcosa a che fare con la scoperta di sé. Avevano imparato a bastarsi da soli, suo padre e Céline. «Una posata. Un bicchiere». Eppure, qualcosa ancora sfuggiva a quell’egocentrismo emozionale.
Io sono qui, tu dove sei? L’intreccio avvincente di Michelle Grillo
Io sono qui di Michelle Grillo con il suo intreccio avvincente e una prosa minimalista propone la strada verso la redenzione, quella cura per trovare se stessi che il riconoscimento del proprio passato può dare. Conoscere da dove veniamo per riscoprirci e andare avanti. Céline ha bisogno di questo, di comprendere che l’amore esiste, che può sentirsi libera di «cantare a squarciagola col volume al massimo» anche quando c’è qualcuno a casa con lei.
Nella ricerca della madre Céline ritrova un pezzo di sé che credeva mancasse, che le servirà per poter andare finalmente avanti. Un viaggio a ritroso, per uscire dall’immobilità del presente, e asfaltare il percorso verso la speranza di una qualche salvezza oltre la ruvida realtà.
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