Orlando di Virginia Woolf, la più lunga lettera d’amore della storia

Orlando di Virginia Woolf

Orlando di Virginia Woolf, trama e analisi

Scritto nel 1928, Orlando è uno dei romanzi più noti della scrittrice inglese Virginia Woolf.

Dedicato alla collega Vita Sackville-West, autrice e giardiniera, nonché amante appassionata di Woolf, Orlando è stato definito dal figlio di Vita come «la più lunga lettera d’amore della storia».

Il perché di questa definizione è presto detto. 
Il protagonista dell’opera è ispirato proprio a Vita Sackville-West; alcuni elementi biografici e personali del personaggio di Orlando sono di fatto ricalcati sulla vita della donna, come per esempio il fatto che costei solesse, talvolta, indossare degli abiti maschili. 
Inoltre, nella corrispondenza che le due autrici intrattennero nel corso della loro vita, Virginia Woolf chiedeva molto spesso alla collega informazioni personali circa la sua vita, che vennero trasposte prontamente nel romanzo come peculiarità del suo protagonista. 

Non a caso, come scriveva Virginia Woolf in una lettera a Vita, prima di iniziare la stesura di Orlando:
«A volte i miei personaggi si portano addosso un bagliore di realtà […]. Inoltre, ammetto che mi piacerebbe sciogliere e riallacciare certi tuoi aspetti molto bizzarri e incongrui»

Si tratta, inoltre, di un romanzo pieno di avventura e di gioia.
Il libro è una finta biografia di un giovane uomo di nome Orlando, che, nel corso della sua vita lunga più di quattrocento anni, si trova a vivere in un’infinità di epoche e posti diversi, a stringere mille amicizie e legami d’amore in giro per tutta l’Europa. 


All’inizio del romanzo, Orlando è un ragazzo di sedici anni, melanconico e ambizioso cortigiano presso la regina Elisabetta I.
La vita del giovane è un susseguirsi di avventure e di amori, fugaci ma allo stesso tempo carichi di struggimento e, soprattutto, di poesia
Orlando è infatti, tra le tante cose, un’aspirante poeta, che si spertica in una dedica d’amore dietro l’altra nei riguardi di donne sempre diverse, elemento narrativo che fa sorridere il lettore per la fugacità dei sentimenti del giovane, sempre e costantemente in cerca di far coincidere l’amore con la poesia. 

Ma l’originalità di Orlando, rispetto al resto delle opere di Virginia Woolf, non risiede semplicemente nelle tematiche trattate, ma anche nella forma e nello stile. 

La struttura dei titoli più celebri della scrittrice inglese, di fatto, come per esempio Gita al Faro e La signora Dalloway, si imperniava attorno ad una sperimentazione narrativa ben precisa, che prevedeva l’abbandono quasi totale della trama in favore di narrazioni che seguono un tempo basato sull’interiorità dei personaggi e restituito sulla carta nella forma del flusso di coscienza, tecnica che prevede la libera rappresentazione dei pensieri. 

In Orlando la situazione è ben diversa. 

La tecnica narrativa del flusso di coscienza viene rielaborata in modo innovativo: la particolarità di Orlando, nonché la sua caratteristica primaria che lo rende un’opera quasi anomala rispetto alla produzione letteraria di Virginia Woolf, riguarda proprio il gran peso che la trama riveste all’interno del romanzo. 
Se nelle sue restanti opere era sostanzialmente inesistente, in Orlando è invece fondamentale. La trama copre tutta l’esistenza vissuta dal protagonista, un periodo lungo quasi quattrocento anni a cui non viene mai addotta una motivazione. 
Il romanzo prosegue come un lungo e geniale intreccio tra il tempo interiore e psicologico di Orlando e il tempo tangibile che trascorre sulla terra
La lunga vita di Orlando è un ottimo pretesto utilizzato in maniera eccellente da Woolf al fine di rappresentare la natura e le dinamiche dei rapporti relazionali dell’Inghilterra dal secolo XVII al XIX, in particolar modo dei ruoli di genere di uomo e donna, talvolta anche prendendole spudoratamente in giro. 
Non è un caso che, ad un certo punto della storia, Virginia Woolf faccia cambiare sesso a Orlando. 
A seguito di una delusione d’amore determinata dall’abbandono di una donna di nome Sasha, la figlia dell’ambasciatore russo, Orlando cade in un sonno profondo da cui si ridesterà una settimana dopo.
Al suo risveglio, egli parte in veste di ambasciatore vero l’Asia orientale, dove rimane in missione per anni. Qui si ripeterà l’esperienza di un sonno lungo sette giorni, a seguito del quale però scopriamo che il sesso di Orlando è inspiegabilmente cambiato.

Il suo cambiamento è vissuto da lui – o, per meglio dire, da lei -, come una cosa naturale e a cui non fa fatica ad abituarsi. 
La fluidità di genere del personaggio consiste proprio in questo: una società crea dei costrutti fondamentali per gli uomini e per le donne, delle categorie ben salde e talvolta invalicabili, e Orlando, già da prima del suo improvviso cambio di sesso, presenta racchiuse nella propria persona elementi che pescano dall’una e dall’altra categoria, divenendo una sorta di ibrido la cui identità di genere prescindere quei costrutti, nati in seno alla società ma spacciati come autentici e innati, sulla natura della donna e dell’uomo. 

Non è un caso che Orlando di Virginia Woolf sia divenuto una sorta di cult nella letteratura inglese e soprattutto per la comunità LGBT.
Ad oggi, è considerato non solo un classico di stampo femminista, ma anche un’opera approfonditamente analizzata in relazione agli studi di genere e transgender.  

 

 

Fonte immagine: Feltrinelli

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