Arcane of souls è il nuovo progetto solista di Alfonso Surace (già chitarra e voce ne il TORQUEMADA, chitarra live nei SakeeSed). Una rivoluzione nel nostro panorama musicale, un progetto originalissimo che mescola sonorità blues, rock, con l’ampia tradizione cantautorale, intimistica e sincerca, marchio inconfondibile del suo frontman.
Il primo disco “Vivo e Vegeto”. stato prodotto interamente da Alfonso nella suataverna tra il 2011 e il 2012, con approccio “buona la prima”, per i mantenere l’autenticità primordiale e istintiva di ogni pezzo, ed è uscito il 12/12/12. Attualmente il musicista calabrese si prepara alla pubblicazione del suo secondo lavoro firmato Arcane of souls dal titolo “Cenerè”, anticipato dal singolo “Gennaro.”
Alfonso Surace, l’intervista
Ho letto che Arcane of Souls è una metafora di come, nella vita, si possano sempre mischiare le carte in tavola senza mai smettere di essere stessi. Come è nato questo progetto?
Arcane of Souls è l’anagramma del mio nome e cognome, quindi sono sempre io. Arrivare al nome è stato un gioco, come dire mischio un po’ tutto quello che c’è di me in un “arcano” dipinto di esperienze vissute cariche di emozioni in tutte le sfumature possibili e immaginabili.
L’idea di usare un anagramma per intraprendere la mia esperienza “solista” è nata semplicemente dal concetto di cambiamento costante che convive (in)consciamente con ognuno di noi. Sono sempre rimasto affascinato da una frase di Bob Dylan: “There’s nothing so stable as change”, letteralmente “Non c’è niente di così stabile come il cambiamento”. Ecco, è diventata un po’ la filosofia musicale del mio nuovo percorso artistico. Cambiare, sperimentare nuove soluzioni e arrangiamenti diversi con mood spesso lunatici, diversi tra un pezzo e l’altro, insomma, giocare con la musica e le vibrazioni istintive legate all’istante stesso in cui nasce una canzone.
Per riproporre le stesse atmosfere istintive ottenute su disco dal vivo vengo egregiamente accompagnato da ottimi amici e musicisti che sentono e vivono la musica sulla mia stessa lunghezza d’onda. Parlo di Francesca Arancio (violini, piano e cori), Mauro Mazzola (chitarra elettrica e lapsteel), Luciano Finazzi (batteria e cori) e Marco Sciacqua (basso e cori). Sia loro che alcuni miei alunni hanno anche partecipato alle registrazioni dei due dischi che ho realizzato. Alcuni apporti fondamentali e caratterizzanti sono stai dati proprio dai alcuni dei miei studenti: Aninder Baryah (tabla) e Paolo Ferri (tromba), che ringrazio di cuore.
Dietro gli Arcane of Souls, c’è quindi la figura di Alfonso Surace. songwriter calabrese di grande esperienza, che in passato ha lavorato con il Torquemada e i Sakee Sed. Da cosa nasce la voglia di rimettersi in gioco con un progetto nuovo?
Nasce da dentro, dall’anima. Era il 2011 e mi sentivo pronto emotivamente per poter realizzare un disco (“Vivo e Vegeto”) in completa autonomia e intimità nella mia tavernetta di appena 16m2. Ho molti strumenti che suono malamente ma con molto impegno e passione, specie nelle fasi di ripresa del suono. Mi considero un grezzo polistrumentista estemporaneo ma sono fermamente convinto che ogni strumento, in particolare la voce, abbia un’anima. Io provo solamente a tirarla fuori da ognuno di loro nell’attimo in cui sta per nascere, quello che in gergo si chiama primal scream.
“Gennaro” è il brano che anticipa l’uscita del disco “Cenerè”. Un brano intimista e irriverente allo stesso tempo. Alfonso Surace, come è nata l’idea per questo pezzo è come è stata sviluppata?
Il brano è fondamentalmente un blues (musica che adoro) ed è stato interamente registrato strumentale nel gennaio 2014,il titolo provvisorio era infatti “Gennaio”. Ho suonato tutte le parti in due giorni, come spiegavo prima, in maniera istintiva. Avevo la linea melodica che continuava a girarmi in testa come un tormentone. Il titolo e il testo sono arrivati “casualmente” proprio durante quei giorni, è stato tutto così naturale, sincero e fluido.
Nella vita di tutti i giorni insegno Informatica alle scuole superiori. Gennaro è un mio ormai ex-alunno. In quel periodo aveva dei problemi come moltissimi adolescenti hanno spesso a questa età delicata. Vederlo affrontare la sua situazione a testa alta mi ha colpito molto e ho sentito il bisogno di esprimere una gratitudine per il messaggio positivo che mi aveva donato. Mi impegno tanto ad avere un sincero rapporto con i miei studenti. A volte si sbaglia e capita spesso di imparare anche da loro. A scuola, in diverse situazioni, si avverte un feedback bidirezionale positivo e costruttivo fra insegnate e alunni che non fa altro che arricchire entrambi le parti.
Alfonso Surace, l’album intreccia sonorità pop, country, blues con lo stampo del cantautorato che non sbaglia. Quali sono gli artisti e i generi che vi hanno maggiormente ispirato?
Ho quasi 37 anni e ancora sbaglio tanto. Ho ascoltato tantissima musica sin da piccolo. Ho cominciato ad appassionarmi alla musica con artisti molto diversi tra di loro. I miei primi ricordi “sonori” sono per lo più cantautori italiani: Francesco De Gregori, Lucio Battisti, Edoardo Bennato, Rino Gaetano, Adriano Celentano, Lucio Dalla, Vasco Rossi e Zucchero. Penso di averli inconsciamente assimilati nel mio background lirico e melodico.
In adolescenza ho cominciato a divorare di tutto, soprattutto musica inglese e americana. Andavo matto (e ancora adesso) per artisti come i Doors, Pink Floyd, Creedence Clearwater Revival, Supertramp, U2, Queen, Jimi Hendrix, Rolling Stones, Beatles, Police, Bob Marley, Nirvana, Rage Against the Machine, NIN e tanti altri.
Tra gli italiani mi sono sempre piaciuti gli Afterhours (adoro i testi e gli arrangiamenti di Agnelli e co..) e i Verdena, che ho avuto la fortuna di conoscere e condividere con loro più volte lo stesso palco; li stimo non solo per la loro musica “extraterrestre” ed evocativa ma soprattutto per il modus operandi seguito nelle registrazioni dei loro dischi, che definirei un isolamento “karmico”.
Col tempo ho scoperto anche molti cantautori stranieri come Bob, Dylan, Neil Young, Tom Waits, Nick Drake, Syd Barrett e il capostipite del folk americano, Woody Guthrie. Adoro il folk e credo sia, insieme al blues, uno dei modi migliori per esprimere in musica emozioni comuni e universali.
Ho attraversato anche un periodo in cui ascoltavo prevalentemente musica hard rock, stoner e math rock (quando suonavo con il mio ex-gruppo il TORQUEMADA). Artisti come Melvins, Kyuss, QOTSA, Shellac, Big Black, One Dimensional Man erano le mie sveglie e le mie ninna nanne.
Adoro tantissimi altri gruppi e artisti che rimangono sempre e comunque un punto di riferimento per intensità d’esecuzione e genialità degli arrangiamenti. Mi riferisco a pietre miliari come i Led Zeppelin o ai fantastici e recentissimi MGMT. Alle magie dei dischi solisti di George Harrison, John Lennon e Paul McCartney, o alle fantastiche escursioni sonore ed intimiste di John Frusciante (sono mesi che ascolto continuamente il suo “Curtains”).
Ci sarebbero ancora tanti altri artisti a cui sono affezionato e che probabilmente hanno lasciato un segno nella mia scrittura, ma mi sono già dilungato troppo (scusate).
In generale, il progetto Arcane of Souls non vuole recintarsi all’interno di un genere. E’ vero che molti pezzi che ho scritto sono orientati al folk e/o al blues ma l’obiettivo è sperimentare sempre nuove vie, lunatiche e camaleontiche. Una cosa è certa, ultimamente sono molto affascinato da un’idea di pop-folk moderno, che sia “danzereccio” (nel senso disco) ma allo stesso tempo psichedelico e contagioso. Probabilmente i miei prossimi pezzi seguiranno quella direzione di arrangiamento.
I vostri testi affrontano temi quali l’amore, la malinconia, la disillusione, tutte le sfaccettature del vivere. Che direzione volete dare alla vostra scrittura? Cosa credete debbano tenere a mente i cantautori e gli scrittori oggi, nella loro ricerca di comunicazione?
La mia è una scrittura prevalentemente autobiografica, cerco di esprimere nel modo più essenziale le emozioni che provo, belle o brutte che siano, nel momento stesso in cui esplodono. Ogni istante è diverso, proprio come la vita di ognuno di noi. Trovo molto liberatorio e interessante catturare i momenti più importanti delle mie giornate. Viviamo in una società a dir poco complessa, interagire in maniera empatica con gli altri diventa per me essenziale per mantenere viva la mia parte emotiva. Di conseguenza, nelle mie liriche incrocio spesso le mie storie con quelle di amici, familiari o persone conosciute anche per caso. In futuro spero di riuscire ad essere ancora più essenziale e diretto, ma allo stesso tempo ironicamente poetico. Non adoro i testi troppo ermetici, preferisco esprimere le sensazioni con parole semplici e, perché no, popolari.
Non credo di essere in grado di poter dire cosa i cantautori o gli scrittori debbano tenere a mente per il loro modo di comunicare. Io ho un mio modo di scrivere, autobiografico e sociale, ma ognuno ha il suo. Sicuramente stiamo vivendo un periodo storico-sociale molto delicato, decadente e disilluso. Dovremmo tutti cercare di dare il meglio di noi stessi, in ogni settore. La musica in particolare dovrebbe cercare di lanciare più messaggi positivi possibili. Credo nel romanticismo musicale, inteso come fonte di energia positiva che può veramente cambiare il mondo, o per lo meno, rallegrarlo. Poi è ovvio, anche a me capita di scrivere testi non romantici, anzi, del tutto disillusi e pessimisti. In quei casi cerco comunque di aggiungere sempre un po’ di autoironia e sarcasmo per smorzare la tensione.
Grazie mille, Alfonso Surace