I Beltrami sono un gruppo indipendente partenopeo in attività dal 2009 composto da: Giampiero Jum Troianiello (voce, chitarra), Pasquale Omar Caldarelli (chitarre), Carmine Franzese (chitarre), Pasquale Pezzullo (basso) e Francesco Varchetta (batteria). In occasione della pubblicazione del loro secondo album Punti di vista, che uscirà il 20 gennaio e sarà presentato il 25 dicembre al “Freqency” a Pomigliano d’Arco, Giampiero ha accettato di rispondere ad alcune domande per noi di Eroica Fenice.
Come sono nati i Beltrami?
Il gruppo è nato da una mia idea di voler intraprendere un progetto musicale solista a Bologna, dove studiavo. Le cose presero però una piega diversa, infatti, fummo invitati ad aprire diverse serate a Napoli del cantautore Mathì e il riscontro con il pubblico fu decisamente positivo. Fatte queste serate, l’idea del progetto solista non mi convinceva più e così, insieme ai due attuali chitarristi della band, decisi di continuare il progetto dei Beltrami visto che grazie alla tecnologia potevamo lavorare a distanza. In 6 anni di attività abbiamo fatto un Ep “Ditelo ad Annie” contenuto in una compilation di musica indipendente. Da questo Ep abbiamo preso alcuni pezzi inseriti in seguito nel nostro primo album “Intorno”, pubblicato nell’aprile 2013, e dopo due anni passati in giro a suonare, riscontrando buoni consensi tra il pubblico, abbiamo deciso di registrare anche il secondo, “Punti di vista”.
Beltrami: il racconto dell’interiorità
Il vostro primo disco è incentrato molto sugli aspetti emotivi. Al giorno d’oggi, in un mondo in cui tutto viene esaltato e screditato in poco tempo, il raccontare emozioni che ruolo può ancora ricoprire? Può avere una valenza sociale ?
Guarda, questa domanda ce la siamo fatta anche noi quando abbiamo deciso di fare il secondo disco. Mentre nel primo disco non è stata una cosa cosciente, nel secondo i rapporti umani sono proprio un pretesto per l’osservazione della società. Per questo si chiama “Punti di vista”. Abbiamo usato quest’emotività e quest’intimità per raccontare quali sono le sensazioni di un ragazzo che si avvicina ai 30 anni e guarda a una società in cui siamo ultra-stimolati. Una società in cui, per forza di cose, si è più superficiali perché sembra che non ci sia tempo. Comunque, per quanto non mi piaccia parlare di valenza sociale, il ruolo che ha la canzone, o che almeno dovrebbe avere, è quello di farci fermare a riflettere. In sintesi le canzoni devono essere delle leve per riflettere.
Nel vostro primo disco, ritornano diverse volte le figure del mare e dei film in bianco e nero. Hanno un’importanza particolare ?
Nel caso dei film questa ricorrenza è più casuale mentre il mare ha una grande importanza concettuale per me. Mi è sempre piaciuto parlare attraverso immagini e del mare mi ha sempre affascinato questa sua enormità, questo suo essere così grande. Questa sua grandezza ci fa ridimensionare. Persi nelle nostre vicende dimentichiamo spesso che facciamo parte di qualcosa molto più immenso e complesso di noi e il mare è la prova tangibile di tutto ciò. Per quanto abbia notevole importanza per me, è comunque un’immagine, una figura che ho utilizzato per declinare diversi concetti.
È molto diffuso il luogo comune che il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un’artista. Smentisci o confermi questo stereotipo ?
Penso che sia vero però mi vanto di dire, o almeno sono molto soddisfatto, che il nostro secondo album non è stato difficile perché c’è stata sinergia, una vera e propria comunione di intenti tra tutti noi. Il secondo album è, comunque, generalmente più difficile perché il primo disco è sempre quello meno cosciente, quello in cui si raccolgono i frutti di diversi anni. Nasce molto più istintivamente. Nel secondo disco, invece, c’è una programmazione quindi un punto di partenza e una aspettativa da rispettare, ovvero: fare almeno non peggio del primo. Nel secondo, soprattutto, bisogna prendere una direzione precisa, dare un’identità alla band. In tal senso, ti dico che il terzo album è ancora più difficile perché bisogna decidere se continuare con quanto fatto nei primi due o rinnovare.
In conclusione, quali sono le aspirazioni dei Beltrami per il futuro?
L’aspirazione massima sarebbe quella di vivere di questo. Non di diventare ricco attraverso la musica, ma di poterci vivere. Di fare in modo che la cosa possa auto-sostenersi e che possa dedicarmici a pieno tempo dato che è l’unica cosa che faccio con vera passione nella vita. Non si tratta nemmeno di aspirare a continuare ma proprio di vivere almeno un periodo in cui potrò dedicare tutto me stesso in questo progetto. A continuare, continuerò perché è una mia esigenza.