Blowin’ in the wind: traduzione e analisi 60 anni dopo

Blowin in the wind traduzione e analisi dopo 60 anni

“La prossima non è una canzone di protesta o niente del genere, perché io non scrivo canzoni di protesta” disse Bob Dylan nel 1962, la prima volta che presentò il brano acustico Blowin’ in the wind. Purtroppo o per fortuna, queste parole volarono nel vento come tutte le altre domande poste dall’autore, perché la canzone divenne il simbolo di un’epoca e di un ideale universale.

Nel mese di maggio 2023 l’uscita di Blowin’ in the wind nell’album The Freewheelin’ Bob Dylan ha compiuto 60 anni. Proiettiamoci, dunque, nel maggio di sessant’anni prima: era il 1963, la guerra del Vietnam, interrotta dalla crisi buddista, era in corso; in Alabama andava avanti la campagna di Birmingham contro la segregazione razziale: ne risultarono decine di arresti, fra cui quello di Martin Luther King.

In piena atmosfera da guerra fredda, l’insoddisfazione e la disillusione erano in fermento, e queste sfoceranno in diverse dimostrazioni durante tutti gli anni ’60.

Diversi gruppi e strati sociali parteciperanno a quel che poi sarà riassunto come il Sessantotto, per intendere tutti i moti rivoluzionari al ridosso del 1968. Ci saranno il Black Power di Angela Davis e Malcom X e altri moti contro la segregazione razziale; ci saranno i moti studenteschi e i giovani della beat generation; ci saranno i moti di Stonewall nel ’69; ci saranno i moti operai a stampo marxista e le lotte per la parità di genere. A tutte queste lotte c’è sempre una lotta comune: il pacifismo e il contrasto all’omologazione della nuova società dei consumi.

Blowin’ in the wind accompagnò proteste, marce, sfilate, ribellioni per tutto il decennio.

 Il brano è stato riproposto in numerose cover, tra cui quelle di Elvis, The Supremes e Stevie Wonder.

La ballad è basata sul ritornello che ricorre e si riferisce all’ascoltatore in veste di “amico”. Quell’ascoltatore è l’intera collettività del genere umano, e proprio questo appellativo quanto siamo, tirando le somme, tutti impegnati nelle stesse lotte.

Una serie di domande vengono poste nel testo:

How many roads must a man walk down
Before you call him a man?

Quante strade un uomo deve percorrere, prima di poterlo chiamare uomo?

How many seas must a white dove sail
Before she sleeps in the sand?

Quanti mari deve solcare una colomba bianca, prima di dormire nella sabbia?

Yes, and how many times must the cannonballs fly
Before they’re forever banned?

Quante volte devono volare le palle dei cannoni, prima di venire bannate per sempre?

Yes, and how many years must a mountain exist
Before it is washed to the sea?

Quanti anni deve esistere una montagna, prima di venire spazzata via dal mare?

And how many years can some people exist
Before they’re allowed to be free?

E quanti anni devono esistere le persone, prima che sia permesso loro di essere libere?

Yes, and how many times can a man turn his head
And pretend that he just doesn’t see?

Quante volte un uomo può girare la faccia, fingendo semplicemente di non vedere?

Yes, and how many times must a man look up
Before he can see the sky?

Quante volte un uomo può guardare in alto, prima di poter vedere il cielo?

And how many ears must one man have
Before he can hear people cry?

Quante orecchie deve avere un uomo, prima di riuscire a sentire il pianto delle persone?

Yes, and how many deaths will it take ’til he knows
That too many people have died?

E quante morti ci vorranno prima che lui capisca che troppe persone sono morte?

In Blowin’ in the wind vi sono allora tante domande su cui vale la pena riflettere e sintonizzare la propria coscienza. In quanto cantautore e poeta, Bob Dylan con Blowin’ in the wind aveva l’obiettivo di invitarci a riflettere, di porre delle domande a qualcuno da parte di qualcun altro e niente più, ed è giusto non dimenticare e continuare a darle voce.

Le riflessioni che innalza Blowin’ in the wind sono importanti e sempre attuali: di fronte alle ingiustizie, è sempre complice qualcuno che non vede e non sente i pianti, che si rifiuta di contare le morti. Possiamo chiamarlo un inno al disarmo, al pacifismo e alla dignità umana.

Purtroppo però, ci sono risposte che nessuno può dare, ingiustizie a cui nessuno riesce ancora a darsi una risposta.

E come il ritornello ci suggerisce:

the answers are blowin’ in the wind,  le risposte “volano nel vento”: un’espressione idiomatica per dire che non ci sono risposte solide che possiamo darci.

The answer, my friend, is blowin’ in the wind
The answer is blowin’ in the wind.

Fonte immagine di copertina: Wikipedia

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