Sasha Vinci: vita fatta di Mercurio

Sasha Vinci

Decisamente interessante questa chiave di lettura. Un metallo liquido, duttile, di mille forme, una sostanza in continuo mutamente, assai fragile e sensibile alle minime variazioni. Così l’uomo, così la vita, così le innumerevoli simbologie che fanno da contorno e da senso. E poi il suono, digitale di questo futuro, barocco per alcune sfumature, epico per altre… la canzone d’autore incontra il pop elettronico ma non inneggia a visioni distopiche o di fantascienza. Anzi piuttosto “Mercurio” sembra un disco antico, fatto di arte umana e di consapevolezza. Sasha Vinci, artista visionario che forse per la prima volta si avvicina alla canzone in quanto tale, torna a lavoro con Vincent Migliorisi in quella Scicli terra di Sicilia che sembra apparirmi innanzi come una eco lontana di cose antiche (appunto), popolaresche, tradizioni alchemiche… eppure siamo di fronte ad un disco di pop italiano. Non saprei come altro spiegare questa commistione che leggo tra le righe e che mi arriva assai forte…

Chi c’è, chi vive e poi chi muore dentro le liriche di questo disco? Mi sembra un disco di vita o sbaglio?

“Mercurio” è un canto alla vita, che dà voce alla parte profonda del mio Io come alle persone incontrate durante la mia esperienza di vita. Penso a grandi personalità del passato (Pasolini, Artaud, Fabrizio De André, Francesco Guccini) come a dei veri e propri compagni di viaggio, oltre che a punti di riferimento e d’ispirazione. Le mie canzoni parlano di momenti di vita quotidiana, dei miei affetti familiari, di un amore interrotto (Il Magnifico Volo), ma anche di eventi di cronaca, fatti storici, visioni oniriche. Tutto ciò attraverso i miei occhi diventa parole e musica.

L’arte di Sasha Vinci come e quando trova il suono come espressione?

Sperimento il suono come linguaggio artistico da quasi vent’anni, prima creando il sound design delle mie performance e poi con varie forme di spazializzazione del suono stesso, come in “Non si disegna il cielo” oppure in “Canta Napoli”, in cui ho creato dei veri e propri paesaggi sonori attraverso la traduzione in partitura della linea del paesaggio di uno specifico luogo. La nascita di un progetto cantautoriale come Mercurio non è che la normale e consequenziale evoluzione di questa mia assidua ricerca.

Vincent Migliorisi sembra divenire un’alcova rassicurante. Sasha Vinci, hai mai pensato ad altre avventure, altre sperimentazioni, altri suoni magari più legati alla terra che ai computer? Oppure tornerai in questo rifugio sicuro perché è ancora tanta la contaminazione reciproca che dovrete vivere assieme?

Non credo esista un rifugio sicuro e anche se ci fosse non sarebbe di mio interesse, sono invece piuttosto attratto dall’elemento imprevedibile della ricerca, dall’inaspettato e dalla sorpresa. Questo è intento comune, non a caso io e Vincent siamo già al lavoro per continuare insieme in questa direzione cantautorale, per sperimentare in altre forme musicali, e perché no, questa volta coinvolgendo altri musicisti apparentemente lontani dal nostro percorso. Sarà sorprendente.

Il dietro le quinte di un disco della scena indie: le attenzioni che il pubblico ha verso l’arte e la cultura, verso un disco nuovo, indipendente, assai lontano (per fortuna) dalla plastica del main stream radiofonico. Che punto di vista e che esperienza hai raccolto in merito?

Più che il temine indipendente mi interessa lo spirito anarchico della produzione. Rispetto l’estrema libertà dell’autore nel comporre le sue opere, che siano musicali o visive. Il mainstream è un contenitore gigante in cui ogni artista è costretto a inserirsi, lasciando che la sua libertà creativa si adegui a format specifici, adatti alle radio e non solo.

Anche la musica passa attraverso degli stereotipi, deve seguire le mode, gli hype, le alte visualizzazioni. Sarebbe assai triste e frustrante fare arte per soddisfare questi standard. Credo invece in una ricerca seria, estesa nel tempo.

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