Terraferma, il terzo lavoro in studio di Gerardo Attanasio | Intervista

Terraferma, il terzo lavoro in studio di Gerardo Attanasio | Intervista

Chitarre battenti, zampogne e castagnette si scontrano con chitarre elettriche e sintetizzatori nel terzo lavoro in studio di Gerardo Attanasio, Terraferma, pubblicato il 15 giugno 2019 per Blue Bell Dischi. Composto da nove tracce, il disco ha giovato della direzione artistica di Fabio Rizzo. Attraverso il contrasto musicale tra sonorità tradizionali ed ‘elettriche’, Gerardo Attanasio racconta in Terraferma della contaminazione e dell’interazione reciproca dei miti antichi e moderni della provincia napoletana, espressioni delle istanze di una civiltà contadina e premoderna fagocitata e posta ai margini dall’affermazione tecnologica della modernità.

Per approfondire questi aspetti, abbiamo intervistato Gerardo che ci ha aiutato a conoscere meglio Terraferma.

Intervista a Gerardo Attanasio, autore di Terraferma

Com’è nato Terraferma?

È un disco dedicato interamente alla provincia napoletana, il luogo in cui sono cresciuto. Ho cercato di raccontarla individuando dei miti antichi e moderni che potessero parlare di questi posti. Poi musicalmente c’è stato un lavoro molto divertente, ho preso strumenti della tradizione e li ho declinati in ambito rock.

Quali sono questi miti?

Sono partito dalle sirene, queste sirene che non cantano più, e sono arrivato al mito moderno di Don Catellino Russo che è stato un grande velista stabiese che ha avuto una storia incredibile perché perse una gamba in guerra, a Tobruk (Libia), e malgrado ciò vinse di tutto a livello mondiale in categoria lightning. Un’altra storia è quella del generale Avitabile, famoso generale borbonico che governò l’Afghanistan e il Pakistan. Ancora oggi, alcune persone usano il suo nome per spaventare i bambini, storpiandolo in afghano il suo nome diventa Abu Tabela. Sono storie passate, insomma, che raccontano di un mondo scomparso, come la civiltà contadina. Il pezzo che chiude il disco, Nonna Nonnarella, parla appunto di questo. Prende ispirazione dalla musica popolare che però diventa un rock e in quel brano parlo appunto della fine di questo mondo contadino.

“Sirene che non cantano più”, a cosa fai riferimento precisamente?

Faccio riferimento al fatto che la modernità ha un po’ fagocitato i sogni, i miti e anche certe ingenuità facendo perdere qualcosina. Preciso che non sono assolutamente un nostalgico, però insomma, diciamo che il nostro territorio è stato divorato dalla modernità, dal cemento… Per me le sirene sono un po’ la voce della natura, oltre che delle illusioni che abbiamo distrutto. È un po’ un’elegia, ecco.

Che ruolo ha avuto Fabio Rizzo all’interno del disco?

Fabio Rizzo è stato fondamentale perché io avevo una sviluppato una mole notevole di materiale e avevo una direzione in testa ma avevo bisogno di qualcuno esterno che mettesse ordine a tutto quello che avevo preparato. Fabio mi ha proprio aiutato a scegliere cosa tenere e cosa rimuovere, poi è stato importante perché ha registrato delle bellissime chitarre che abbiamo suonato insieme: lui è la parte solistica mentre io sono ritmico e arpeggio. Mi ha aiutato a fare ordine e a chiudere il disco in una città nel cuore del Mediterraneo, Palermo, che mi ha ispirato tantissimo perché gli ultimi dieci giorni di lavoro al disco li abbiamo fatti lì ed è stato importante: in fase di missaggio abbiamo portato un po’ di Palermo nel lavoro.

Qual è questo elemento palermitano?

È un elemento di atmosfera, diciamo così, che secondo me si sente. Per esempio, ci sono dei fraseggi in chitarra battente, in Abu Tabela, che sono arabeggianti e mi danno la sensazione di camminare a Palermo, una città che ha risentito tantissimo dell’influenza araba e dell’influenza africana che invece si sente in Il giorno dopo lunedì.

Hai dei live in programma?

No, il live mi fa fatica. Lo so che è in controtendenza con le necessità del momento, però sto già lavorando ad altre cose in studio e quindi la mia vita è dedicata e sarà sempre più dedicata alla realizzazione di progetti discografici in studio, miei e di altri artisti. Quindi per ora il discorso live non mi interessa, mi sto concentrando sulla scrittura e sulla produzione.

Fonte immagine: http://gerardoattanasio.com/

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A proposito di Angelo Baldini

Sono nato a Napoli nel 1996. Credo in poche cose: in Pif, in Isaac Asimov, in Gigione, nella calma e nella pazienza di mia nonna Teresa.

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