Gucci, dalle origini al caso Armine Harutyunyan

Gucci

Gucci, ancora lei, è la casa di moda che fa da padrona nel settore e nel mondo. Tra passato, successi e futuro, ecco la storia di una delle più grandi case di moda italiane.

Era solo il 2018 quando Gucci chiudeva l’anno ben oltre le aspettative, con un giro d’affari di 8,28 miliardi di euro ed un aumento del 3,4 % rispetto all’anno precedente. Stessa sorte per le vendite dirette nelle boutique, con un +38% e un aumento del 25% nel 2019.

Negli ultimi anni il fatturato Gucci è stato investito da un aumento del 31%, scaturito per lo più dalle “collezioni permanenti”, ovvero i capi senza tempo che non vengono sostituiti dai nuovi modelli. I capi fissi, di fatto, rappresenterebbero circa il 70% delle vendite totali.

Parlando con i numeri, Kering, società francese che include Gucci Group, ha un utile dell’80%, con stime fino a 3,944 miliardi.

Ottimi risultati anche per le vendite online. La sezione e-commerce rappresenterebbe il 6% delle vendite totali, con una crescita implementare del 70% solo nel 2018. Numeri che sembrano sottolineare come il digitale, ad oggi, sia una parte essenziale di ogni acquisto, persino per la moda.

Il mondo Gucci post Covid-19

Grandi cambiamenti in casa Gucci post Covid-19. Il coronavirus ha cambiato le carte in tavola per tanti brand: l’azienda italiana, a sua volta, capitanata da Alessandro Michele, direttore creativo dal gennaio 2015, e da Marco Bizzarri (presidente del brand) ha ridotto le sfilate dimostrative a solo due appuntamenti: in primavera ed autunno.

«A settembre Gucci non sfilerà, nel calendario di Milano Moda Donna e in nessun’altra occasione, non siamo pronti! – sostiene Alessandro Michele. – I tempi sono stati morti per l’isolamento da pandemia ma vivissimi per le idee. La Terra ci ha richiamato all’ordine, non voglio tornare come prima di marzo, dobbiamo ascoltare la Natura con un atto d’amore che ci impegna a ripensare anche il nostro lavoro per la moda. Bisogna ritrovare una luce, questa ripartenza è poetica come i miei primi giorni alla guida della Maison Gucci condivisi con Marco Bizzarri».

Meno ritmi frenetici e più “Made in Italy”, quindi, il nuovo scenario di casa Gucci che con i suoi due pionieri nel 2019 ha sfiorato i 10 miliardi di vendite.

Squarci di storia

Era il 1921 quando Guccio Gucci fondò a Firenze quella che sarebbe diventata una delle case di moda italiane più attive nei settori d’alta moda e degli articoli di lusso. Guccio Gucci era un emigrato italiano che lavorava in alcuni hotel di lusso di Parigi e di Londra. A stretto contatto con l’alta borghesia, sviluppò uno spiccato senso estetico. Tornato a Firenze decise di aprire una serie di pelletterie comuni e di articoli per l’equitazione (tema a cui farà riferimento in alcune collezioni). La moda Gucci si espanse rapidamente e l’uomo, insieme ai tre figli, decise di aprire alcuni negozi nella via più famosa di Roma, Via Condotti.

Lino, canapa e juta sono i materiali innovativi che hanno permesso all’azienda di spiccare il volo. Saranno due dei tre fratelli ad espandere gli orizzonti, fino ad arrivare in America. Seguono le boutique in Asia, Tokyo ed Hong Kong. Nel 1990, spetterà a Tom Ford salvare l’azienda ormai sull’orlo della bancarotta. Dopo una serie di passaggi subentreranno gli attuali gestori di Gucci: Alessandro Michele e Marco Bizzarri. Sarà il 2011 l’anno che celebrerà il 90° anniversario della nascita della casa di moda. Per l’occasione viene allestito il Gucci Museo, un’esposizione di 1.715 m² nel palazzo che ospitava il Tribunale della Mercanzia, affacciato su Piazza della Signoria, a Firenze.

Il caso Armine Harutyunyan

Era il 2019 quando Armine Harutyunyan venne scelta da Alessandro Michele per presentare alla fashion week milanese la collezione Primavera/Estate di casa Gucci. Quasi nessuno si accorse del suo aspetto anticonvenzionale, almeno non fino a quest’anno. Sopracciglia folte e naso adunco: questi i tratti distintivi della modella armena, che in una settimana ha quadruplicato su Google le ricerche sulla casa di moda Gucci. 

Nata a Jerevan, in Armenia, la giovane 23enne si è sempre occupata d’arte fino a laurearsi in graphic design. Il suo successo si deve ad un colpo di fortuna: la giovane venne scoperta per caso da un talent scout Gucci durante una vacanza a Berlino. Non sono mancate ovviamente le critiche dure, a causa di un aspetto che non combacia con i canoni convenzionali che si è abituati ad apprezzare nella moda mondiale. C’è chi parla di una trovata di marketing ben riuscita e chi inneggia al body shaming (derisione dell’aspetto altrui). Armine non è però l’unica modella anticonvenzionale che ha fatto la fortuna di alcune case di moda. C’è da ricordare i lineamenti inusuali di Lily Cole e la storia di Winnie Harlow (la prima e più celebre top model con la vitiligine).

Il Rione Conocal

È Napoli a celebrare le diversità in maniera positiva. Il murales apparso nel quartiere Conocal (zona periferica di Ponticelli), ideato da uno street writer di nome “Raffo” raffigura proprio la modella armena. L’artista, che ha fatto del viso di Armine un’opera d’arte, ha tinto la diversità di rosa, azzurro tiffany e verde smeraldo. Il ragazzo si è poi fotografato ai piedi della sua opera, suscitando non poco entusiasmo da parte della modella che ha ringraziato con un “Thanks for magic”. È ancora l’arte ad appianare le distanze ed unire le diversità, almeno questo è ciò che pensa l’artista napoletano.

Una sola verità sembra risultare valida: il mondo della moda, o il mondo in genere, sta prendendo nuove rotte, lontane dalla bellezza “classica”. È stata la stessa Gucci, per esempio, a permettere a Madeline Stuart, ragazza affetta da sindrome di down, di essere la protagonista di una sensazionale campagna di moda.

Una provocazione continua, quella di Gucci, che appaga il desiderio moderno ed incessante di cambiare gli standard che conosciamo  e che ha fatto la storia, senza dimenticare il futuro.

 

 

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