Disturbo Dissociativo dell’Identità: cos’è?

Disturbo Dissociativo dell’Identità: cos’è?

Mentre le malattie che si manifestano a livello somatico sono generalmente considerate valide e degne di un trattamento terapeutico specifico, sappiamo che nella nostra società c’è ancora stigma e disinformazione quando invece vengono interpellate le patologie psichiche, che per la loro invisibilità agli occhi rendono più spinoso per i pazienti comunicare la loro gravità sia ad amici, familiari che dottori. Vediamo in particolare una di queste, il Disturbo Dissociativo dell’Identità (o DID), attorno al quale nel tempo sono stati costruiti molti stereotipi e pregiudizi, scaturiti da fatti di cronaca spesse volte trattati in maniera superficiale.

Storia e cause del Disturbo Dissociativo dell’Identità

Il Disturbo Dissociativo dell’Identità, o Disturbo di Personalità Multipla (com’era precedentemente denominato), è stato ufficialmente accettato come disturbo psicologico a partire dagli anni Ottanta con la sua inclusione nel DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali) e nell’ICD (Classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati) stilato dall’Organizzazione mondiale della Sanità. Ciò vuol dire che è universalmente riconosciuto come un disordine psicologico reale e trattabile, tesi appurata da studi (compiuti nel 1992, 2001 e 2007) che hanno rilevato, attraverso scanner fotografici, funzionamenti cerebrali differenti negli affetti da tale patologia. Si stima che ne sia affetto almeno il 3% della popolazione (la stessa percentuale degli individui che hanno i capelli rossi).

Il Disturbo Dissociativo dell’Identità è una condizione che si sviluppa tra i sette e i nove anni (ossia quando la personalità dell’individuo non si è ancora completamente integrata) per proteggere il bambino dal ripetersi di un’esperienza traumatica durante l’infanzia. Il DID non è nient’altro che un meccanismo di copia del cervello, messo in atto in risposta ad un continuo abuso, e comprende la creazione di più personalità per l’incapacità della giovane vittima di sviluppare un senso unitario di sé.

Costituzione del DID

Le singole identità sviluppate col Disturbo Dissociativo dell’Identità sono dette alters (nome che letteralmente le connota come stati alternativi di coscienza). Possono avere età, abilità e tratti anche diametralmente opposti (alcuni possono anche essere non-umani, poiché così li aveva percepiti un bambino traumatizzato nel momento del bisogno), e persino i loro ricordi possono essere separati dalle cosiddette barriere di amnesia che non ne permettono la condivisione. A seconda del carattere e del vissuto, ognuno di loro avrà il proprio modo di percepire, relazionarsi ed interagire con sé stesso, con gli altri e con l’ambiente; come anche ognuno sarà in grado di esprimere le proprie preferenze in qualsiasi ambito formulando giudizi arbitrariamente.

Il più delle volte gli alters risiedono in un Inner World ovvero un Mondo Interno creato completamente da zero dalla straordinaria mente umana. Loro lo percepiscono come perfettamente vero ed esistente, nonché modificabile e configurato con il tanto ricercato posto sicuro dove risiedere confortati gli uni dagli altri (anche se alcune personalità potrebbero andare più o meno d’accordo). Nella maggior parte dei casi presenta una casa comune con differenti spazi annessi, magari dimore di specifiche individualità.

L’insieme di tutte le personalità in un singolo corpo prende il nome di system, o sistema in italiano. Ogni membro del sistema ricopre un ruolo specifico all’interno di esso e rientra in una data categoria (come i protector che devono mantenere il sistema sotto controllo e l’host all’oscuro; i gatekeeper che rendono inaccessibili alcuni luoghi dell’Inner World e stabiliscono le barriere di amnesia; i fragments che si occupano di singole mansioni come cucinare o fare la doccia; o i persecutors che hanno assimilato i comportamenti abusanti che il bambino subiva e li ritorcono contro gli altri membri del sistema e il corpo – molto raramente contro soggetti esterni, poiché loro stessi erano le vittime degli abusi e si auto-targhettano ancora come tali).

Occorre puntualizzare che, diversamente da come si possa pensare, non esiste una personalità originaria preesistente al Disturbo Dissociativo dell’Identità che ha sviluppato delle controparti. Per comprendere al meglio questo concetto, si può paragonare il sistema ad un fiore, dove il corpo è rappresentato dallo stelo e gli alters dai vari petali della corolla. Non esiste il petalo originale: questi sono un tutt’uno e tutti hanno uguale importanza per lo sviluppo organico.

Il ruolo dell’host e i sintomi

L’alter che si interfaccia al mondo esterno la maggior parte del tempo è detto host (o ospite in traduzione): generalmente, ma non necessariamente, è la personalità che riconosce come propri il nome e l’età anagrafica del corpo ed è tenuto all’oscuro dell’esistenza delle altre identità in modo da permettergli di condurre una vita normale (in quanto venire a conoscenza del disturbo – paradossalmente – potrebbe generare un nuovo trauma da metabolizzare). Tuttavia l’host sarà esposto a sintomi quali mal di testa, fatica cronica, amnesie frequenti (durante i momenti dove si interfaccia un altro alter attraverso uno switch), dissociazione continua (che è uno stato dove non si è coscienti al 100% di ciò che accade intorno a sé stessi), esperienze di derealizzazione (sensazione di poter assistere dall’alto alle azioni compiute dal proprio corpo) o  flashbacks (dove si percepisce attorno a sé l’avvenire di un’esperienza traumatica vissuta nel passato che ancora non è stata immagazzinata correttamente dal cervello – che la ripropone tentando di processarla bene). Emblema di questo disordine è, però, la caratteristica peculiare di poter udire delle voci nella propria testa, appartenenti agli altri alters.

Durante la crescita, è possibile che l’host realizzi di soffrire del Disturbo Dissociativo dell’Identità e che cerchi di stabilire un contatto con le altre personalità. A questo punto gli sarà concesso col tempo l’accesso all’Inner World, la conoscenza degli altri alters e la percezione nitida di Switch ed esperienze Co-Con (dove due o più identità sono alla guida del corpo contemporaneamente).

Come vivere col Disturbo Dissociativo dell’Identità

Il numero e le tipologie di alters in un sistema dipendono dai traumi che lo hanno coinvolto e variano nel tempo: difatti, una volta appreso il processo di scissione della personalità da parte del cervello, questo continuerà a fronteggiare in questa maniera il resto delle situazioni per tutta la vita dell’organismo, comportando la creazione di nuovi alters, la loro integrazione (ovvero la fusione di alcuni di questi per formare una nuova, differente, personalità che riporterà i ricordi di entrambi) o la loro scomparsa.

Ovviamente, la vita di una persona affetta da DID è piuttosto differente e dura rispetto a quella di un non-affetto: è necessario fare i conti con i traumi passati e fronteggiare gli impedimenti del Disturbo Dissociativo dell’Identità quotidianamente. Sicuramente è possibile migliorare le proprie aspettative e vivere una vita appagante seguendo delle terapie specifiche che possano riportare speranza, serenità e autostima a delle persone che non meritavano tutto ciò che gli è accaduto. Queste pratiche possono inoltre aiutare a raggiungere traguardi anche nella comunicazione tra gli alters, nella gestione delle amnesie, nel controllo emotivo e nella gestione degli impegni esterni (senza necessariamente puntare all’integrazione di tutti gli alters come unica cura).

Fonte immagine di copertina: freepik.com

A proposito di Eleonora Sarnataro

Studiosa di inglese e Giapponese, i suoi migliori amici da sempre sono carta e penna, per mettere nero su bianco emozioni, resoconti e pareri riguardo i più disparati stimoli culturali.

Vedi tutti gli articoli di Eleonora Sarnataro

Commenta