Ecco 8 curiosità sulla vita e il pensiero di Niccolò Machiavelli, celebre scrittore fiorentino, annoverato tra i migliori filosofi della storia. Questa lista ha come scopo quello di riqualificare una delle più innovative personalità del pensiero occidentale, spesso sintetizzata erroneamente con la teoria “il fine giustifica i mezzi” e accostata ai teorici della “Ragion di stato”. In realtà, il pensiero del celebre Segretario fiorentino è dotato di una profondità ben superiore, per anni macchiato dalla propaganda negativa che la Chiesa e i suoi avversari politici operarono nei suoi confronti.
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Machiavelli tra mito e realtà
Machiavelli è stato spesso accusato di nicodemismo, bollato come cinico e spietato soprattutto a causa della sua opera “Il Principe”. L’opuscolo, lungi dall’essere un’opera che si propone di fornire precetti universali, in realtà si pone come obiettivo quello di mostrare le azioni politiche che più si adattano al travagliato periodo che l’Italia viveva nel XVI secolo. Il fine ultimo del progetto machiavelliano, esposto nei “Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio”, era quello del buon vivere civile, ovvero la repubblica.
Il mito: cosa si dice di Machiavelli | La realtà: cosa ha scritto davvero |
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Ha scritto “il fine giustifica i mezzi”. | Questa frase non compare in nessuna delle sue opere; è una semplificazione estrema del suo pensiero. |
Era un maestro di tirannia e un sostenitore dell’assolutismo. | Il suo vero ideale politico era la repubblica, come ampiamente argomentato nei “Discorsi”. Il “Principe” era un’analisi realistica per una situazione di emergenza. |
Era un pensatore cinico e privo di morale. | Ha separato la politica dalla morale religiosa, fondando la politica come scienza autonoma basata sulla realtà effettuale e non su come dovrebbe essere. |
L’uomo dietro il pensatore: giovinezza e carattere
Della sua giovinezza sappiamo poco. Proveniva da una famiglia fiorentina nota ma ormai decaduta. La sua preparazione si alternò tra testi giuridici e le grandi opere latine. Questo alone di mistero contribuisce a renderlo un personaggio intrigante. Contrariamente all’immagine austera, emerge dalla sua fitta corrispondenza un uomo diverso: Niccolò era una persona a cui piaceva scherzare e parlare di argomenti leggeri. Sul luogo di lavoro, nel Palazzo della Signoria, riteneva fondamentale intrattenere rapporti gioviali con i colleghi. Nelle lettere private ne emerge il suo carattere burlone, spesso riguardante argomenti piccanti.
La vita politica: dall’azione all’esilio
Quello che in molti non sanno è che il Segretario fiorentino fu un uomo estremamente dinamico, che si trovò a operare sul campo, spesso anche per organizzare le operazioni militari. Fu anche uno dei segretari scelti più frequentemente per le ambascerie. Si recò più volte in Romagna dal Duca Valentino (Cesare Borgia), uomo che stimò e al quale si ispirò per la figura del principe. Purtroppo, quando nel 1512 i Medici tornarono a Firenze, Machiavelli, dopo essere stato ingiustamente accusato di congiura, fu imprigionato, torturato e infine costretto al confino forzato a Sant’Andrea in Percussina. Furono anni duri, durante i quali si vide estromesso dalla vita pubblica. L’ozio letterario al quale fu forzato, gli permise inoltre di scrivere alcune tra le sue opere più grandi come il “Principe” e la “Mandragola”.
L’amicizia con Guicciardini
Da sempre contrapposti per i loro modi di pensare, Machiavelli e Guicciardini in realtà furono grandi amici. La fitta mole di lettere che si scambiavano è testimone del profondo legame che li univa. Guicciardini fu di sicuro uno dei suoi interlocutori preferiti durante i difficili anni del confino. “Fratello mio” così era solito rivolgersi Niccolò a Guicciardini, il quale rispondeva con un affettuoso “Francesco vostro”. Divertentissimi sono alcuni estratti in cui Machiavelli si rivolge in maniera estremamente confidenziale all’amico: “Io ero in sul cesso quando arrivò il vostro messo”.
Machiavelli commediografo: il successo della Mandragola
Passato alla storia per “Il Principe”, in realtà Machiavelli ebbe anche una gloriosa carriera da commediografo. Il suo incredibile talento narrativo venne fuori nell’opera scritta per il carnevale del 1518, “La Mandragola“. La commedia nasconde sotto una serie di eventi divertenti e una trama intricata e buffa, un significato morale e politico atto a rappresentare la doppiezza dell’animo umano. Il grandioso successo riscosso dalla commedia non solo fu una meritata celebrazione del suo talento, ma anche il motivo della caduta dell’ostracismo dei Medici nei suoi confronti, restituendogli la libertà.
Un epilogo più tragico che comico
La fine di Machiavelli, nel 1527, riassume in sé la tragicommedia della sua vita. Quando gli stravolgimenti politici, dovuti alle Guerre d’Italia, riportarono la repubblica a Firenze, il segretario si offrì di nuovo per il suo vecchio ruolo, ma la sua candidatura fu respinta. Poco dopo Niccolò si ammalò gravemente, forse a causa del dispiacere. Secondo alcune storie, pur in condizioni critiche, non perse il suo spirito istrionico. Infatti, ispirato da un delirio onirico, dichiarò di preferire andare all’Inferno tra i grandi sapienti dell’antichità piuttosto che tra la gente male in arnese che affollava il Paradiso.
Immagine di Copertina: Pixabay
Articolo aggiornato il: 06/09/2024