Émile Zola è uno dei massimi scrittori francesi del Novecento, nonché l’elaboratore della cosiddetta dottrina del Naturalismo.
Una figura fuori dal suo tempo
Émile Zola nasce nel 1840 in una famiglia non troppo abbiente, motivo per cui quando muore suo padre egli è costretto a rimboccarsi le maniche e a risollevare la famiglia dalla precaria situazione finanziaria. Comincia lavorando per la casa editrice Hachette e, poco a poco, ne diventa capo redattore. Questa scalata gli permette di entrare in contatto con i grandi scrittori dell’epoca. Oltre al giornalismo, Zola incomincia a scrivere racconti e romanzi, inizialmente ancora legati allo spirito romantico degli anni precedenti, poi si evolvono verso un maggior realismo in cui si fa sempre più evidente l’influenza del Positivismo – il romanzo Thérèse Raquin (1867) costituisce l’atto di nascita come romanziere naturalista. Infatti, sarà proprio la corrente positivista e il bisogno di spiegare la realtà a portare lo scrittore alla formulazione della dottrina naturalista, nel 1880, all’interno de Le Roman expérimental. Per Zola, avvicinare la letteratura alla scienza significa poter spiegare i meccanismi che sono alla base della società; infatti, i suoi due fattori di studio diventano l’ambiente di provenienza e l’eredità. Migliorata la sua situazione economica, Émile Zola decide di riunire in una grande casa alle porte di Parigi alcuni scrittori degni di nota e di dar vita insieme a questi all’opera manifesto della nuova scuola letteraria: Les Soirées de Médan.
Connessione fra poetica ed opere
I primi romanzi che scrive Émile Zola sono forti e drammatici poiché il suo intento è quello di ottenere la fama attraverso la polemica e lo scandalo. Non a caso, il suo celebre ciclo di romanzi Les Rougon-Macquart costituisce un atto di accusa politica contro il regime di Napoleone III e la società francese del Secondo Impero. Di questo ciclo, L’Assomoir (1877) e Nana (1880) – oltre che decretarne il successo come scrittore – spostano l’attenzione di Zola alla dura e cruda realtà delle classi operarie del tempo, in cui egli ne denuncia le problematiche più evidenti: alcolismo, miseria, immoralità, abbandono, corruzione, violenza, prostituzione, decadenza morale etc. Dopo aver suscitato un certo clamore con i precedenti romanzi, Zola ne pubblica un altro del ciclo, intitolato Germinal (1885), in cui presenta una descrizione accurata del mondo dei minatori. Il romanzo, che diventerà una testimonianza delle prime lotte operarie, racconta molto bene questa realtà: Zola si documenta minuziosamente sugli scioperi, le malattie, gli incidenti e il salario dei minatori e assiste in prima persona alla faticosa vita nelle miniere. Anche in questo caso il romanzo costituisce un atto di accusa sociale e politica ma, a differenza delle precedenti opere, qui Zola allude ad una vaga speranza e rinascita, presagita sia nel titolo che nel finale.
Gli ultimi anni della vita di Émile Zola sono piuttosto turbolenti: diventato uno scrittore impegnato, assume volutamente un atteggiamento borghese per liberarsi dall’oppressione politica e sociale. Egli non teme il confronto pubblico e dichiara apertamente quanto la società del suo tempo spinga l’uomo verso l’autodistruzione e la follia più totale. Per via delle sue continue denunce e prese di posizione – come la celebre difesa all’Affare Dreyfus o ai pittori impressionisti – Zola è costretto ad esiliare in Inghilterra. Potrà ritornare in patria solo all’inizio del Novecento dove, ancora oggetto di feroci attacchi sociali, morirà accidentalmente d’asfissia pochi anni dopo.
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