Coblas Capfinidas. Cosa sono, esempi e come funzionano

Coblas Capfinidas

La poesia dei trovatori provenzali è un sistema definito di codici e metri che hanno gettato le basi della poesia moderna. Uno dei princìpi fondamentali è la distribuzione del testo in coblas, stanze (o strofe) di lunghezza variabile. La caratteristica principale è che sono costruite tramite uno schema ben studiato di rime e di parole. Le coblas possono essere singularis quando ognuna presenta rime diverse, doblas quando le rime si presentano uguali ogni due strofe, ternas quando le stesse rime si presentano in tre strofe, capcaudadas quando la rima di ogni strofa è anche la prima che apre quella successiva, retrogradadas quando la rima viene invertita in ogni stanza. Infine ci sono le coblas capfinidas, quelle strofe in cui una rima o una parola che chiude la stanza ricompare nel primo verso di quella successiva.

Coblas Capfinidas, esempi

Nel mondo della poesia provenzale esistono molti esempi di uso di questa tipologia di strofe. Guiraut Riquier, uno dei trovatori più prolifici, organizza la canzone Res no·m val mos trobars (qui il testo completo) strutturando le prime cinque coblas come capfinidas, dal momento che l’ultima rima di ogni verso viene ripetuta nel primo verso o addirittura viene inserita all’inizio di questo. Lo stesso procedimento viene usato anche da Peire Bremon, un altro trovatore, all’interno della canzone Pois lo bels temps renovella (qui il testo completo). In questo caso però non tutte le strofe si possono considerare capfinidas, dal momento che mancano dei collegamenti tra alcune strofe che forse, nei codici manoscritti a noi pervenuti, sono state omesse.

Anche la poesia italiana delle origini è piena di questi esempi. Uno dei primi autori ad adoperare le coblas capfinidas è Guittone d’Arezzo nella canzone Ahi lasso, or è stagion de doler tanto dove l’ultima parola di ogni strofa è la prima che si ritrova in quella successiva tranne che nel congedo, la chiusura del componimento. Il padre del dolce stil novo Guido Guinizelli usa lo stesso procedimento in Al cor rampaira sempre amore e, come Guittone, anche qui troviamo un congedo che si distacca dallo schema delle altre strofe.

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Un procedimento analogo esisteva anche nella lirica galego-portoghese, sviluppatasi in area iberica tra il XII e il XIV secolo. Si tratta del leixaprén (in italiano “Lascia e prendi”), una figura stilistica che consiste nella ripetizione del secondo verso di una strofa in quella successiva, dove assume il ruolo di primo verso. La differenza fondamentale con le capfinidas provenzali è che il verso non deve essere per forza ripetuto nella propria interezza, ma si può anche cambiare l’ordine delle parole. Questo procedimento si ritrova spesso nel genere delle cantigas de amigo il cui maggiore rappresentate è Martín Codax.

Nei sette brevi componimenti (qui il testo completo) che il filologo Giuseppe Tavani definì “poemetto codacciano” il meccanismo del leixaprén serve per enfatizzare lo stato d’animo e psichico dell’io poetico, quello di una giovane donna che attende il ritorno del proprio amato nell’isola di Vigo. Un’attesa che, tuttavia, non porta a nulla di concreto dato che l’uomo in questione non esiste.

Immagine in evidenza: Wikipedia

A proposito di Ciro Gianluigi Barbato

Classe 1991, diploma di liceo classico, laurea triennale in lettere moderne e magistrale in filologia moderna. Ha scritto per "Il Ritaglio" e "La Cooltura" e da cinque anni scrive per "Eroica". Ama la letteratura, il cinema, l'arte, la musica, il teatro, i fumetti e le serie tv in ogni loro forma, accademica e nerd/pop. Si dice che preferisca dire ciò che pensa con la scrittura in luogo della voce, ma non si hanno prove a riguardo.

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