Essere Hāfu in Giappone: cosa significa?

essere Hāfu in Giappone

Cosa vuol dire essere Hāfu in un paese che si considera essere “monoetnico” come il Giappone? Scopriamolo insieme!

Il termine Hāfu (ハーフ) è una giapponesizzazione della parola inglese half e si riferisce a tutte le persone nate da un genitore giapponese e uno straniero. La maggior parte di queste persone nasce e cresce in Giappone, parla la lingua e conosce la cultura giapponese. Altri nascono e crescono nel paese d’origine dell’altro genitore, per poi trasferirsi in Giappone. Secondo una stima del 2010, un bambino su trenta può essere considerato Hāfu, eppure moltissimi di questi bambini incontrano numerosissime difficoltà durante la loro vita in Giappone. Ma dove si origina la componente discriminatoria verso gli Hāfu?

Bisogna osservare il fenomeno nel contesto culturale giapponese, dove il paese è particolarmente fiero della propria omogeneità etnico-culturale. Il Giappone si è da sempre professato come un paese monoetnico con «una razza, una civiltà, una lingua e una cultura» (primo ministro giapponese Tarō Asō, 2005). Quindi in una società dove essere “diverso” è visto in modo negativo, essere Hāfu comporta diverse difficoltà in Giappone.

Le difficoltà dell’essere Hāfu in Giappone

Le discriminazioni cominciarono già successivamente alla Seconda guerra mondiale, quando il numero di bambini nati dalle relazioni tra giapponesi e statunitensi aumentò. Ciò accadde perché molti uomini americani erano arrivati in Giappone durante il periodo occupazionista. Inizialmente questo tipo di relazioni erano scoraggiate dal governo statunitense e dunque la percentuale di abbandono salì: i bambini Hāfu erano orfani e appartenevano a ceti sociali molto bassi. Questo provocò una forte discriminazione e numerosi pregiudizi verso l’essere Hāfu in Giappone. Più si era diversi, soprattutto dal punto di vista estetico, più si veniva ostracizzati ed esclusi: l’accesso ai servizi pubblici e all’istruzione era fortemente limitata, episodi di violenza fisica e verbale erano all’ordine del giorno. In età adulta si veniva relegati a lavori umili e poco retribuiti.

Negli anni Settanta ci fu un boom nelle nascite di bambini multietnici grazie all’industria dell’intrattenimento, che cominciò ad assumere numerosi artisti di origine mista: esemplare fu il gruppo pop Golden Half, cinque ragazze di origine euroasiatica. Anche se le discriminazioni erano minori, l’essere Hāfu in Giappone era comunque difficile. Moltissimi erano additati come promiscui per la loro discendenza mista e relegati all’industria pornografica per l’aspetto “esotico”.

Essere Hāfu al giorno d’oggi 

Oggi essere Hāfu in Giappone implica diversi stereotipi. Principalmente si pensa che siano tutti benestanti, questo perché i genitori iscrivono i loro figli ad istituti privati: ciò contribuisce a dare un’educazione adatta ad entrambe le culture dei genitori, ma soprattutto protegge i bambini dal bullismo. Inoltre, spesso si viene etichettati come stranieri, si pensa che non si sappia parlare la lingua giapponese e non si conosca l’etichetta particolare del paese. Alcune volte anche il modo di vestire o di comportarsi è causa di giudizio. Per questo motivo moltissimi Hāfu tendono a nascondere la loro metà non giapponese, fingendo di non conoscere la loro seconda lingua e celando le loro differenze culturali.

Fonte immagine: Pexels

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