I sette peccati capitali, storia e definizione

Sette peccati capitali, storia e definizione

I sette peccati capitali, anche definiti e conosciuti come vizi capitali, sono delle inclinazioni negative dell’animo umano che risultano essere dannose per la propria persona e per quanti la circondano. In questo articolo si cercherà di tracciare la storia e l’evoluzione dei sette vizi capitali e di dare una definizione di ciascuno di essi.

Vagliando la nascita e la diffusione dei sette peccati capitali così come si conoscono oggigiorno, si potrebbe far rimontare la loro origine alla filosofia medievale e, nello specifico, ad Aristotele. Fu proprio Aristotele per primo ad individuare nell’eccesso di virtù o buona qualità la ricaduta inevitabile nel vizio. Sulla base della sua acuta osservazione tutti i filosofi medievali concordarono sull’idea che il giusto, il buono, si trovasse nel mezzo, pertanto né nell’assenza della virtù né nel suo eccesso. Da questa idea, quindi, nasce la necessità di classificare quelli che saranno i sette peccati capitali. 

L’idea, nata in seno alla filosofia medievale, fu accolta dalla religione cattolica (in particolare dal monaco Evagrio Pontico) che nel IV secolo a. C. circa stilò una lista dei sette peccati capitali. Inizialmente ne furono individuati otto: Gola, Lussuria, Avarizia, Ira, Tristezza, Accidia, Vanagloria e Superbia. In un secondo momento è stata eliminata la tristezza, ovvero l’incapacità di apprezzare il bene di Dio nella vita, che è stata incorporata all’accidia. In realtà, inizialmente tra i vizi capitali compariva anche la vanagloria che, come la tristezza, è andata man mano perdendosi ed è stata inglobata nella superbia. Grazie a queste modifiche si è arrivati ai sette peccati capitali.

Il numero sette non è, certamente, una scelta casuale. Di fatto, secondo le culture antiche il numero sette rappresentava la perfezione e la completezza. Inoltre, essendo sette le virtù teogali, è ragionevole far corrispondere ad ogni virtù un vizio. Questo determina la scelta del numero nella definizione dei sette peccati capitali.

Superbia. È considerata il primo dei sette peccati capitali. Il superbo sminuisce gli altri per dimostrare la propria superiorità. Di conseguenza, egli non rispetta le persone che lo circondano, le leggi e le regole, poiché ritiene di esserne al di sopra.

Invidia. L’invidioso, peccatore del secondo dei sette peccati capitali, odia il prossimo perché possiede qualcosa che lui non ha e, inoltre, prova piacere quando quest’ultimo subisce delle perdite o delle disgrazie.

Lussuria. È vincolata al piacere, sia esso sessuale o meno, un piacere che viene portato allo stremo e all’eccesso con le pulsioni e le voglie.

Gola. Il quarto tra i sette vizi capitali è la gola e indica non solo un eccessivo desiderio verso il cibo, ma verso qualsiasi cosa: oggetti, denaro, emozioni bramate all’estremo e che portano a vivere in un perenne stato di insoddisfazione.

Accidia. Essa conduce le persone ad un rifiuto in generale della vita. Si tratta di persone sopraffatte dalla noia e dall’inerzia totale.

Ira. Non corrisponde ad altro che ad una rabbia irrefrenabile.

Avarizia. L’avarizia, l’ultimo dei sette peccati capitali, definisce un attaccamento eccessivo e morboso ai beni materiali.

Fonte immagine: Pixabay

A proposito di Mangiacapre Giulia

Sono Mangiacapre Giulia, ho 23 anni e sono laureata in Lingue, letterature e culture moderne europee presso l'Università degli studi di Napoli "Federico II". Attualmente sono laureanda presso l'Università degli studi di Napoli "L'Orientale".

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