Le Ama, letteralmente “donne del mare”, sono le custodi di un’antichissima tradizione giapponese: la pesca subacquea in apnea. Con una storia che si estende per oltre duemila anni, queste pescatrici si immergono per raccogliere perle, alghe, ricci di mare, abaloni e ostriche. Oggi, questa figura affascinante e misteriosa rischia di scomparire, ma il suo ricordo rimane vivo nella cultura e nell’immaginario collettivo del Giappone.
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Storia e tradizione delle donne del mare
La tradizione della pesca in apnea in Giappone è da secoli un’attività prevalentemente femminile. Si riteneva che le donne fossero fisiologicamente più adatte a resistere alle fredde temperature dell’acqua grazie a una diversa distribuzione del grasso corporeo. Nell’antichità, le Ama si immergevano indossando solo un perizoma (fundoshi). Con il tempo, sono passate a un abito bianco (isogi), nella convinzione che questo colore allontanasse gli squali.
Aspetto | Descrizione della tradizione |
---|---|
Attrezzatura tradizionale | Un perizoma (poi abito bianco), una bandana (tenugui) con simboli protettivi e un cesto galleggiante (isoke). |
Tecnica di respirazione | Il caratteristico fischio (isobue) emesso in superficie per iperventilare e recuperare ossigeno. |
Nomi regionali | Sono conosciute come Uminchu a Okinawa e Kaito nella penisola di Izu. |
Età lavorativa | Tradizionalmente, le donne iniziavano l’addestramento da adolescenti e potevano continuare a pescare fino a 70-80 anni. |
Tecniche di immersione e il fischio “isobue”
Abituate fin da bambine a vivere in simbiosi con il mare, le Ama sviluppano una straordinaria capacità di apnea. Durante le loro immersioni, quando risalgono in superficie per prendere fiato, emettono un fischio acuto e malinconico, chiamato ama isobue. Questo suono, noto come “richiamo delle sirene”, è in realtà una tecnica di respirazione controllata che permette loro di espellere rapidamente l’anidride carbonica e recuperare le forze prima di una nuova immersione.
Le Ama nella cultura giapponese: arte e letteratura
La figura della Ama è profondamente radicata nell’immaginario giapponese. La prima menzione appare nella più antica raccolta poetica del Giappone, il Man’yoshu (VIII secolo). In epoca moderna, lo scrittore Yukio Mishima le ha immortalate nel suo romanzo La voce delle onde.
Nell’arte, l’immagine più famosa è la stampa ukiyo-e di Hokusai, Il sogno della moglie del pescatore (1814). Quest’opera erotica (shunga), che raffigura una Ama in un rapporto intimo con due polpi, è probabilmente ispirata alla leggenda della principessa Tamatori, una pescatrice di perle che si sacrificò per recuperare un gioiello rubato dal Dio Drago del Mare, affrontando il suo esercito di creature marine.
Il futuro delle Ama: tra modernità e turismo
Oggi la tradizione delle Ama è a rischio. L’età media delle pescatrici è molto alta, e poche giovani sono disposte a intraprendere un mestiere così faticoso. L’uso di attrezzature moderne come mute, maschere e pinne ha inoltre alterato la pratica tradizionale. Tuttavia, c’è un crescente interesse per la salvaguardia di questo patrimonio culturale. In alcune località, come nella prefettura di Mie (Toba e Shima), è possibile assistere alle immersioni e degustare il pescato nelle capanne delle Ama (amagoya), un’esperienza turistica che aiuta a mantenere viva la tradizione.
Altre informazioni e domande sulle pescatrici Ama
Cosa pescano esattamente le Ama?
Contrariamente alla credenza popolare, le perle non sono la loro preda principale. La pesca è principalmente alimentare e si concentra su molluschi pregiati come l’abalone (awabi), ricci di mare (uni), ostriche, aragoste e polpi, oltre a varie tipologie di alghe commestibili come il wakame e il tengusa.
Perché le Ama sono quasi esclusivamente donne?
La spiegazione tradizionale è fisiologica: si credeva che le donne, avendo uno strato di grasso sottocutaneo distribuito in modo più uniforme rispetto agli uomini, potessero resistere meglio e più a lungo alle basse temperature dell’acqua. Questo permetteva loro di effettuare più immersioni in una singola sessione di pesca.
Esistono ancora oggi le pescatrici Ama?
Sì, ma il loro numero è in drastico calo. Se negli anni ’50 si contavano oltre 17.000 Ama in tutto il Giappone, oggi ne rimangono meno di 2.000, la maggior parte delle quali ha più di 60 anni. Si trovano principalmente nelle prefetture di Mie (penisola di Shima) e Ishikawa (penisola di Noto).
Fonte immagine di copertina: Wikipedia
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Articolo aggiornato il: 04/09/2025