Quartieri di piacere giapponesi: un mito da sfatare

Quartieri di piacere: un mito da sfatare

I quartieri di piacere (Yūkaku 遊廓) hanno contribuito, nel corso degli anni, a dare l’immagine di un Giappone esotico ed accattivante. Questi luoghi sono stati spesso considerati come un vero e proprio paradiso della passione, ma questa idea corrisponde alla realtà?

Origine dei quartieri di piacere

La nascita dei quartieri di piacere, così come li conosciamo, è stata influenzata soprattutto dalla crescita di Edo (l’attuale Tokyo) come centro commerciale e culturale del Giappone. Prima del periodo Tokugawa, infatti, le case di piacere erano distribuite su tutto il territorio nazionale, senza controllo da parte del governo. Il primo quartiere ad essere regolamentato fu Yoshiwara, a Edo, il più famoso insieme a quelli di Shimabara (Kyoto) e Shinmachi (Osaka). I principali clienti erano soprattutto i mercanti, che costituivano la classe sociale più agiata dell’epoca, seppur bistrattata socialmente. Ma vi si potevano trovare anche alcuni samurai, che frequentavano i distretti di piacere di nascosto.

La gerarchia interna

Le condizioni di vita delle prostitute (o cortigiane, se di grado superiore) all’interno dei quartieri di piacere non erano per niente ottimali. Solitamente vendute in tenera età dalle proprie famiglie che necessitavano di denaro, le donne avrebbero potuto lasciare la casa soltanto se riscattate da un’altra persona, come un uomo intento a sposarle. Inoltre, a causa del loro stile di vita, erano spesso soggette a malattie, che spesso causavano la loro morte, nell’indifferenza generale.

La loro gerarchia nei vari quartieri di piacere era stabilita in base al loro status sociale, al prezzo dei loro servizi e alla loro esperienza:

  • Yūjo: spesso giovani ed inesperte, erano considerate le prostitute di rango più basso.
  • Tayū: successivamente  erano cortigiane particolarmente esperte ed acculturate. Raggiungere quel grado comportava un grande impegno, oltre che doti di intrattenimento elevate. Le tayū, infatti, erano addestrate in una vasta gamma di arti tradizionali giapponesi come la musica, la danza, la poesia e il teatro. Esse avevano la facoltà di scegliere i propri clienti e decidere in che modo intrattenerli.
  • Geisha: oggi conosciute come esperte dell’arte dell’intrattenimento, anche le geisha avevano rapporti sessuali con i clienti, in una prima fase.

I quartieri di piacere nella letteratura

La letteratura del periodo Tokugawa deve molto alla presenza dei quartieri di piacere, che facevano spesso da sfondo a varie opere. Impossibile non citare il genere dell’ukiyo-zōshi oppure la letteratura Gesaku, che hanno spesso raccontato di storie riguardanti le relazioni tra mercanti e cortigiane. Ricorrente era la pratica dello Shinjū (心中 – “doppio suicidio”), il quale rappresentava l’atto estremo di una giovane coppia che, limitata da una società stringente e troppo severa, ricorreva al doppio suicidio come unico mezzo per esprimere il proprio amore.

I quartieri di piacere hanno contribuito alla definizione culturale di una fase storica estremamente importante per il Giappone. Ciononostante, non bisogna cadere in errore e credere a quella visione idilliaca a cui spesso si fa riferimento, causata, forse, da un’estrema idealizzazione di un elemento ormai appartenente al passato.

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Fonte immagine: Wikipedia

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