Le basi dell’economia dell’antica Grecia

Le basi dell’economia dell’antica Grecia

In questo articolo prenderemo in considerazione le basi dell’economia dell’antica Grecia.
La Grecia ebbe in tutto il corso della sua storia una costante fama di terra tanto è vero che fu la ricerca di nuove terre da coltivare una delle principali cause della colonizzazione.
Infatti i greci vivevano soprattutto di agricolture e allevamento.
Anche se non disponiamo di dati statistici si può pensare che almeno il novanta per cento della popolazione fosse impegnata in queste attività economiche.
La maggior parte delle terre era posseduta dai membri delle famiglie aristocratiche.
Si trattava di estese proprietà che venivano coltivate da schiavi o da braccianti salariati.
Tuttavia molto diffusa era anche la media e piccola proprietà coltivate in prima persona dal contadino o con l’aiuto di uno o due schiavi.
La proprietà terriera aveva una grande importanza non solo a livello economico ma anche a livello sociale e politico poiché su di essa l’aristocrazia basava il proprio prestigio sociale e il proprio potere.
Per tale ragione nel periodo arcaico fu la questione della terra la principale causa di conflitto tra aristocrazia e popolo. La produzione agricola era incentrata sui cereali sulla vite e sull’ulivo.
L’ambiente greco consentiva una florida produzione di olio e vino affiancati da alberi da frutto ma limitava fortemente la produzione di cereali.
Infatti solo alcune aree pianeggianti sufficientemente estese come la Messenia la
Laconia e la Tessaglia producevano abbastanza cereali da alimentare le popolazioni locali.
Per tale ragione i cereali erano la principale voce di importazione dalle colonie.
Molto importante dell’antica Grecia era l’allevamento di ovini bovini e caprini che fornivano carne latte lana e pelli. Rivestiva anche molta importanza l’allevamento di animali da cortile.
Dobbiamo mettere in evidenza che gli ampi terreni incolti delle zone collinari montagnose si prestavano bene ai pascoli.
Molto utilizzato era il sistema della transumanza che consisteva nel trasferire le greggi dai pascoli estivi ai pascoli invernali che erano anche distanti tra loro.
Inoltre i greci svilupparono un fiorente artigianato valorizzando le competenze tecniche ereditate dai cretesi e dai micenei.
La produzione artigianale veniva effettuata a vari livelli.
Il primo livello era quello dell’artigianato domestico non specializzato praticato per soddisfare le immediate necessità della vita.
Nelle città esisteva invece un artigianato specializzato e rivolto al mercato ovvero alla vendita.
Pertanto vasai fabbri marmisti falegnami pellai e tintori erano presenti in gran numero con le loro botteghe nei quartieri cittadini. Questo tipo di produzione aveva come oggetto il mercato interno.
Tuttavia erano presenti nei centri più importanti come Atene e Corinto imprese artigiane che lavoravano per il mercato internazionale.
Tali imprese artigiane producevano manufatti di altissima qualità e impiegavano decine di lavoranti sia salariati sia schiavi.
Lo sviluppo dell’artigianato fece sì che la polis venne sempre più assumendo il ruolo di centro di produzione e di commerci che nel mondo greco avvenivano essenzialmente per via mare fatto che non deve sorprendere se teniamo conto delle caratteristiche del territorio greco.
Lo sviluppò dei commerci portò con sé un’altra importante innovazione ovvero la diffusione della moneta.
Dobbiamo dire che monete metalliche esistevano in oriente già dal II millennio a.C.
Tuttavia in Grecia la comparsa delle monete non avvenne prima della fine del VII secolo a.C.
Molte città cominciarono a coniare monete ciascuna imprimendovi un proprio sigillo.
Inizialmente la moneta aveva soprattutto un valore simbolico come simbolo di prestigio per la città che la coniava.
Ancora per buona parte dell’età arcaica gli scambi avvenivano utilizzando la forma del baratto oppure utilizzando il bestiame come mezzo di pagamento.
Solo a partire dal V secolo a.C. si può parlare per la Grecia di un’economia monetaria cioè di una economia basata sulla moneta come mezzo di pagamento e misura del valore di scambio dei beni.
L’utilizzo della moneta su vasta scala fu senza dubbio un grande progresso.
A tale riguardo basti pensare all’impulso che la moneta diede ai commerci.
Tale impulso notevolissimo fu dovuto sia ai calcoli molto più semplici che essa permetteva sia alla facilitazione delle transazioni. Dobbiamo dire che sul commercio greco abbiamo molte informazioni derivanti da numerosissimi reperti archeologici e dal ritrovamento di intere navi affondate con il loro carico.
La Grecia continentale esportava soprattutto olio vino ceramiche mentre le maggiori voci di importazione erano i cereali e i metalli.
Principale centro commerciale greco era in età arcaica Corinto poi sopravanzata da Atene.
L’estensione dei traffici commerciali era amplissima.
Dobbiamo però tenere presenti alcuni fattori limitanti, le navi erano piccole molto lente e insicure.
In secondo luogo si viaggiava solamente per alcuni mesi durante l’anno da marzo a ottobre e raramente di notte.
In terzo luogo non esistevano strumenti di navigazione.
In quarto luogo le acque marine erano infestate da pirati.
I commerci avevano grande valore economico sia per i privati sia per i governi delle città che riscuotevano su ogni nave che attraccava una tassa portuale pari a circa il 2% del valore delle merci.
Un ruolo importante nel funzionamento dell’economia dell’antica Grecia aveva la schiavitù che era assai diffusa in Grecia anche se non quanto nel mondo romano.
Gli schiavi erano generalmente prede di guerra o vittime di razzie dei pirati.
Tuttavia almeno fino al VI secolo a.C. potevano diventare schiavi anche cittadini greci impossibilitati a pagare i loro redditi. Nella società prearcaica descritta dai poemi omerici gli schiavi erano in numero ridotto.
Per fare un esempio un re come Ulisse poteva possederne un centinaio che utilizzava nei lavori agricoli come domestici come pastori.
Tali schiavi erano inseriti nella famiglia e nella casa del padrone e le loro condizioni di vita erano accettabili.
Con lo sviluppo economico delle poleis il fabbisogno di schiavi aumentò cosicché verso la fine del VII secolo a.C. il loro numero era diventato considerevole fino a un terzo della popolazione totale.
Un fiorente mercato riforniva i compratori di schiavi.
Essi erano divisi in più categorie: schiavi pubblici cioè appartenenti allo stato; schiavi privati che lavoravano per il padrone nei campi o nelle botteghe schiavi dei templi.
Gli schiavi venivano utilizzati in ogni settore dell’attività economica: nell’agricoltura nell’artigianato nello sfruttamento delle miniere nell’amministrazione delle proprietà del padrone e nell’impiego pubblico.
Da questo elenco delle attività economiche svolte dagli schiavi si può dedurre come fossero diverse le condizioni di vita degli schiavi.
Infatti tali condizioni dipendevano dai luoghi dove essi lavoravano e dalle mansioni che svolgevano.
Infatti esisteva una grande differenza fra lo schiavo che si ammazzava di fatica nelle miniere d’argento ateniesi del Lauro e quello che faceva da precettore ai figli delle famiglie aristocratiche.
Comunque sia la schiavitù era fondamentale per il funzionamento e l’amministrazione della polis.
Infatti lo schiavo liberando il cittadino dal lavoro manuale più faticoso gli permetteva di dedicarsi all’unico compito che il cittadino greco considerava veramente adatto a sé stesso ovvero fare politica, partecipare all’amministrazione della città.
Chi era schiavo il più delle volte rimaneva tale per tutta la vita.
Tale fatto valeva anche per i suoi discendenti.
Tuttavia era possibile l’affrancamento cioè la liberazione dalla condizione di schiavitù o per concessione del padrone oppure per riscatto.
Poteva riscattarsi dalla schiavitù lo schiavo che aveva accumulato denaro sufficiente per poter comprare la propria libertà.
In ogni caso era certo che solo un numero limitatissimo di schiavi poteva liberarsi dalla condizione di schiavitù.
Comunque lo schiavo liberato non poteva diventare cittadino della polis a pieno diritto.
Inoltre egli anche dopo essere stato liberato non era totalmente libero dal controllo del padrone.

Prof. Giovanni Pellegrino

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