Le origini dello Stato moderno in Europa

Le origini dello stato moderno in Europa

Nell’Europa occidentale, il periodo compreso tra la metà del Trecento e la fine del Quattrocento fu contraddistinto sul piano politico dalle origini dello stato moderno e da un generale consolidamento e accentramento dei poteri pubblici, favorito dal declino delle pretese universalistiche di Chiesa e Impero. Il sistema delle monarchie feudali, che aveva connotato la storia del continente a partire dal X secolo, venne gradualmente a decadere: all’Europa frammentata in molteplici realtà tra loro legate da vincoli feudali, dove il potere effettivo dei sovrani si esercitava su porzioni di territorio ridotte, subentrò progressivamente un nuovo ordine complessivo, caratterizzato dall’affermarsi di Stati compatti, di ampie dimensioni e con confini riconosciuti sul piano internazionale, dipendenti da un’unica autorità pubblica, il re, e dotati di una solida organizzazione militare e amministrativa. Queste entità, definite monarchie nazionali, rappresentano le origini dello Stato moderno, una costruzione politica destinata a caratterizzare i secoli successivi.

Origini dello stato moderno: definizione dei confini

Prima delle origini dello stato moderno, le monarchie nazionali erano innanzitutto Stati territoriali, cioè delimitati da confini ben precisi: mentre nel Medioevo i limiti geografici non erano nettamente indicati a causa della frammentazione feudale, dal XV secolo, in occasione ad esempio della firma dei trattati di pace, i confini furono stabiliti, quindi tracciati sulle carte geografiche, e poi difesi con apposite guarnigioni di soldati. La definizione del territorio nazionale, insieme con le origini dello stato moderno, da un lato consentì ai sovrani di estendere il diritto; dall’altro favorì l’instaurarsi di una relazione molto stretta tra popolazione e territorio: gli abitanti di uno stesso Stato cominciarono a sentirsi legati dall’appartenenza a una medesima comunità. La nascita di questo sentimento nazionale fu alimentata dalle guerre, frequentissime nel XV secolo, le quali, diffondendo l’odio verso un nemico esterno, cementavano l’unione all’interno del paese. Le monarchie nazionali, proprio perché acquisirono una precisa estensione e demarcazione nello spazio, grazie alle origini dello stato moderno cominciarono a riconoscersi anche reciprocamente come territori unitari: nacque allora la diplomazia e la conseguente esigenza di inviare i rappresentanti dello Stato presso le corti straniere. I confini designavano il perimetro al cui interno si esercitava l’autorità del sovrano, il quale progressivamente unificò i poteri nella sua persona, sottraendoli in particolare ai signori feudali. Il primo e fondamentale ambito in cui si realizzò questo passaggio fu quello della giustizia penale. Prima delle origini dello stato moderno, gli Stati feudali erano caratterizzati da una pluralità di sistemi giuridici e di autorità giudiziarie: quasi ogni città, feudo o regione possedeva infatti proprie leggi e propri magistrati. Nel Quattrocento i monarchi diedero avvio a un processo di uniformazione legislativa e di nomina diretta dei giudici, ottenendo in tal modo il monopolio di quella che allora veniva definita alta giustizia, ossia che si occupava dei delitti più gravi, ad esempio furti, violenze, omicidi. Per molti secoli la giustizia cosiddetta bassa continuò a essere amministrata localmente. Si trattò comunque di un’acquisizione di potere fondamentale per il re, che poteva presentarsi ai suoi sudditi come il garante dell’ordine pubblico.

Il monopolio della forza militare e l’amministrazione dello Stato

Un secondo ambito di potere del quale i sovrani, a partire dalle origini dello stato moderno nel corso del Quattrocento, conquistarono la gestione fu il controllo della forza militare necessaria sia per muovere guerra ai nemici esterni sia per sedare eventuali rivolte interne. Nel mondo feudale non esistevano eserciti statali, bensì milizie mercenarie al soldo dei grandi signori: quando un sovrano decideva di intraprendere una guerra o doveva reprimere un’insurrezione, si rivolgeva ai propri vassalli, che erano tenuti a fornirgli le truppe necessarie. Nel Quattrocento, l’esigenza di allargare o consolidare i confini del proprio Stato, di mantenere l’ordine al suo interno, di stabilizzare e organizzare meglio le armate in vista di guerre sempre più lunghe e costose, determinò la formazione dei primi eserciti permanenti, cioè in servizio tutto l’anno e non solamente in caso di necessità com’era in precedenza, stipendiati direttamente dal re e quindi a lui fedeli. L’istituzione degli eserciti permanenti rese necessario reperire molto denaro per stipendiare ed equipaggiare i soldati. I re, che nei secoli precedenti per sostenere le spese avevano attinto prevalentemente al proprio patrimonio personale, furono costretti a ricorrere all’imposizione fiscale che, con le origini dello stato moderno, da strumento occasionale divenne una fonte permanente di introiti. Oltre alle imposte indirette, come i dazi doganali sulle merci importate ed esportate oppure le tasse sui prodotti di prima necessità, ad esempio il sale, che erano già diffuse, nacquero le prime forme di tassazione diretta sui capitali o sulle rendite dei sudditi.

Per riscuotere le imposte occorreva un apparato amministrativo efficiente: si formò quindi una rete di funzionari alle dirette dipendenze del sovrano che gestivano il fisco e la giustizia, controllavano le finanze, sovraintendevano alla coniazione delle monete. Nel Quattrocento, infatti, le monarchie assunsero il diritto esclusivo di battere moneta, che nei secoli precedenti era stato spesso esercitato dai poteri signorili. La formazione di un sistema complesso, e soprattutto il fatto che le cariche pubbliche ai livelli più alti dell’amministrazione divennero presto ereditarie, ebbe un importante ricaduta sociale: nacque, infatti, un ceto di funzionari dello Stato che costituì una nuova nobiltà destinata a svolgere un ruolo importante nelle dinamiche politiche dell’età moderna. Nonostante il rafforzamento in senso statale dei regni europei, nei secoli XIV e XV i sovrani dovettero continuare a confrontarsi da un lato con una pluralità di poteri locali e dall’altro con le assemblee rappresentative dei sudditi che si erano affermate fin dal XIII secolo. La presenza di queste assemblee controbilanciava l’autorità regia e rendeva “dualistico” l’esercizio del potere, di fatto diviso tra l’amministrazione centrale e le autonomie locali.

Fonte immagine in evidenza per l’articolo sulle origini dello stato moderno in Europa: Wikipedia

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