Lectio difficilior e lectio facilior sono due locuzioni latine che trovano largo impiego nel campo filologico. Comprendere il loro significato è fondamentale per chi si avvicina alla critica testuale e allo studio dei manoscritti.
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Lectio difficilior vs lectio facilior: un confronto
Per chiarire immediatamente la distinzione, ecco una tabella che riassume i due concetti. Questo principio è noto anche come Proclivi scriptioni praestat ardua (“La lezione più difficile è preferibile a quella più facile”).
Criterio | Descrizione e logica |
---|---|
Lectio Difficilior (lezione più difficile) | Tra due varianti, si sceglie quella più rara, complessa o insolita. La logica è che un copista tende a semplificare un termine difficile (banalizzazione), non a complicare un termine semplice. |
Lectio Facilior (lezione più facile) | È la variante più comune, semplice e prevedibile. Viene generalmente scartata perché considerata il risultato probabile di un errore di semplificazione da parte del copista. |
Lectio difficilior e lectio facilior: il significato nel dettaglio
Prima di chiarire il significato delle due locuzioni latine, è bene partire dal significato che il termine latino lectio assume: in italiano, il termine lectio – corrispettivo di “lezione”, “lettura” – indica in filologia e in critica testuale, la restituzione scritta di elementi minimi o complessi della frase all’interno di un codice (manoscritto).
Il lemma lectio nella forma di locuzione lectio difficilior (letteralmente “lezione – o lettura – più difficile”) viene a indicare in filologia un procedimento per cui, nella stesura di un’edizione critica di un testo, di fronte alla presenza di due o più lezioni dissimili ma con pari autorità (varianti), si sceglie quella che presenta la difficoltà intrinseca maggiore. Tale difficoltà può essere intesa dal punto di vista semantico, morfologico, morfosintattico o lessicale. Questa scelta è motivata dal seguente assunto: sembra più probabile che un copista, nell’atto di trascrivere un manoscritto, possa sostituire una parola difficile o rara con una più comune, piuttosto che fare il contrario.
Il contrario della lectio difficilior è, appunto, la lectio facilior (letteralmente “lezione più facile”). Tale locuzione sta a indicare una lezione più semplice che, con maggiore probabilità, è il risultato di una semplificazione o di un errore. Nell’atto pratico, è l’esatto opposto della lectio difficilior.
Lectio facilior e lectio difficilior, inoltre, sono criteri filologici che si applicano in caso di recensio aperta. A questo punto bisogna chiarire ulteriori concetti propri del linguaggio e del ragionamento filologico: collatio, recensio, stemma.
Un esempio pratico per capire la differenza
Immaginiamo di trovare in due manoscritti diversi di un testo di Cicerone due versioni di una stessa frase:
- Manoscritto A: “In urbe strepitus erat” (In città c’era un frastuono).
- Manoscritto B: “In urbe fremitus erat” (In città c’era un fremito/mormorio).
Il termine strepitus è più comune e generico. Il termine fremitus è più specifico e letterario. Secondo il principio della lectio difficilior, il filologo sceglierà fremitus come lezione più probabilmente originale, perché è più facile che un copista abbia sostituito il raro fremitus con il comune strepitus, piuttosto che il contrario. Fremitus è la lectio difficilior, mentre strepitus è la lectio facilior.
Il contesto filologico: collatio, recensio e stemma codicum
Le locuzioni latine di lectio facilior e lectio difficilior si legano direttamente alla pratica filologica della collatio (collazione), a cui a loro volta afferiscono strettamente il concetto di recensio e in diretta linea consequenziale l’altrettanto fondamentale concetto dello stemma codicum.
La recensio è la fase principale del lavoro di edizione critica di un testo, che consiste nella ricerca e scelta della lectio ritenuta migliore fra le varianti conosciute di uno stesso codex (codice, manoscritto). La fase della recensio è successiva alla fase della collatio (“confronto”): con essa vengono raffrontati tutti gli esemplari di un codice, al fine di operare la recensio e quindi l’edizione critica.
Il confronto avviene tenendo conto delle relazioni esistenti fra gli esemplari, ricostruite attraverso lo stemma codicum – in pratica un albero genealogico dei manoscritti – che illustra le relazioni intercorrenti fra codici, fino a risalire, se possibile, all’archetipo. Per approfondire, si possono consultare risorse accademiche come quelle offerte dall’Enciclopedia Treccani.
Ritornando alle lectiones, se lo stemma codicum non consente di individuare con sicurezza l’esatta lectio, si parla di recensio aperta e si ricorre a criteri interni come quello della lectio difficilior o dell’usus scribendi (lo stile tipico dell’autore). Se lo stemma è risolutivo, la recensio si dice chiusa.
Fonte immagine in evidenza: Università degli Studi di Napoli “Federico II”
Articolo aggiornato il: 28/08/2025