Marina Abramović e la sua performance art: top 3 opere

Marina Abramović e la sua performance art: top 3 opere

Marina Abramović, con la sua performance art, è conosciuta a livello Mondiale ed è centrale nel panorama dell’arte contemporanea.

Artista serba nata nel 1946 a Belgrado e naturalizzata statunitense, matura l’interesse per l’arte sin da piccola spronata molto anche dai genitori. Dopo essersi laureata all’Accademia delle Belle Arti di Belgrado, si trasferisce in Croazia dove approfondisce lo studio della performance e della corporeità, da sempre due argomenti che le interessavano. Dopo la fine di un matrimonio infelice incontra ad Amsterdam l’artista tedesco Ulay, che diventerà il suo compagno sia nella vita privata che in quella professionale, difatti i due inizieranno una collaborazione artistica. Infine, si sposterà nella città di New York, dove risiede tuttora.

Parlando di quest’artista eccezionale è necessario dare una definizione di performance art: essa è  un’ espressione artistica in cui si svolgono varie azioni interdisciplinari in presenza di un pubblico.

Si definisce performance art qualsiasi esibizione che coinvolge 4 elementi, quali: tempo, spazio, corpo del performer e relazione tra l’artista e il pubblico. Essa può svolgersi in qualsiasi luogo e per qualsiasi lasso di tempo. Lei stessa si definisce come “Grandmother of performance art” per indicare il suo contributo rivoluzionario a quest’arte. Rispetto a ciò che era solito vedere, Marina Abramović dà particolare attenzione agli abissi oscuri dell’io, giocando spesso con il rapporto tra vita e morte e il contrasto tra i limiti del corpo e le possibilità della mente; le sue performance sono anche molto estreme, spesso mette in pericolo la sua incolumità, scandalizzando gli spettatori. Un’altra caratteristica rivoluzionaria della sua performance art è il contatto con il pubblico, che viene invitato a prendere parte all’opera, sia a livello mentale che fisico. Sono, insomma, performance estreme e dirette capaci sia di scandalizzare ma anche di far riflettere.

Marina Abramović e la sua performance art, le sue tre opere migliori

Rhythm 0 (1974)

Opera che rientra nella performance art. L’artista rimase immobile per 6 ore al centro di una stanza in cui c’erano oggetti pericolosi come: coltelli, corde, forbici e una pistola. L’artista esortò il pubblico a prendere qualsiasi oggetto si trovasse lì e usarlo come meglio credeva su di lei senza restrizioni, difatti dopo qualche ora gli spettatori iniziarono ad accanirsi violentemente sul suo corpo tagliandole i vestiti, sminuzzandole la pelle con una lametta e addirittura puntandole una pistola. Non tutti, però, ebbero questa reazione: altri intervennero per difenderla. Quest’esibizione aveva come obiettivo svelare la natura malvagia dell’uomo che, quando sa di non essere punito, mostra la sua parte più oscura.

The Lovers (1988)

Quest’opera della sua performance art vede come protagonista sia Marina che Ulay: i due percorsero tutta la Muraglia Cinese partendo da due punti opposti per poi ritrovarsi al centro per abbracciarsi e dirsi addio (letteralmente e metaforicamente perché decisero di lasciarsi, da quel momento non furono più una coppia).

The artist is present (2010)

Quest’opera di Marina Abramović durò 3 mesi, ogni giorno l’artista, seduta e immobile, invitava gli spettatori a sedersi e riuscire a reggere il suo sguardo. Era proibito parlare e toccarsi, l’unico contatto consentito era quello visivo. Durante questa performance arrivò, inaspettatamente per lei, Ulay caricando ancor di più l’esibizione di emozione perché i due si commossero e si sfiorarono le mani.

Fonte immagine: Wikipedia

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A proposito di Alessandra Federico

Innamorata dell'amore, dell'arte e della musica folk. La sua passione più grande è guardarsi intorno, meravigliandosi di continuo. Studia inglese e cinese presso l'università l'Orientale di Napoli. Spera vi possano piacere i suoi articoli

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