La storia è piena di donne guerriere ma Nzinga è sicuramente uno degli esempi più audaci. Nel cuore dell’Africa del Seicento, quando i regni dell’Angola venivano travolti dalla violenza del colonialismo e dalla tratta degli schiavi, emerse una figura straordinaria: Nzinga, regina di Ndongo e Matamba, fu una sovrana, ma anche una stratega, una diplomatica e una combattente instancabile. Si oppose con coraggio al dominio portoghese, difendendo la libertà del suo popolo con ogni mezzo, persino fingendosi uomo e re.
Chi era Nzinga di Ndongo e Matamba

Nzinga nacque intorno al 1583 nella famiglia reale del regno di Ndongo. Crebbe in un contesto di tensioni continue tra il regno africano e i colonizzatori portoghesi, già interessati a dominare le rotte commerciali e a sfruttare la tratta degli schiavi. Alla morte del fratello, Nzinga ereditò un trono minacciato dalle invasioni straniere e dalle lotte interne per il potere. Eppure, invece di piegarsi, trasformò la sua vulnerabilità in forza: regnò da sola, senza consorte né eredi, guidando il suo popolo con carisma, astuzia e una determinazione fuori dal comune. Sotto il suo comando, il regno riuscì a mantenere per decenni la propria indipendenza e a ritardare l’imposizione della schiavitù sugli angolani, difendendo così non solo la sovranità politica, ma anche la dignità umana del suo popolo.
Una donna in un mondo di uomini

Una celebre leggenda racconta che, durante un incontro diplomatico, il governatore portoghese ricevette Nzinga seduto su un trono, mentre davanti a lui era stato steso solo un tappeto, segno di sottomissione. La sovrana, comprendendo l’umiliazione, non si scompose: ordinò a una delle sue ancelle di inginocchiarsi e si sedette sul suo dorso, per non mostrarsi mai in posizione inferiore. All’epoca, nel regno di Ndongo, era impensabile che una donna potesse governare; il potere era considerato prerogativa maschile, e solo un re poteva ottenere piena legittimità. Per questo Nzinga, con straordinaria intelligenza politica, assunse i simboli e il titolo di sovrano, non di regina: si vestiva da uomo, comandava gli eserciti e pretendeva di essere trattata con il rispetto dovuto a un capo maschio. La regina morì per cause naturali nel 1663, all’età di ottant’anni, dopo una vita interamente dedicata alla difesa del suo popolo.
Dopo la sua morte, altre donne salirono al trono e governarono per quasi ottant’anni, segno che la sua eredità aveva aperto una nuova strada. Nzinga divenne così un simbolo di libertà e forza femminile, un modello per tutte le generazioni di donne angolane. Ancora oggi Nzinga è ricordata come la «Madre dell’Angola», segno che la sua figura continua a vivere nella memoria collettiva del popolo angolano come esempio di coraggio femminile e di resistenza contro l’oppressione.
Fonte immagine in evidenza: Wikimedia Commons (Achille Devéria)

