Pittrici del ‘600: piccole luci a rischiarare il buio

Pittrici del '600: piccole luci a rischiarare il buio

Scopriamo alcune delle pittrici del ‘600 più importanti.

Il Seicento è il secolo nel quale si sviluppa nelle arti lo stile Barocco; la Chiesa, dopo lo sconvolgimento del secolo precedente conseguente alla Riforma protestante, cerca di recuperare vigore e splendore attraverso un’arte evidente, preponderante, consapevole della propria influenza nel mondo. Il Seicento è  anche il secolo del primo teatro pubblico, contraltare della Chiesa in un certo qual modo, momento di svago e di ritrovo per la popolazione.

Il Barocco è caratterizzato da linee contorte che si avviluppano, da vuoti e pieni e dal chiaroscuro nelle arti, da abissi profondi e oscuri e luminosità trasparenti e accecanti. In questo secolo, nel quale a farla da padrone sarà l’immaginazione contro la realtà, in arte abbiamo il manifestarsi di personalità rilevanti quali il Caravaggio, che mette in scena opere dalla carnale teatralità, in quella che è per esempio la rappresentazione del volto dei Santi. In questo secolo assistiamo al tentativo di conciliazione e mescolanza di umano e divino, attraverso l’indagine del dubbio e del mistero, dell’enfasi e del tentativo di svelamento che non è altro che uno scavo più profondo nell’ignoto; e proprio in questi anni, per la prima volta, le donne occupano nell’arte uno spazio. L’educazione è ancora però un lusso, talvolta totalmente inaccessibile e  così, nel tentativo di raccogliere le briciole e i resti dei loro padri, alcune di loro entrano nelle botteghe paterne e si avvicinano a quell’arte cui sentono di appartenere. Le pittrici del ‘600 sono molto spesso figlie d’arte, che possono permettersi di sperimentare e conoscere il mestiere dei padri, spesso però, ancora nell’ombra.

Eppure le loro doti artistiche non possono non emergere. Conosciamo insieme, dunque, alcune di queste donne, pittrici del ‘600, che sono riuscite a lasciare un segno nei secoli, per prime.

Impossibilità di muoversi indipendentemente, mansioni domestiche come unico obiettivo di vita, insieme all’accudimento della famiglia, oltre all’inattuabilità di godere di un’istruzione al pari degli artisti uomini sono solo alcune delle motivazioni per le quali la strada delle donne nella storia dell’arte è tardiva e spesso piena di ostacoli. Oltre a coloro che lavorarono come tessitrici o miniaturiste perché monache o comunque chiuse in convento, alcuni dei nomi che riescono ad emergere nel corso del ‘600 sono spesso quelli delle figlie d’arte, poche fortunate che possono rubare gli strumenti del mestiere e intrufolarsi nelle botteghe paterne per poter sperimentare da vicino quel mistero che era per loro l’arte.

Chi sono le artiste più importanti del ‘600?

Fede Galizia figlia del miniaturista triestino Nunzio Galizia, vissuta ai tempi di Caravaggio, apprese l’arte del padre ma si dedicò prevalentemente a nature morte, le quali costituiscono la maggioranza della sua produzione. Le rappresentazioni spiccano illuminate da una luce frontale su uno sfondo cupissimo, ma come sospese in un’area rarefatta che le avvolge e in qualche modo ne sottrae lucentezza. Fede dipinse però anche volti e ritratti e in Giuditta con la testa di Oloferne indugia particolarmente sul volto e sugli ornamenti della donna, sottraendo importanza all’atto e alla testa mozzata che sono come oscurate dalla luminosità della donna, protagonista della scena.

Tutt’altra rappresentazione per lo stesso soggetto invece nell’opera di Artemisia Gentileschi; sulla scia dell’omonima opera caravaggesca, Artemisia rappresenta l’atto della decapitazione nel momento esatto in cui avviene ma non possiamo non notare evidenti differenze rispetto al modello e allo stesso dipinto di Fede Galizia: Giuditta è rappresentata come una donna fiera e indomita, quasi soddisfatta del suo operato, nient’affatto esitante o sconcertata di fronte al sangue. La realizzazione del dipinto coincide con l’anno del processo per stupro ai danni di un collaboratore del padre di Artemisia, che ella stessa aveva accusato per il reato compiuto nei suoi confronti. La tradizione vuole infatti che nei protagonisti del dipinto l’artista avesse rappresentato se stessa nei panni di Giuditta e il suo violentatore nei panni di Oloferne. Artemisia fu sicuramente una donna indomita e un’artista estremamente capace e incisiva; le umiliazioni che dovette subire, oltre all’ingiuria della violenza, trovano sfogo nelle sue rappresentazioni e vengono così esorcizzate e rinchiuse. La violenza però non sarà capace di imprigionare Artemisia, che cristallizza come in un eterno grido il suo dolore nella sua opera, per poi andare avanti: fu la prima ad entrare nell’Accademia fiorentina e viaggiò molto, spostandosi tra Londra e Napoli, fatto insolito per la sua epoca. Scelse inoltre soggetti storici per le sue opere, in particolare femminili.

A far parte delle pittrici del ‘600 troviamo anche:

Elisabetta Sirani pittrice ed incisora italiana, la quale godette di un’educazione artistica voluta anche in questo caso dal padre. Amplierà la gamma di soggetti rappresentati solitamente dalle donne e aprirà a Bologna una scuola d’arte per sole donne, anche se morirà precocemente.

Sofonisba nasce e viene istruita, per volontà straordinaria dei genitori, a Cremona. Il suo sguardo si allunga dall’esteriorità all’interiorità della psiche dell’uomo, tentando di riportare sui volti dei suoi soggetti i moti dell’anima d’ispirazione leonardesca, in modo da intrappolare nei suoi dipinti l’essenza vera e profonda dei suoi soggetti. Nei quadri di Sofonisba è evidente quel contrasto tra luce e ombre che la farà da padrone per tutto il Seicento. Il suo genio fu riconosciuto da alcuni dei maggiori artisti e intellettuali del tempo, tra cui Vasari e Michelangelo.

Tra le pittrici del 600′ rientra anche Lavinia Fontana, figlia del pittore manierista Prospero Fontana e da cui ne deriva la sua formazione. Nella bottega del padre Lavinia poté fare diverse conoscenze pittoriche da quelle emiliane, a quelle venete, lombarde e toscane; ad influire su di lei anche la conoscenza con i Carracci. All’età di venticinque anni si sposò con il pittore Giovan Paolo Zappi. Lavinia ebbe successo già a Bologna in quanto era una ritrattista molto attenta nella riproduzione dei particolari, come abbigliamento e acconciature femminili, un elemento che ne suscitò fama. Altro elemento peculiare di Lavinia è che, a differenza degli altri artisti, non era monotona e nelle sue opere si possono notare anche soggetti mitologici, biblici e sacri. Ben presto venne chiamata a Roma dal nuovo Papa Gregorio XIII dove Lavinia eseguì numerosi lavori per la cerchia di amici della corte papale. Poco dopo l’arrivo a Roma, la pittrice dipinse nella Basilica di San Paolo fuori le mura la Lapidazione di Santo Stefano (1604), opera che ricevette molte critiche per le sproporzioni nelle figure e che successivamente andò persa in un incendio del 1823. Produsse anche altri soggetti come la Minerva in atto di abbigliarsi (1613), in cui la vergine è sorpresa nuda nell’atto di indossare il manto e guarda maliziosamente verso lo spettatore. Nell’ultimo periodo della sua vita, Lavinia fu colta da una crisi altamente spirituale che la portò nel 1613 a ritirarsi in un monastero, insieme al marito. Morì a Roma l’anno seguente.

Pittrici del ‘600 olandesi

Un’eccezione tra le pittrici fu Judith Leyster, figlia di un fabbricante di birra e tessitore, che riuscì a rendere la pittura la sua professione, riuscendo a fondare una sua scuola. Ci troviamo però nei Paesi Bassi, inoltre le scene da lei immortalate sulla tela seguono tematiche prevalentemente legate alla ritrattistica e alle nature morte, più vicine a ciò che era dignitoso per una donna, per la quale la rappresentazione di nudi era assolutamente proibita e scandalosa.

Un’altra pittrice olandese del ‘600  fu Maria van Oosterwijck la quale sin da fanciulla poté godere di presenze artistiche in quanto una sua zia sposò il padre del famoso pittore Abraham van Beijeren. Maria non essendosi mai sposata, si dedicò completamente alla pittura, facendo viaggi e studiando a Defelt, a Leida e infine a Utrecht dove rimase per tre anni dedicandosi alle nature morte e facendo da apprendista a Jan Davidsz de Heem. In seguito si trasferì anche ad Amsterdam dove fece da apprendista a Willielm van Aelst e grazie a lui ottenne i sui primi riconoscimenti internazionali. Da qui in poi Maria, in uno stile che ricordava il suo mentore Jan Davidsz de Heem, decise di dedicarsi solo ed esclusivamente alle nature morte in particolare fiori e frutta. Tra coloro che erano interessati ai suoi dipinti c’erano l’imperatore Leopoldo I d’Austria e i reali Augusto II di Polonia, Luigi XIV di Francia e Guglielmo III d’Inghilterra ma anche Cosimo III de’ Medici. L’artista, inoltre, era nota per l’uso di temi religiosi, tra cui simboli come la farfalla che indicava la resurrezione di Cristo e scelte di colori come il giallo per la divinità, il bianco per l’innocenza e il rosso per il martirio. 

Infine tra le pittrici olandesi del ‘600 vi è anche Clara Peeters. Della sua formazione artistica non si conosce molto, solo che fu un’artista precoce e che le sue opere mostrano delle concomitanze con i lavori di Osias Beert. La pittrice si dedicò alla riproduzione di nature morte come fiori, frutta, tavole imbandite, posate, mostrando soprattutto accortezza nei dettagli. Clara nei suoi dipinti includeva inoltre, autoritratti in miniatura nei riflessi del vetro di alcune nature morte. Alcuni storici dell’arte, sottolineano il rimando alla religione nelle sue opere, in particolare in un dipinto con il pesce e il gatto, in cui il pesce è posto nella posizione della croce, simboleggiando Cristo. Purtroppo si sostiene che Peeters non abbia ricevuto il successo che meritava in quanto donna e per di più le sue opere più note sono poche perché disperse: l’unico a possedere almeno quattro dei sui dipinti è il Museo del Prado a Madrid, in Spagna.

Artiste controcorrente, caparbie, geniali, che passano sotto silenzio a causa di un tempo in cui lo spazio da loro occupato è ancora l’ombra dentro le quattro mura di una bottega. Eppure l’estro di queste pittrici in qualche modo è riuscito a svincolarsi e scivolare tra le intercapedini di quelle stanze, per trovare il proprio spazio e la propria luce, permanendo nei secoli.

Fonte immagine in evidenza: Freepik

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