Poesie di Montale: le 5 più significative

Poesie di Montale: le 5 più significative

Tra le figure di maggiore spicco nel ‘900 italiano c’è sicuramente quella di Eugenio Montale, vincitore del premio Nobel per la Letteratura nel 1975. Le poesie di Montale, infatti, sono tra le più belle e significative della letteratura italiana contemporanea, caratterizzate (come tutta la sua poetica) da temi come l’incertezza e la difficoltà nel cogliere il senso dell’esistenza che appena si intuisce, questo va via.

Poesie di Montale: le 5 più significative

5. Forse un mattino andando in un’aria di vetro

“Forse un mattino andando in un’aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.

Poi come s’uno schermo, s’accamperanno di gitto
alberi case colli per l’inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n’andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.”

La prima delle poesie di Montale è: “Forse un mattino andando in un’aria di vetro“, che appartiene alla raccolta “Ossi di seppia“. In questo componimento è centrale il tema del male di vivere, ma il poeta riprende quella che è una caratteristica propria dei componimenti postmoderni, ossia l’epifania che in questo caso è negativa. Il poeta, infatti, comprende che dietro la realtà non c’è nulla: egli, però, invece di provare tristezza per questo, accetta la sua condizione di essere sofferente nell’universo.

4. Non recidere, forbice, quel volto 

“Non recidere, forbice, quel volto,
solo nella memoria che si sfolla,
non far del grande suo viso in ascolto
la mia nebbia di sempre.

Un freddo cala… Duro il colpo svetta.
E l’acacia ferita da sé scrolla
il guscio di cicala
nella prima belletta di Novembre.”

Si tratta di un componimento che appartiene alla raccolta “Le occasioni“, ossia le poesie di Montale scritte in momenti casuali della giornata, in cui il poeta cerca di capire il significato dell’esistenza. In particolare, questo componimento sottolinea la precarietà della vita umana e la tristezza che gli uomini provano a non potersi rifugiare nei propri ricordi per scappare dalla loro condizione presente.

3. Non chiederci la parola che squadri da ogni lato

“Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l’uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l’ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.”

Anche questo è un componimento della raccolta “Ossi di seppia“. Lo sfondo delle poesie di Montale che appartengono a questa raccolta è il paesaggio della Liguria, ossia la terra natale del poeta. L’obiettivo della poesia è quello di dare una spiegazione al male di vivere ma la mancanza di certezza provoca anche l’impossibilità di dare una risposta a questa condizione.

2. Spesso il male di vivere ho incontrato

“Spesso il male di vivere ho incontrato
era il rivo strozzato che gorgoglia
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.”

Tra le più importanti poesie di Montale, c’è: “Spesso il male di vivere ho incontrato“, che racchiude l’essenza della sua poetica. All’interno di questo componimento, il poeta utilizza il correlativo oggettivo, ossia un espediente per spiegare situazioni senza esporre l’io narrante. Attraverso le figure del rivo, della foglia, del cavallo, della statua, della nuvola e del falco, Montale spiega cosa rappresenta per lui il male di vivere.

1. Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale

“Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.”

Dalla raccolta “Xenia II”, questa è probabilmente tra le più belle poesie di Montale. All’interno della poesia non troviamo più il male di vivere come elemento centrale, bensì il ricordo della moglie che non c’è più. Montale, infatti, attraverso questi versi, ricorda quello che è stato il viaggio della vita compiuto insieme a lei, che si è interrotto troppo presto. 

Immagine in evidenza: Wikipedia

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