I grandi registi teatrali del XX secolo: 7 visionari che hanno rivoluzionato le scene

I grandi registi teatrali

La scena del primo Novecento getta le fondamenta del teatro contemporaneo attraverso la sperimentazione di personalità che, insieme all’insorgere delle avanguardie, le quali rivelano un modo nuovo e inconsueto di rapportarsi all’arte con la contestazione radicale delle forme consolidate, iniziano ad esplorare territori nuovi al grande pubblico, con atteggiamenti provocatori che tendono a scuotere e sgretolare le certezze dello spettatore. Cominciano così a dominare la scena, imponendo una nuova visione dell’arte attraverso il consolidamento della pratica registica e la necessità di una figura creativa che garantisca l’unità dell’opera teatrale, coloro che saranno i grandi registi teatrali del XX secolo.

I 7 grandi registi teatrali del XX secolo

1. Konstantin Stanislavskij

Sin da piccolo, con i fratelli, si misura con la recitazione e l’allestimento fondando il Circolo Aleksev, teatro dedito alla rappresentazione di operette, il quale sollecita un certo interesse, soprattutto per la cura dei dettagli e una spontanea ricerca di autenticità da parte di Konstantin. Nel 1888 fonda insieme ad altri la Società d’Arte e Letteratura, compagnia semi professionale in cui lavora come regista ed attore. La svolta arriva con l’incontro con Vladimir Nemirovič – Dančenko, con cui fonda una nuova impresa artistica ispirata ai principi di autenticità e rigore nella scelta del repertorio, nell’allestimento e nella preparazione degli attori: nasce il Teatro d’Arte di Mosca, che conoscerà un clamoroso successo portando in scena Il gabbiano di Cechov, elaborando cosi un nuovo stile, il realismo psicologico, che ne diverrà la cifra distintiva, così come il metodo Stanislavskij che privilegia il lavoro dell’attore sull’interiorità e la psicologia del personaggio.

2. Edward Gordon Craig

Craig è il primo tra i grandi registi teatrali che sperimenta la figura del regista-artista che riesce a fare a meno del testo, creando il teatro d’idea. Difatti egli, promuovendo il superamento della parola, concepisce i drammi del silenzio, forme espressive che hanno come oggetto non l’uomo ma stati d’animo sollecitati da ritmi spaziali e dal gioco del chiaroscuro. La prima di queste composizioni, The Steps, è un’azione in quattro tempi illustrata da disegni accompagnati da un commento scritto. Craig intensifica la sua sperimentazione teatrale a Firenze dove, nell’Arena Goldoni, progetta gli screens, ovvero alti schermi rettangolari che si muovono nello spazio e che mutano anche con l’uso delle luci, allo scopo di creare una scena dai mille volti.

3. Erwin Piscator

Tra i grandi registi teatrali del XX secolo, Erwin Piscator è uno dei più importanti esponenti del teatro politico nella scena tedesca degli anni ’20. La cosiddetta decisione di ‘combattere politicamente con le armi dell’arte’ viene presa dal regista durante la prima Guerra Mondiale quando, impegnato al fronte, si vota a un nuovo concetto di arte attivo, polemico, politico, e da quel momento lavora con quell’intento per il Teatro Proletario nei locali dei quartieri operai di Berlino. Nel 1924 realizza a Berlino Ad onta di tutto, dedicato alla storia del movimento operaio, in cui realizza un montaggio di sketch teatrali, discorsi autentici, articoli di giornali e manifesti. Oltre alle proiezioni di fotografie della guerra e della rivoluzione del 1918, usa anche immagini filmate, sequenze di materiale documentario proveniente dagli archivi di Stato. Piscator è il primo tra i registi teatrali del XX secolo a usare il cinema nel teatro in maniera creativa.

4. Bertold Brecht

Il teatro popolare secondo Brecht è quello che, a suo parere, risulta comprensibile alle grandi masse, ampliandone le possibilità di conoscenza ed espressione. In questo quadro si inserisce la formulazione del teatro epico, di cui Brecht è il massimo teorico e la cui tecnica fondamentale è quella dello straniamento, ovvero sollecitare l’atteggiamento critico dello spettatore, che avviene facendo in modo che le arti in scena coesistano senza però fondersi. Straniare una vicenda o un personaggio, mette questi sotto una luce inconsueta, spingendo lo spettatore a porsi delle domande, a interrogarsi sulla possibilità di intervenire in una realtà che è presentata come modificabile.

5. Giorgio Strehler

Giorgio Strehler è tra i grandi registi teatrali del XX secolo facenti parte di coloro che sviluppano una regia critica, e rappresenta il caso più emblematico del fenomeno che persegue l’obiettivo di fare del teatro un servizio pubblico e stabile, sostenuto quindi dallo stato e dagli enti locali come bene necessario. Fonda a Milano, con Paolo e Nina Vinchi Grassi, nel 1947, il Piccolo Teatro, dichiarando l’impegno di costruire un autentico Teatro d’Arte per tutti che allestisca spettacoli di prosa di qualità. Egli affronta un vasto repertorio di autori, attraverso i quali prova a realizzare una sintesi tra rigore e divertimento in una tensione intellettuale, in cui il testo è l’occasione per indagare istanze di più ampio raggio che vengono poi tradotti sulla scena.

6. Eduardo De Filippo

Indiscusso protagonista della cultura del Novecento, elabora una scrittura eclettica che è una sintesi di drammaturgia, recitazione e regia. Figlio naturale di Eduardo Scarpetta, proviene dalla tradizione teatrale napoletana e, grazie all’unione di talento artistico e imprenditoriale, si afferma anche all’estero, occupando un posto di rilievo sia nella letteratura che nel teatro mondiale. La fondazione nel 1931 della compagnia ‘Teatro Umoristico’ con i fratelli Titina e Peppino, rappresenta il primo gesto di autonomia artistica e gestionale che coniuga la possibilità di scrivere per sé stessi e per i propri attori, inaugurando una dimensione che non verrà mai più abbandonata. La significativa produzione drammaturgica, nonché l’affinarsi del suo stile recitativo, coincide con l’apertura del San Ferdinando e la successiva formazione della compagnia La Scarpettiana, attraverso la quale egli dichiara la volontà di impegnarsi a mantenere viva la tradizione.

7. Carmelo Bene

Carmelo Bene è tra i grandi registi teatrali del XX secolo che rappresentano un’ eccezionalità che da un lato si allinea al teatro degli anni 60, che si oppone al teatro borghese, e dall’altro non trova espressioni analoghe sul piano creativo con cui confrontarsi. Bene intraprende un’attività teatrale totalizzante che lo conduce verso soluzioni sempre più estreme, con un radicale atteggiamento oppositivo che investe tutti gli aspetti della creazione scenica, tale che l’intero sistema del linguaggio teatrale sia totalmente distaccato da ogni regola prestabilita, in nome di un intervento autoriale che riguarda il testo, la scena e l’attore che vengono assorbiti in un’unica figura su un piano paritario. La regia di Carmelo Bene si caratterizza per la tendenza alla provocazione che mira ad annullare l’aspettativa del pubblico e della critica, di fronte ad un prodotto privo di qualsiasi logica e linearità. Tutto questo tra scandali e sfide.

 

Fonte immagine: Pixabay

A proposito di Costantino Gisella

Sono nata a Napoli nel 1977 e sono cresciuta con la musica di Pino Daniele, i film di Massimo Troisi e il Napoli di Maradona. Ma non sono mai stata ferma e infatti metà del mio cuore e’ nel Regno Unito dove ho vissuto per svariati anni. Dopo l’esperienza all’estero, ho deciso di iscrivermi all’ Università di Napoli “L’Orientale” (sono laureanda in Lingue e Culture dell’Europa e delle Americhe) per specializzarmi in quella che è la mia passione più grande: la letteratura anglo-americana. Colleziono dischi in vinile, amo viaggiare e non rientro mai da un posto senza aver assaggiato la cucina locale perché credo che sia il modo migliore per entrare realmente in contatto con culture diverse dalla mia.

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