Il Fuoriuscito è il grido disperato di Gaetano Salvemini, un essere umano prima ancora che un antifascista
Il Fuoriuscito, spettacolo scritto e diretto da Valdo Gamberutti e interpretato interamente da Nicola Acunzo, è andato in scena per la prima volta assoluta al Teatro di Villa Lazzaroni il 23 maggio maggio 2025, con altri due imperdibili appuntamenti il 24 e il 25.
Lo spettacolo di Gamberutti mette la lente di ingrandimento su uno dei personaggi più importanti dell’intero panorama socio-politico italiano: Gaetano Salvemini. Intellettuale, docente universitario e noto antifascista, fuggito dall’Italia durante il ventennio mussoliniano e diventato un vero e proprio simbolo dell’antifascismo all’estero. Tutto lo spettacolo si incentra sul concetto di “Fuoriuscito”, un termine che i fascisti utilizzavano in termini negativi, per indicare essenzialmente i traditori della patria, gli infami, i buoni a nulla. Ma che Salvemini, rifiutando di definirsi “esule”, utilizzava con un’accezione positiva, quella di un individuo che pur di non sottomettersi al fascismo preferiva vivere lontano dalla propria patria.
Il Fuoriuscito: Nicola Acunzo è Gaetano Salvemini
Nicola Acunzo nelle vesti di Gaetano Salvemini è a dir poco straordinario. L’attore diventa Salvemini in tutto e per tutto e non si fa fatica a convincersi che quell’uomo dalla statura non proprio imponente, dalla faccia simpatica e dalle parole tanto incisive sia davvero Salvemini che parla allo spettatore in quel momento. Lo spettacolo racconta le vicissitudini vissute dall’intellettuale nell’arco di circa 10 anni di dominazione fascista, essenzialmente dalla marcia su Roma del 1922 fino all’amnistia del 1932. Lo stesso Acunzo afferma che andare oltre, spingersi a parlare della vergogna delle leggi razziali, della guerra, dei patti lateranensi, sarebbe inutile, superfluo.
Momenti emozionanti e risate
In circa un’ora e qualche cosa Acunzo riesce a mantenere l’attenzione alta dello spettatore, pur con qualche (normale) scherzetto giocato dalla tensione e dall’emozione della prima assoluta. Non sono rari i momenti da pelle d’oca, da occhi lucidi, ma anche di risate beffarde e altre, più a bocca piena. Il racconto di un tema a dir poco incandescente come quello del fascismo da parte di Acunzo nei panni di Salvemini non si rivela mai pesante, pedante o paternalistico. Uno dei più grandi pregi dello spettacolo, oltre alla grandissima interpretazione di Acunzo sono sicuramente il testo e la regia di Gamberutti. Il monologo recitato da Salvemini racconta il fascismo per quello che è stato davvero: una contraddizione in termini, vero e proprio ossimoro . Un fascismo che incitava la gloria e l’onore del popolo italiano ma che affermava che quello stesso popolo, per essere grande, avesse bisogno di un dittatore. Un regime che scarseggiava di materie prime e che faceva guerra ai popoli vicini per accaparrarsi quelle materie prime. Ma il dubbio sorge spontaneo, come fare una guerra senza materie prime?
Una dittatura che cercava di diffondere internamente e esternamente l’idea di un ordine riportato in un paese di barbari e caproni come quello italiano, ma che per farlo, su ordine di Mussolini o dei suoi più stretti collaboratori, aveva fatto uccidere Matteotti o altri grandi intellettuali, spesso davanti a mogli e figli.
Uno spettacolo necessario
Senza voler dilungarsi oltre con il raccontare uno spettacolo che, più che essere raccontato, deve essere visto, ascoltato, ma soprattutto vissuto, potrebbe essere idoneo chiudere con una frase pronunciata da Salvemini durante lo spettacolo:
“Le vere vittime di un regime non sono i suoi nemici, ma i suoi sotenitori”
Una frase lapidaria, concisa ma pregna di significato. Mentre il Salvemini personaggio legge i giornali scritti e distribuiti dai regime, densi di odio, rabbia e ogni altro cattivo sentimento nei confronti degli oppositori, il professore riflette su come la sua mente non vada alle vittime di tali minacce, quanto a chi, quelle minacce, le abbia scritte, partorite e infine lanciate. Da riflessione su un regime dittatoriale, l’intero spettacolo si tramuta in una macro-riflessione sulla natura umana e sul fatto che i fascisti, quell’umanità, l’abbiano barattata sull’altare di un apparente potere.
Il Fuoriuscito: un monologo per ricordare
Il Fuoriuscito ti colpisce dritto allo stomaco, lo fa senza inventarsi niente, ma semplicemente raccontando come le cose siano andate davvero. Acunzo e Gamberutti non cercano di dare qualsivoglia risposta a quanto sia accaduto o a tutte le sofferenze patite da un intero paese; cercano piuttosto di scolpire nella memoria, una volta di più, quanto il fascismo sia stato una montagna di fango camuffato da castello scintillante. Un regime capace di blandire e ingannare l’Italia intera, ma che figure come Gaetano Salvemini e altri grandi uomini hanno cercato di sgominare, spesso al costo della propria vita, rifiutando di barattare la propria dignità umana in cambio di sicurezza.
Fonte Immagine in evidenza: foto scattata da Giovanni Fede presso il Teatro di Villa Lazzaroni, il 23/05/25, durante la prima dello spettacolo “Il Fuoriuscito”