Stanza con compositore, donne, strumenti musicali, ragazzo | Recensione

Stanza con compositore, donne, strumenti musicali, ragazzo, di Fabrizia Ramondino | Recensione

A distanza di trent’anni della messa in scena di Terremoto con madre e figlia, Mario Martone ritorna a dedicare la sua regia alla scrittrice e drammaturga Fabrizia Ramondino. Dopo la sceneggiatura di Morte di un matematico napoletano scritta da Fabrizia Ramondino e realizzata dalla regia di Mario Martone, la scrittrice sperimenta alcuni testi anche per il teatro, tra i quali spicca Stanza con compositore, donne, strumenti musicali, ragazzo. Lo spettacolo, un dramma suddiviso in tre atti dalla durata complessiva di 70 minuti diretto ancora una volta da Mario Martone e con la collaborazione preziosa di Ippolita di Majo, va in scena al Teatro San Ferdinando dal 5 al 14 maggio ed è interpretato da Lino Musella (il compositore), Laia Forte (la madre), Tania Garribba (la madre della figlia), Totò Onnis (il factotum), India Santella (la figlia) e Matteo De Luca (il ragazzo).

Il teatro della mente di Fabrizia Ramondino: nuovi percorsi espressivi in Stanza con compositore, donne, strumenti musicali, ragazzo

Stanza con compositore, donne, strumenti musicali, ragazzo percorre sentieri espressivi inediti capaci di affrontare e condensare la nostra contemporaneità, rendendo Fabrizia Ramondino un’autrice attuale. Al di là dell’interpretazione magistrale degli attori e del lavoro di regia che ha saputo restituire un lavoro sapientemente equilibrato e strutturato, ancora una volta nella stagione del Teatro Stabile di Napoli si fa la scelta di un lavoro eminentemente filologico che agisce sul Logos soprattutto: ciò che colpisce in modo particolare della pièce è l’impostazione linguistica, l’approccio drammaturgico-testuale, un’operazione che al giorno d’oggi ha la sua complessità ma che allo stesso tempo in questo caso risulta molto interessante.

Infatti, Fabrizia Ramondino in Stanza con compositore, donne, strumenti musicali, ragazzo usa un linguaggio talvolta difficile da seguire che si inerpica su sentieri espressivi apparentemente ostici, ma la cui tortuosità è tradita dalla straordinaria capacità dell’autrice di tradurre le parole in immagini, o meglio, di disegnare con le sue sentenze quadri diretti e violentemente espressivi. E in una società come quella che ci appartiene che vive di immagini, mediatiche e non, un lavoro del genere ha sicuramente il suo fascino. Ma non solo, perché Fabrizia Ramondino combina la drammaturgia con la musica e da qui, appunto, sia il titolo sia lo sviluppo della trama: una stanza, dove un compositore, come se fosse proprio un direttore, dirige la sua orchestra mentale fatta di tutte quelle persone che fanno parte della sua vita, sua madre, sua moglie, sua figlia con il ragazzo e un factotum che gli vende gli strumenti in cambio di tutti i suoi averi. Si mettono in luce legami decadenti, una condizione esistenziale che appare sospesa, ben rappresentata da una scenografia che non ha pareti, come se si perdesse nella misura stessa del palco.

Attraverso tutte queste prospettive, ne risulta uno spettacolo impossibile da identificare in un solo genere, caratterizzato in fin dei conti dallo stesso spirito libero che era proprio dell’autrice. E in Stanza con compositore, donne, strumenti musicali, ragazzo, Fabrizia Ramondino realizza un racconto dal sapore in parte autobiografico ed estende il suo flusso interiore a un sentire comune, vicino a ciascuno di noi, che riesce a parlare alla platea con il suo linguaggio imaginifico.

Fonte immagine: Teatro di Napoli 

A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson nasce il 26 Marzo 1998 a Napoli. Nel 2017 consegue il diploma di maturità presso il liceo classico statale Adolfo Pansini (NA) e nel 2021 si laurea alla facoltà di Lettere Moderne presso la Federico II (NA). Specializzanda alla facoltà di "Discipline della musica e dello spettacolo. Storia e teoria" sempre presso l'università Federico II a Napoli, nutre una forte passione per l'arte in ogni sua forma, soprattutto per il teatro ed il cinema. Infatti, studia per otto anni alla "Palestra dell'attore" del Teatro Diana e successivamente si diletta in varie esperienze teatrali e comparse su alcuni set importanti. Fin da piccola carta e penna sono i suoi strumenti preferiti per potere parlare al mondo ed osservarlo. L'importanza della cultura è da sempre il suo focus principale: sostiene che la cultura sia ciò che ci salva e che soprattutto l'arte ci ricorda che siamo essere umani.

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