Senza Famiglia di Magda Barile al Piccolo Bellini

Senza Famiglia di Magda Barile al Piccolo Bellini

Il Mulino di Amleto, compagnia tra le più interessanti della generazione teatrale moderna e impegnata a svelare la contemporaneità dei classici e la classicità delle opere contemporanee, approda al teatro Bellini di Napoli dal 22 al 27 Febbraio con lo spettacolo, finalista al Premio Scenario 2017, Senza Famiglia di Magdalena Barile, per la regia di Marco Lorenzi.

Nonostante il titolo possa far intendere diversamente, la famiglia è la protagonista della pièce, anzi è proprio una famiglia quella che racconta e si racconta al pubblico. Diversamente da ogni roseo ideale legato alla famiglia, non è un nucleo familiare tradizionale quello che viene portato in scena, bensì la tradizionale impossibilità di aggregazione di un nucleo familiare i cui nucleoni sono infinitamente contrastanti tra loro eppure dipendenti in modo viscerale l’uno dall’altro.

Su uno sfondo nero e buio ad accogliere il pubblico è una donna, una Nonna (un eccelso Angelo Maria Tronca) ribelle e irriverente, figlia degli anni ’70 e delle sue conquiste, intenta a raccontare al pubblico e ai suoi nipoti storie dal finale triste, metafore per insegnare loro a non fidarsi, ad essere ribelli e a protestare per ciò che si vuole. Le storie che racconta ai suoi nipoti, tuttavia, sono opposte a quelle che ha raccontato a sua Figlia che è cresciuta, per ammissione della nonna stessa, con una pessima madre. Ognuno dei personaggi vive la propria crisi personale, ognuno di essi si sforza di apparire, pur sentendo logorare il proprio essere, faticando nell’impresa. La Nipote (Alba Maria Porto) non si vede bella, odia la sua testa per considerarsi sempre così poco avvenente e vorrebbe disfarsene. Il Nipote (Christian Di Filippo) è bloccato nel limbo di una persona che accetta la sua omosessualità e la sua femminilità, ma viene ignorato dai suoi cari. Il Padre (Francesco Gargiulo) reagisce alla sua invisibilità sul posto di lavoro con l’estrema necessità della moglie per ogni minima cosa. Infine c’è lei, la Figlia, Moglie e Madre (Barbara Mazzi), la quale prende la vita con leggerezza, buona per natura, accondiscendente per vizio,  asseconda ciecamente i doveri dei suoi ruoli di moglie e madre il cui unico desiderio è quello di rendere fiera sua madre.

È proprio per lei e per il suo desiderio, unico desiderio non materiale dei suoi familiari, che la Nonna “risorge” per dare delle lezioni di emancipazione, anarchia e trasgressione a sua Figlia. «Ogni vera ribellione nasce con un no. Ogni vera ribellione nasce dall’interno» e ancora «C’è bisogno di una pulizia totale» spiega la Nonna. Da qui si fa sempre più viva l’incomunicabilità e l’impossibilità di comunicabilità tra politiche e sentimenti di generazioni diverse. Infatti, mentre la Figlia/Madre/Moglie è sempre più impegnata nella ricerca di se stessa, ognuno dei suoi familiari diventa sempre più impegnato con il proprio mondo e i propri problemi, un’orchestra senza direttore intenta a produrre melodie distorte in cui ogni suono vuole prevalere e farsi notare dall’altro. Non c’è dialogo diretto, ognuna delle battute è infatti rivolta al pubblico, brillante simbolo dell’irrealizzabilità dell’ascolto e della comunicazione. L’unica persona che ascolta, tuttavia, porta al grottesco fallimento dei discorsi tra generazioni, tra incomprensioni e desiderio di sicurezza.

Geniale la rappresentazione quasi lynchiana, ad opera di un geniale Marco Lorenzi e di un brillante cast di attori, di una pièce spietatamente divertente quanto ironicamente crudele, un horror psicologico in cui niente è come sembra, ma tutto è così chiaro che lo spettatore non può che provare disagio, non solo nelle scene in cui l’effetto di straniamento è ricercato, ma anche nella lenta realizzazione di quanto possa essere deleterio un cocktail di aspettative genitoriali e incomprensioni. Lorenzi, parlando di Senza famiglia dice «è un funerale, è la crisi di un’epoca, è il funerale di un’epoca» ed è proprio questo che riceve lo spettatore: cinque personaggi vestiti di nero che celebrano un lungo funerale di un epoca senza tempo.

E se si parlasse anche della nostra, saremmo ancora disposti a riderne, oppure anche noi ci ritroveremmo ad occhi chiusi a ripetere «io non sono qui»?

Immagine in evidenza: Manuela Giusto

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A proposito di Chiara Leone

Zoomer classe '98, studentessa della scuola della vita, ma anche del corso magistrale in Lingue e Letterature Europee e Americane all'Orientale. Amante dell'America intera, interprete e traduttrice per vocazione. La curiosità come pane quotidiano insieme a serie tv, cibo, teatro, libri, musica, viaggi e sogni ad occhi aperti. Sempre pronta ad esprimermi e condividere, soprattutto se in lingue diverse.

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