Recensione di Un canto di Natale – Processo al consumismo, in scena dal 10 al 12 marzo in simultanea, alla Sala Assoli e al Teatro Sannazaro.
Tutta l’infelicità degli uomini proviene da una cosa sola: dal non saper restare tranquilli in una camera.
Siamo nel 1843, in una Londra ottocentesca, figlia della rivoluzione industriale, quando la penna di Charles Dickens consegna alla letteratura un classico senza tempo che a tutti, almeno una volta della vita, sarà capitato di leggere. Si tratta di Canto di Natale: un vorticoso viaggio nel tempo che che si consuma proprio in una gelida notte di Natale, tra Passato, Presente e Futuro. Protagonista un vecchio avaro, Ebenizer Scrooge, che ha fatto del denaro il suo unico dio, in nome del quale ha sacrificato tutto ciò per cui, invece, vale la pena vivere: affetti, sentimenti, condivisione. Un Paperon de’ Paperoni che, accompagnato da tre spiriti, rivede il Natale passato, la sua infanzia triste e solitaria, e, soprattutto, il Natale futuro in cui nessuna lacrima accompagna la sua morte. Scene che lo segnano al punta tale da convertirlo a una cambiamento radicale.
Una grande storia, con la quale Dickens denuncia la vita che affolla gli agglomerati urbani, l’etica senza scrupoli del lavoro, lo sfruttamento minorile e lo fa attraverso una favola, attraverso un piccolo gioiellino letterario che, con la sola potenza della parola, innesca riflessioni, insinua dubbi e soprattutto, consegna ai lettori verità profetiche.
È proprio dalle suggestioni di questa meravigliosa storia senza tempo che l’ambizioso Progetto Nichel (regia di Pino Carbone), calcandone la struttura, porta in scena Un canto di Natale – Processo al consumismo, un’indagine sul concetto di consumo nel mondo contemporaneo. Una impietosa riflessione che investe la società tutta e l’individuo, nessun escluso, attraverso due sguardi differenti, quello maschile e quello femminile. Negli stessi giorni e negli stessi orari, infatti, è andato in scena in due differenti teatri: in Sala Assoli, con un cast femminile e al Teatro Sannazaro, con un cast maschile.
In una scenografia asettica, fatta di neon colorati e banchi di ferro, si è consumato un processo: sul banco degli imputati, un tale Ebenezer Scrooge, cognome Consumismo, capo d’accusa “bisogno di consumare, di distruggere, di ridurre al nulla mediante l’uso“.
Tre attori (Alfonso D’Auria, Riccardo Marotta, Fabio Rossi), armati di bravura e passamontagna, si muovono sulla scena a scatti, spasmodicamente, mentre alle loro spalle si susseguono immagini simboliche di un presente apocalittico: serre, fabbriche abbandonate, treni senza direzione. Piangono, ridono, urlano, si disperano. Denunciano. Fanno domande, cercano risposte, trovano silenzio.
Il silenzio costringe a pensare.
L’emergenza climatica, la mercificazione, la deriva malata del lavoro, la famiglia confezionata: passato, presente e futuro si ritrovano sul vagone di un treno, che continua a correre senza direzione, tra campi innevati. Un viaggio poco rassicurante verso un futuro poco rassicurante.
Uno spettacolo poco rassicurante che emoziona, turba, strappando lo spettatore dalla sua comfort zone, in cui è anestetizzato dal superfluo, dal divertissement, e costringendolo a guardare in faccia la verità, con cinismo e terrore. Sono gli spettacoli come questo che rispondono perfettamente alla funzione del teatro, spettacoli come questo di cui se ne sente davvero il bisogno.
Applausi.
UN CANTO DI NATALE – Processo al consumismo
da Charles Dickens
di Progetto Nichel
spazio scenico e regia Pino Carbone
cast femminile Anna Carla Broegg, Francesca De Nicolais, Rita Russo
cast maschile Alfonso D’Auria, Riccardo Marotta, Fabio Rossi
drammaturgia Anna Carla Broegg, Pino Carbone
musiche Antonio Maiuri
produttore artistico musicale Marco Messina
costumi Rita Russo
fotografie Raffaele Carro
coproduzione Casa del Contemporaneo, Teatro Sannazaro – Centro di Produzione Teatrale
con il supporto del centro residenziale “L’Oasi” di Silvia Scarpa
Immagine in evidenza: Teatro Sannazaro