Chefchaouen, la città azzurra del Marocco

Chefchaouen, la città azzurra del Marocco

Una città tutta blu. Case, negozi, marciapiedi, luoghi di culto, tutto color del cielo. Non vi preoccupate però, i suoi abitanti non sono alti due mele o poco più.

Si tratta di Chefchaouen, una pittoresca cittadina del Marocco settentrionale, adagiata nella cornice montuosa del Rif, a 110 km a sud ovest di Tangeri.
Considerata per secoli sacra, a Chefchaouen era persino proibito l’ingresso agli stranieri. Solo negli anni 50’ essa si è rivelata al mondo, divenendo una meta turistica (fortunatamente) ancora poco conosciuta.

Per il popolo ebraico si tratta della città blu cobalto, per gli arabi è detta medina azul, la città della grande moschea vietata agli stranieri, per i berberi è la città delle chaouen, ossia la città delle lunghe “corna” di capra (le montagne del Rif) che la circondano. Chefachaouen è “la città azzurra” poiché tutti i suoi edifici, le porte, le finestre, le fontane e le strade sono dipinte nelle diverse tonalità di azzurro: la città è stata dichiarata dall’Unesco Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

Nella “città azzurra” ci si perde tra piccoli vicoli, porte colorate, pulizia e tranquillità, case dipinte di calce blu e bianca, erte stradine. Chefchaouen è un’allegra fusione tra mondo andaluso e mondo marocchino; un felice compromesso che regala un Marocco diverso da quello a cui ci hanno abituati le grandi città imperiali. Quest’incantevole città, spesso, resta fuori dalle rotte di chi visita il Marocco, preferendo Marrakech, Essaouira o Casablanca, eppure ha tanto da offrire. I suoi abitanti sono gli antichi discendenti di musulmani ed ebrei fuggiti dall’Andalusia alla metà del 1400, arrivati fin qui alla ricerca di un luogo sicuro dove poter ricominciare. Il centro cittadino è la piazza di Uta-al-Hamman, dove si trovano la fortezza e una moschea a base ottagonale. La città nuova, invece, è stata costruita più in basso. Si può visitare la piccola Medina (il quartiere antico), con le sue caratteristiche casette blu e bianche, e la Kasba, un congiunto di edifici separati da un giardino centrale, in cui trovano posto una piccola galleria d’arte ed un museo etnografico in cui sono esposte antiche foto della città e costumi tradizionali. Proprio dalle mura del congiunto di edifici si può osservare l’incantevole scorcio sulla Ville Nouvelle, la città moderna, immersa in una rigogliosa vegetazione.

Nei dintorni della città, dove si mangia benissimo, merita poi una visita il parco nazionale di Talassemtane. Straordinario il monte Kela, e bellissime anche le valli profonde e piene di foreste di cedri, querce, ulivi e abeti, in cui vivono moltissime specie animali tra cui macachi e rapaci. Imperdibile l’area naturalistica di Akchour, con il Ponte di Dio, ponte roccioso naturale sospeso a 35 metri d’altezza che il fiume Farda ha eroso durante i secoli, e l’imponente cascata del fiume Kelaa.

Alcune curiosità da Chefchaouen

  • A cosa è dovuto il blu delle pareti degli edifici? Secondo alcuni risale al 1930, ad opera di rifugiati ebrei che dipinsero tutto di blu per rappresentare il cielo e il paradiso; altri sostengono che il colore sia nato per allontanare le zanzare, rievocando la tinta dell’acqua cristallina.
  • Le aspre montagne che circondano Chefchaouen sono famose in tutto il mondo per la produzione di Kif, una droga leggera a base di cannabis che cresce in questa parte del Marocco. Si considera che vi venga prodotto circa il 40% del quantitativo mondiale di hashish, nonché l’80% della cannabis fumata in Europa. 
  • I cunicoli delle strade sono attraversate, come in altre principali città del Marocco, da decine di gatti selvatici.

Chefchaouen, unica nel suo nel suo azzurro.

Nunzia Serino

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A proposito di Nunzia Serino

Nata a Giugliano in Campania (NA) nel 1987, ha studiato Lettere Moderne e Filologia Moderna all'Università degli Studi di Napoli Federico II. Docente di Lettere presso la Scuola Secondaria di I grado e giornalista pubblicista, ricopre il ruolo di Editor e Caporedattrice sezione Cinema e Cultura per Eroica Fenice.

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