Il 29 settembre, nell’ambito della fiera Ricomincio dai libri, si è tenuta la presentazione di “A Napoli con Massimo Troisi. Il napoletano di San Giorgio a Cremano” (Giulio Perrone Editore). Ad ospitare l’autrice Donatella Schisa è stata l’affascinante Sala dei Catasti dell’Archivio di Stato, situato nel centro storico partenopeo.
Sul pulcinella senza maschera si è detto e scritto tanto negli ultimi anni, anche andando contro alla sua proverbiale introversione e timidezza. Il timore – ha spiegato Donatella Schisa durante la presentazione del libro – era proprio quello di elaborare qualcosa di già visto, che aggiungesse poco alla memoria post-mortem di Massimo Troisi. Un timore scacciato al momento della pubblicazione e in particolare a seguito – ha continuato Donatella Schisa – dei commenti positivi di Anna Pavignano, scrittrice e sceneggiatrice che tra le altre cose ha collaborato alla realizzazione dei film dell’artista napoletano, condividendo con quest’ultimo una decennale relazione sentimentale.
Per la stesura del libro, l’autrice ha recuperato l’intera opera dell’artista napoletano, spaziando dunque tra film, sketch, interviste. Sotto la lente sono finite le sue passioni, tra cui quella proverbiale per il calcio e in particolare per il Napoli. Sono così emersi pregi e difetti “nel tentativo di evitare di farne un personaggio quasi idealizzato, appartenente a un altrove lontano, distante, a tratti irraggiungibile”, come si legge nella sinossi di “A Napoli con Massimo Troisi. Il napoletano di San Giorgio a Cremano”.
Il libro non è una biografia. Donatella Schisa ha dedicato all’artista napoletano un viaggio, ripercorrendo e raccontando i luoghi a lui cari: compaiono tra gli altri San Giorgio a Cremano, sinonimo di radici e infanzia; borgo marinari, dove sono state girate diverse scene di “Pensavo fosse amore… invece era un calesse”; l’isola di Procida, che compare in tutta la sua bellezza nel Postino, l’ultimo film firmato Massimo Troisi.
Si racconta che proprio al termine delle riprese Massimo Troisi, all’epoca gravemente malato di cuore e prossimo al trapianto, si congedò dalla troupe con: “Nun ve scurdate ‘e me”. A distanza di trent’anni dalla sua scomparsa, il ricordo resta vivo, intenso, acceso. Troisi è presente nella quotidianità dei napoletani, nei loro gesti, nelle loro espressioni. Gli incontri come quello organizzato nella cornice della Sala dei Catasti lo dimostrano, rappresentando dei momenti di scoperta e di ricordo: trovano spazio aneddoti, curiosità, riflessioni, che si uniscono all’immancabile rammarico per il destino beffardo riservato a uno dei figli più talentuosi che il ventre partenopeo abbia mai partorito.
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