The Covenant di Guy Ritchie | Recensione

The Covenant

The Covenant di Guy Ritchie, la recensione del nuovo film del regista di Lock & Stock e The Snatch disponibile su Prime Video

The Covenant è il nuovo film bellico diretto da Guy Ritchie, autore di pellicole come Lock & Stock – Pazzi e scatenati (Lock, Stock and Two Smoking Barrels, 1998), The Snatch – Lo Strappo (The Snatch, 2002), RocknRolla (2008), Sherlock Holmes (2009), Sherlock Holmes- Gioco di ombre (Sherlock Holmes: A Game of Shadows, 2011) e The Gentlemen (2020).  Jake Gyllenhaal, Dar Salim e Anthony Starr (l’interprete di Patriota nella serie tv The Boys) sono i protagonisti di una storia scritta da Ivan Atkinson, Marn Davies e dallo stesso Ritchie.
The Covenant è uscito nelle sale cinematografiche statunitensi il 21 aprile, mentre in Italia è arrivato il 27 luglio sulla piattaforma streaming Amazon Prime Video. 

The Covenant, la trama del nuovo film di Guy Ritchie

Il film (tratto da una storia vera) è ambientato nel 2018, durante la presenza militare americana in Afghanistan. Il sergente John Kinley è costretto a reclutare un nuovo interprete, dopo aver visto  il precedente morire a causa di un attacco esplosivo dei Talebani. Nonostante la presenza di diversi candidati capaci di parlare (e comprendere) le molte lingue del paese, le truppe americane optano per il giovane Ahmed (famoso per le sue competenze ma considerato un attacca-brighe ed è spesso solito non rispettare gli ordini). Grazie ai consigli dell’afgano, John riesce a salvare la sua truppa da una possibile imboscata dei Talebani, ma i guerriglieri non esitano ad attaccare di nuovo. Ahmed e John si ritrovano da soli in territorio nemico e dovranno combattere pur di sopravvivere.

Jake Gyllenhaal ci offre una bella interpretazione del suo personaggio in The Covenant

The Covenant si divide in due parti. Nella prima ora del film la vicenda raccontata è quella di Amhed che aiuta John a sopravvivere nelle lande sabbiose e nei boschi di conifere dell’Afghanistan. Successivamente la storia prende una piega diversa: è John a tornare nel paese asiatico per salvare Amhed dai Talebani. 

Jake Gyllenhaal torna a rivestire i panni del militare, dopo aver lavorato con Sam Mendes al film Jarhead (2006). Grazie al physique du rôle, alla capacità di girare scene d’azione e di far provare allo spettatore diverse emozioni, l’attore losangelino svolge il suo lavoro nel modo giusto. Certamente siamo lontani dai livelli delle sue esibizioni  in  film come Prisoners di Denis Villeneuve (2013), Demolition-Amare o vivere (Demolition) di Jean-Marc Vallée (2016) e Animali notturni (Nocturnal Animals) di Tom Ford (2016), eppure si rivela il personaggio con cui il pubblico prova più facilmente empatia. Invece, Anthony Starr si dimostra molto abile nel ruolo d’azione, considerando che interpreta uno spavaldo mercenario che aiuterà il protagonista a salvare Ahmed.  

Una svolta nella carriera di Guy Ritchie, un nuovo modo di fare cinema diverso dalle sue prime pellicole 

Da un punto di vista tecnico assistiamo all’ evoluzione stilistica (del tutto inaspettata) del regista britannico, il quale  è famoso per il montaggio da videoclip, lo sviluppo frenetico della storia e la presenza di personaggi bizzarri ma memorabili (come lo zingaro Mickey O’Neil di Brad Pitt oppure lo Sherlock Holmes di Robert Downey Jr.).

La situazione in The Covenant è diversa. Ritchie cambia totalmente stile, preferisce avvicinarsi ad una narrazione più lenta ed elimina molti tratti del suo precedente stile. I personaggi non sono più stravaganti, istrionici, caciaroni o esagerati; piuttosto, vengono presentati come uomini comuni. Non ci sono le star feticcio del regista come Jason Statham, Hugh Grant, Charlie Hunnam o Eddie Marsan, così come un cast principalmente costituito da attori britannici. Mancano anche quei piccoli momenti comici utili a smorzare la tensione causata da un’eccessiva dose di adrenalina.

Christopher Benstead, il quale ha collaborato con Ritchie alla realizzazione del film Furia di un uomo – Wrath of  Men (Wrath of Men, 2021), torna a occuparsi delle musiche. Il compositore riesce a rievocare le musiche tipiche delle culture locali, a quegli scenari desolati di un paese racchiuso nell’Asia centrale. Le ottime scenografie alternano le calde lande rocciose, i piccoli boschi di conifere che offrono un riparo dalla calura, le affollate cittadine afgane, la lurida officina dove lavora la moglie del protagonista e la casa accogliente della famiglia Kinley.

Un buon film da vedere, nonostante sia girato senza uno stile riconoscibile

The Covenant si rivela un buon film di guerra, eppure resta piuttosto anonimo (un problema simile a quello di Sulle ali dell’onore, sempre disponibile su Prime Video). È assente quello stile stravagante che caratterizza i primi film del regista. Non c’è il dramma raccontato in The Hurt Locker (2008) di Kathrine Bigelow,  la violenza in Fury di David Ayer (2014) o l’analisi socio-economica in War Machine di David Michôd (2017) e nemmeno la volontà di far esplodere armamenti militari o palazzi come in 13 Hours: The Secret Soldiers of Benghazi di Michael Bay

Fonte immagine di copertina: Prime Video 

A proposito di Salvatore Iaconis

Laureato in Filologia moderna presso l'Università Federico II di Napoli il 23 febbraio 2024. Sono stato un lettore onnivoro fin da piccolo e un grande appassionato di libri e di letteratura, dai grandi classici letterari ai best-seller recenti, e grande ammiratore dei divulgatori Alberto e Piero Angela. Oltre ad adorare la letteratura, la storia antica e la filosofia, sono appassionato anche di cinema e di arte. Dal 26 gennaio 2021 sono iscritto all'Albo dei Giornalisti continuando a coltivare questo interesse nato negli anni liceali.

Vedi tutti gli articoli di Salvatore Iaconis

Commenta