Briseide, storia della sacerdotessa Troiana di Apollo

Briseide

Briseide, figlia di Briseo, sacerdotessa Troiana di Apollo. È questo il patronimico (ovvero l’espressione utilizzata per indicare il vincolo di un figlio o di una figlia con il proprio padre) che Omero riporta nell’Iliade per la giovane Ippodamia, principessa di Lirnesso, un’antica città della Misia, in Asia Minore, sotto la sfera d’influenza di Troia.

Briseide sposò Minete, re di Cilicia, poi ucciso dal guerriero Achille nella presa di Lirnesso, durante la guerra di Troia. Fu proprio Achille a scegliere Briseide come schiava e amante.

Nell’Iliade di Omero, Briseide viene raffigurata come una bella fanciulla, triste per la morte dei suoi cari e, tuttavia, innamorata di Achille, che l’ama a sua volta. Per questo, quando essa gli viene strappata per ordine di Agamennone che la rivendica per sé, Achille si rifiuta di proseguire a combattere.

Il re dell’Argolide, infatti, aveva scelto come schiava Criseide, figlia del sacerdote di Apollo, Crise. Ma il Dio del Sole aveva scatenato una pestilenza tra l’esercito Greco per indurre Agamennone a liberare la fanciulla. Fu a quel punto che il capo supremo degli Achei pretese di avere Briseide, ma fu costretto allo stesso modo a “restituirla” ad Achille, con molti doni, quando l’eroe decise di tornare in battaglia per vendicare l’amico Patroclo.

Ovidio, nella terza lettera delle Heroides, riprendendo e sviluppando il racconto omerico, immagina che Briseide scriva una lunghissima lettera ad Achille, in cui, dopo aver lamentato di essere stata da lui ceduta ai messi di Agamennone senza opporre resistenza, dichiara che, dopo la morte dei suoi cari, egli è diventato per lei signore, marito e fratello e che senza di lui la vita non ha significato. Gli chiede, perciò, di riprenderla con sé, non importa se come moglie o come ancella.

Briseide compare anche in diverse opere d’arte, come “Pittore di Achille” (un’anfora attica a figure rosse di ceramica dipinta del 450 a.C. circa), “Briseide condotta a forza da Agamennone” (un affresco di Tiepolo del 1757), “Patroclo consegna Briseide agli araldi di Agamennone” (un affresco di Felice Giani degli inizi del XIX secolo) e “Briseide consegnata da Achille agli araldi di Agamennone” (gesso di Antonio Canova sempre dei primi anni del XIX secolo).

Infine, nel libro “The silence of the girls” di Pat Barker, che “ha riscritto l’epica con gli occhi di una donna” (come riportato nella recensione dell’Atlantic), Briseide viene rappresentata come una sorta di “giudice di pace” intenzionata a risarcire le donne (che, durante la guerra di Troia, persero mariti, dignità, figli, diritti) dando loro voce. Ma, soprattutto, è una signora “stufa di ascoltare viaggi e storie sulle gloriose morti degli eroi, perché è tragico anche il destino delle donne che sopravvivono”.

La Briseide di Pat Barker ragiona da individuo che ha un enorme valore, e con l’obiettivo di dire che, nello scontro tra Achei e Troiani, sono esistite anche le donne e sono state carne da macello. Non hanno combattuto corpo a corpo, nei campi di battaglia, ma sono state protagoniste di un altro sacrificio. Un sacrificio che – come osserva ancora l’Atlantic – “non era mai stato raccontato di più, magari con gli stessi toni tragici, epici, sacrali che riservati, per secoli, al sacrificio maschile”.

A proposito di Maria Laura Amendola

Nata a Potenza il 28 giugno 1993, madre australiana e papà Irpino. Impegnata, per diversi anni, in organizzazioni a carattere sociale e culturale, ho prediletto come ambito il femminismo e le battaglie contro le disuguaglianze di genere. Nel 2021, è nata la mia prima opera letteraria, "Una donna fragile", Guida Editori.

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