Il conte Ugolino della Gherardesca è uno dei personaggi che popolano la Commedia dantesca; in particolare, Dante lo incontra nel cerchio dei traditori. La sua storia, intrisa di tradimento, vendetta e disperazione, è un monito sulle conseguenze delle lotte intestine che caratterizzavano la Pisa medievale e le fazioni politiche dell’Italia del tempo. I personaggi cantati da Dante, infatti, non provengono solo dalle tradizioni letterarie, ma anche dalla realtà da lui conosciuta; il conte Ugolino è uno di questi, figura di spicco nelle vicende politiche della sua epoca.
Aspetto | Descrizione |
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Personaggio Storico | Ugolino della Gherardesca, conte di Donoratico, politico pisano del XIII secolo. |
Collocazione nell’Inferno | IX Cerchio, seconda zona (Antenora), tra i traditori della patria. |
Pena (Contrappasso) | Costretto a rodere eternamente il cranio dell’arcivescovo Ruggieri degli Ubaldini, suo traditore. |
Verso Chiave | “Poscia, più che ‘l dolor, potè ‘l digiuno”. |
Chi era il Conte Ugolino della Gherardesca: il personaggio storico
Ugolino della Gherardesca, conte di Donoratico, era signore di una parte del regno di Cagliari e figura di spicco a Pisa. Di appartenenza ghibellina, si alleò poi con la parte guelfa al fianco dei Visconti per questioni legate ai suoi feudi in Sardegna. Le lotte tra Guelfi e Ghibellini rappresentano lo sfondo politico degli eventi.
L’accusa di tradimento e la prigionia
Venne per questo bandito dalla città, ma dopo la battaglia della Meloria del 1284 fu riammesso e creato prima podestà e poi capitano del popolo. Per arginare la guerra contro la lega guelfa, decise di cedere alcuni castelli a Firenze e Lucca. Nel 1288, la parte ghibellina di Pisa, guidata dall’arcivescovo Ruggieri degli Ubaldini, lo spodestò accusandolo di tradimento della patria. L’accusa portò Ugolino alla prigionia fino al 1289, anno in cui fu lasciato morire di fame.
L’arcivescovo degli Ubaldini condannò alla prigionia (nella Torre della Muda) anche i figli di Ugolino, Gaddo e Uguccione, e i nipoti Anselmuccio e Nino; la porta sbarrata venne aperta solo per seppellire i corpi presso il convento di San Francesco a Pisa.
Il Conte Ugolino nella Divina Commedia (Canto XXXIII)
Alla conclusione del XXXII canto dell’Inferno, Dante si trova nel IX cerchio, tra la Caina (traditori dei parenti) e l’Antenora (traditori della Patria). L’incipit del XXXIII canto è fortemente suggestivo: «La bocca sollevò dal fiero pasto / quel peccator…»; l’anima è quella del conte Ugolino, che dilania il cranio dell’arcivescovo Ruggiero degli Ubaldini. La pena segue la legge del contrappasso: avendo tradito la patria, è ora costretto a rodere il cranio del suo nemico.
Nel canto XXXIII, Ugolino narra la sua storia, che culmina con il verso velato e carico di pathos: «Poscia, più che ‘l dolor, potè ‘l digiuno». Ugolino, segregato nella Torre della Fame con i figli, dopo un sogno premonitore viene tenuto a digiuno. La fame lo porta a un gesto estremo: sotto il verso di Dante si cela forse l’atto di cannibalismo verso i suoi figli defunti.
Perché il Conte Ugolino mangia i figli? Il dibattito critico
Il Conte Ugolino mangia i propri figli nell’Inferno perché costretto dalla fame e dalla disperazione. Questa è una rappresentazione simbolica della sua punizione per il tradimento. La questione, però, è molto dibattuta: secondo alcuni critici, Ugolino non si sarebbe cibato dei figli, ma sarebbe morto di fame come loro. Il verso “Poscia, più che ‘l dolor, potè ‘l digiuno” sarebbe quindi da interpretare come “alla fine la fame ebbe la meglio sul dolore”, causandone la morte.
L’articolo è stato aggiornato in data 27 agosto 2025.
Sono un docente di greco e latino.Sono molto interessato alla letteratura italiana soprattutto a Dante.Ho creato un gruppo perchè vorrei tradurre una parte della Divina Commedia in latino. Posso iscriverla .Non la trovo su Facebook.Il mio nome è Luigi Smimmo