Dama Rokujō e il fenomeno del Mono no Ke

Dama Rokujō e il fenomeno del Mono no Ke

In questo articolo vi porteremo alla scoperta di uno dei personaggi più emblematici del capolavoro della letteratura giapponese di epoca Heian, intitolato Genji Monogatari (“La storia di Genji”): dama Rokujō.

Le origini di dama Rokujō

Dama Rokujō (in giapponese Rokujō no Miyasudokoro) è la figlia del Ministro della Sinistra alla corte dell’imperatore. Il suo nome deriva dalla sua residenza stanziata sulla Sesta Strada, nel quartiere della capitale Heian-kyō chiamato Kyogoku. In giovane età viene data in sposa al principe erede al trono e a 16 anni dà alla luce una figlia dal nome Akikonomu. Il suo destino era quello di divenire imperatrice, ma i suoi sogni si infrangono alla morte del marito e il suo ascendente all’interno della corte comincia a diminuire. Le malelingue e l’invidia per la bellezza, la cultura e il potere della donna fanno crollare il suo status ed ella diviene una semplice nobildonna presso la residenza imperiale, mentre sua figlia è mandata a Ise per intraprendere la vita religiosa.

Nel Genji Monogatari

Rokujō compare come personaggio all’interno del Genji Monogatari nel capitolo Kiritsubo e inizia una relazione con il giovane protagonista, Hikaru Genji, prototipo perfetto del cortigiano di epoca Heian. Ella se ne innamora perdutamente ma Genji è riluttante a ricambiare i suoi sentimenti, soprattutto perché ella è molto più grande di lui e i loro ranghi di corte sono troppo diversi: Genji è infatti figlio prediletto dell’imperatore, ma che non può concorrere al trono perché nato da una relazione con una concubina. Inoltre, Genji ama sedurre le donne e Rokujō non può esternare pubblicamente il suo amore per paura di attirare le ire delle altre donne di corte. La dama non può che sopprimere la gelosia causata dalle continue avventure amorose di Genji e il suo matrimonio con la principessa Aoi.
Rokujō compare nuovamente durante le celebrazioni per il Kamo Matsuri nella celeberrima scena del kuruma arasoi, una “battaglia” fra le carrozze dei signori. La carrozza di Rokujō si scontra accidentalmente con la carrozza su cui viaggiano Genji e Aoi, in stato di gravidanza. Ella spera che Genji la noti, ma il giovane principe ignora completamente la sua precedente amante. L’affronto subìto e la vista di Aoi incinta sono un’umiliazione troppo grande per dama Rokujō, e la sua gelosia si tramuta in uno spirito vendicativo che s’impossessa di Aoi.

Nei giorni seguenti la salute di Aoi comincia a peggiorare e il dubbio che essa sia vittima di uno spirito s’insinua fra i nobili a corte. Rokujō viene a conoscenza delle voci che girano sul suo conto e si dichiara innocente, sconvolta all’idea che i suoi sentimenti possano creare un essere tanto malvagio. Purtroppo, le sue convinzioni crollano dopo essersi svegliata da un sogno in cui ella si scontrava con una rivale in amore. Il crollo psicologico di Rokujō, tuttavia, non fa che rafforzare il suo ikiryō e Aoi muore dopo aver dato alla luce un bambino. Sul letto di morte, Aoi subisce una metamorfosi: il suo volto mostra un’espressione languida e la voce che recita una poesia a Genji appare strana alle orecchie del ragazzo. Egli crede che sia Rokujō a parlargli e non comprende le reali intenzioni dietro i gesti della moglie, ovvero il desiderio di essere amata da lui almeno prima di spirare.

Nei capitoli successivi, dama Rokujō si ammala e muore, ma il suo spirito si lega all’amato Genji e lo perseguita accecato dalla gelosia persino nella morte. Lo shiryō tenta anche di assassinare dama Murasaki, la favorita di Genji, con le stesse modalità con cui aveva tolto la vita ad Aoi. Interrogato dal principe, lo spirito confessa il proprio desiderio di essere perdonato per i propri peccati e spera che Genji possa difendere e riabilitare il suo nome per permettere a Rokujō di trovare la pace. Genji accetta e si scusa di aver causato tanto dolore alla donna, così lo spirito scompare per sempre.

Il Mono no Ke di Rokujō

Il mono no ke (物の怪) è un termine che viene utilizzato sia per indicare una categoria generale di spiriti maligni del folklore giapponese, che il processo stesso di creazione dello spirito, il quale può assumere le fattezze di un onryō (spirito vendicativo), ikiryō (spirito di persone ancora in vita) o shiryō (spirito di persone decedute). I mono no ke hanno in genere poteri in grado di far soffrire gli individui di cui si impossessano, di farli ammalare e infine morire.

Tuttavia, dall’interpretazione delle parole di Murasaki Shikibu nel Genji Monogatari, riusciamo a comprendere che dietro la leggenda del mono no ke di dama Rokujō si celi in realtà una reazione da parte del mondo femminile contro i soprusi del sistema poliginico di corte. Non era raro che le donne, schiacciate dalle estenuanti regole della gabbia dorata del palazzo imperiale e dall’opprimente misoginia, finissero col mostrare segni di squilibrio psico-fisico, subito imputati alla possessione spiritica. Infatti, l’attenzione comune non si interessava alla “vittima”, bensì al demone; l’esorcismo era visto positivamente e considerato una forma di “terapia” collettiva per purificare l’intera corte dopo la fuga dello spirito. Il mono no ke diventa quindi una protesta indiretta contro tale mondo, una dimostrazione fisica dell’impulso distruttivo e auto-distruttivo della parte femminile. Attraverso il mono no ke avviene un processo di autoaffermazione e di momentanea inversione dei ruoli di potere nella corte, in cui la donna si trova a soggiogare nella sua follia tutto ciò che la circonda. La paura nei confronti della donna posseduta però non durava a lungo: la società sapeva che il mono no ke sarebbe passato e che lo sfogo avrebbe poi riportato il potere nelle mani degli uomini.

Rokujō in Aoi no Ue

La storia della possessione mortale della principessa Aoi da parte di dama Rokujō è divenuto soggetto per uno dei più famosi drammi di teatro Nō di Zeami Motokiyo, appunto intitolato Aoi no Ue. In esso il monaco Yokawa-no-Hijiri arriva per prestare aiuto a corte e condurre l’esorcismo. Lo spirito di Rokujō si manifesta indossando la celeberrima maschera Nō della han’nya. È proprio da questo dramma che nasce la giustapposizione fra il concetto buddhista della Han’nya (in sanscrito Prajñāpāramitā, la più alta forma di saggezza che condurrebbe all’illuminazione) e la caratteristica omote. Infatti nell’opera, mentre lo spirito viene scacciato, esso grida あらあら、恐ろしの般若声や (“Ara ara, osoroshi no han’nya goe ya”). “Ah! La terribile voce della saggezza!”.

Immagine di copertina: Wikipedia

A proposito di Sara Napolitano

Ciao! Sono Sara, studentessa iscritta al terzo anno del corso di laurea Lingue e Culture Comparate presso l'università "L'Orientale" di Napoli. Studio inglese e giapponese (strizzando un po' di più l'occhio all'estremo Est del mondo). Le mie passioni ruotano attorno ad anime, manga, libri, musica, sport, ma anche natura e animali! Da sempre un'irriducibile curiosa.

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