Hilda Doolittle: profetessa del realismo spirituale

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Hilda Doolittle è stata una delle prime poetesse ascrivibili al movimento dell’Imagismo del primo ventesimo secolo; ad informarla della sua connessione a questo tipo di poesia fu Ezra Pound (che aveva riunito questi poeti in primo luogo e con il quale Doolittle ebbe una relazione), il quale definì Oread di Hilda Doolittle l’esempio supremo di poesia imagista.

Da Oread di Hilda Doolittle, traduzione di Giorgia Sensi:

Turbina, mare –

turbina i tuoi pini appuntiti,

schizza i tuoi grandi pini

sui nostri scogli,

gettaci addosso il tuo verde,

coprici con le tue pozze di abete.

Diverse delle poesie di Hilda Doolittle furono inserite nella prima antologia imagista pubblicata nel 1915 e il suo contributo al movimento è il motivo principale per cui viene ricordata nonostante si sia, dopo non molto, allontanata da questo genere per avvicinarsi ad uno stile poetico più “oracolare” e abbia prodotto opere altrettanto notevoli. La poetessa fu, inoltre, la prima donna a essere medagliata dall’American Academy of Arts and Letters.

Al centro delle opere di Hilda Doolittle c’è sempre un’analisi della propria intensa vita interiore che l’ha, da sempre, portata a rifugiarsi in un esilio permanente ma voluto e senza la quale, nelle sue stesse parole, «si sentirebbe sola».

Il suo stile di poesia venne definito da lei “realismo spirituale”, il cui fine ultimo era scoprire la definizione “finita dell’infinito” e, nel tentativo di conoscerlo, Hilda Doolittle ricercò e applicò alle sue poesie concetti e storie ispirate alla mitologia (in particolare quella greca), la psicoanalisi (fu paziente di Freud) e l’astrologia.

In maniera non troppo diversa da Walt Whitman, tramite la scrittura, Hilda Doolittle tentò di inventare la propria realtà, scrivere la propria personalità e la propria vita e, come Whitman, credeva che tale esercizio potesse far scoprire realtà eterne vere per chiunque e non solo per se stessa e, inoltre, accessibili a tutti grazie all’immaginazione individuale. Tra le varie raccolte di poesie di Hilda Doolittle, ricordiamo la trilogia The Walls Do Not Fall (1944), Tribute to the Angels (1945) e The Flowering of the Rod (1946) in cui al posto di una vera e propria storia sono presentate immagini giustapposte, quasi di ispirazione imagista.

Pericolo, stranamente incontrato, stranamente sopportato, ci segna;

ci riconosciamo 
attraverso simboli segreti,

anche se lontani, muti, 
ci incrociamo nel cammino

anche se sbraitiamo un breve saluto 
o non parliamo affatto,

conosciamo il nostro Nome, 
noi iniziati senza nome,

nati da una sola madre, 
compagni della fiamma.”

Le opere più belle di Hilda Doolittle sono probabilmente quelle di ispirazione mitologica, in particolare Helen in Egypt, complessa e visionaria. La poetessa morì il 27 settembre 1961 e sulla sua tomba è incisa una delle sue prime poesie, Epitaph. Anni dopo la sua morte, durante l’esplosione della critica femminista negli anni ’70, vi fu un rinnovato interesse nei confronti della poetessa che finalmente ricevette più riconoscimento per la sua arte oltre che per il suo primo periodo imagista.

Fonte immagine in evidenza all’articolo: Wikipedia

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