Ichigo ichie (nella sua versione originale 一期一会) è una parola legata al buddhismo Zen e prende le sue origini dalla cerimonia del tè. Il suo significato potrebbe essere tradotto come “per un arco di tempo, un’opportunità” e sta ad intendere proprio il fatto che per ogni istante vissuto ci sia, per ogni “volta”, un’opportunità irripetibile a cui non possa essere concesso un altro di quegli istanti.
一期一会 è una consapevolezza che ha sfiorato tutti, tendenzialmente, nell’arco della vita. Essere nel momento presente è una condizione anche ricercata dai più, se non nell’esistenza in generale, in piccole frazioni di libertà riservatesi. Potrebbe essere identificato in quella cosa che si “insegue” nella ricerca del contatto col mare, o con la natura in generale, oppure potrebbe essere direttamente trovato in uno spazio di silenzio.
Può cogliersi 一期一会 mentre si sta lavorando a qualcosa che richieda capacità intellettuali, mentre si prova ad “attrarre l’ispirazione”, o nello svolgimento di atti manuali mentre con la mente ci si lascia andare. Può arrivare durante un momento di estrema coscienza del fatto che le persone che si stanno vivendo in quell’attimo in poco tempo non ci saranno più, mentre si sta godendo di una sorpresa o di un regalo speciale (ricevuto o donato), e in tutte quelle occasioni in cui ci si ponga in una posizione di ascolto in senso ampio.
Sono fortunatamente innumerevoli gli attimi di bellezza in cui sia possibile essere attraversati dalla consapevolezza dell’ichigo ichie, anche non conoscendone origini e “definizioni” – significa accogliere le sfumature della vita in modo che non passino inosservate ma che ci attraversino.
Le origini della cultura dell’ichigo ichie
Volendo osservare più da vicino la cultura dell’ichigo ichie, si tratta – come anticipato – di una filosofia che prende origine dalla cerimonia del tè. Inizialmente fu un uomo di nome Murata Shukō a trasformare il momento di degustazione del tè da un semplice incontro tra amici ad un momento delicato di condivisione tra poche persone.
Dopo di lui fu Sen no Rikyu, monaco buddhista giapponese del sedicesimo secolo, ad arricchire il concetto della cerimonia del tè, trasformandola in un vero e proprio rito e rivoluzionando anche la struttura della rispettiva sala. In quest’ambito (così come indicato anche nel testo “Ichigo ichie” di Héctor Garcìa e Francesc Miralles) venne coniata la parola wabi, proprio da Sen no Rikyu, insieme a Takeno Joo e a Murata Juko, ed ebbe origine la cerimonia del tè conosciuta come wabi cha.
Il wabi cha mette al centro la semplicità con l’utilizzo di strumenti minimalisti e l’essenzialità del luogo di svolgimento della cerimonia. Ciò che è fondamentale è che venga creato un ambiente neutro, che impedisca di fuggire nel passato o nel futuro, obbligando dunque a rimanere concentrati nel presente. Ognuno dei cinque sensi deve essere focalizzato su quello che accade durante la cerimonia, poiché è l’unico modo per godere in toto del momento.
Dalla cerimonia del tè l’inchigo ichie è diventato un concetto universale, utile a definire un più alto livello di attenzione nelle cose del quotidiano, ed è sempre più semplice da comprendere ma più delicato da attuare concretamente, quanto fondamentale, in una società che spesso abitua a riempire gli attimi più che ad essere presenti in essi.
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