La cerimonia del tè: l’arte della cha no yu

La cerimonia del tè: l'arte della cha no yu

In questo articolo vi presenteremo una delle arti zen giapponesi più affascinanti, che ha saputo valicare i confini del Paese del Sol Levante e attirare a sé moltissimi appassionati: la cerimonia del tè, o più specificamente, la cha no yu (茶の湯, “acqua del tè”).

 

Le origini

 

È sicuramente di origine cinese la pratica di una cerimonia del tè formale e ben strutturata per accompagnare il momento della consumazione del tè. In Giappone, la pianta di questa particolare bevanda, e consumata come maccha (o matcha, 抹茶), fu importata dal monaco tendai Eisai e presso il tempio Saidai si tenne, nel 1282, la prima ōchamori (大茶盛), un’antenata della cerimonia del tè ufficiale e in essa si sottolineavano gli aspetti spirituali di tale pratica.
Nel tardo periodo Heian, tra gli aristocratici si diffuse anche la cosiddetta tōcha (闘茶), una gara molto sfarzosa in cui i partecipanti si sfidavano ad indovinare la tipologia e la provenienza delle piante da tè consumate in quell’occasione.

 

I riformatori della cerimonia del tè

 

Nel XV secolo, furono due i monaci zen rinzai a elaborare il cerimoniale chiamato chadō (茶道): Murata Jukō e Ikkyū Sōjun, rispettivamente allievo e maestro. Il loro principio fondamentale era quello di leggere il Dharma buddhista anche mentre si sorseggiava il tè, dunque decisero di eliminare gli inutili orpelli e ostentazioni di lusso e ricchezza, che avevano caratterizzato in precedenza la tōcha, per ritornare ad una dimensione di semplicità e rigore. Sotto lo shogunato dell’ottavo capo del clan Ashikaga, Yoshimasa, Murata Jukō fu invitato a mostrargli le nuove tecniche della cha no yu nello splendido palazzo Ginkaku-ji (Padiglione d’argento, 銀閣寺), considerato luogo della nascita ufficiale della cerimonia del tè. Murata fu ideatore del chashaku in bambù e ridusse le dimensioni del tatami su cui avveniva la cerimonia a quattro stuoie e mezzo, egli ridusse gli utensili di cui servirsi, introdusse i kakemono (掛物) scritti o disegnati da maestri zen all’interno della stanza, e fu promotore dello hiesabi, vale a dire la predilezione di oggetti già largamente usati rispetto a quelli nuovi di zecca. Murata fu anche il teorico della wabi-cha (侘茶), lo stile tipico della cerimonia del tè in cui la sobrietà e la semplicità del wabi si oppongono alla violenza e alla sontuosità del basara, ideale propugnato dallo shōgun Toyotomi Hideyoshi.
La seconda grande personalità dietro l’evoluzione della cerimonia del tè fu un allievo di Murata, Takeno Jōō, il quale apportò ulteriori modifiche alla dottrina del maestro grazie allo studio della poesia waka e del kōdō, la “via dell’incenso”. Egli eliminò gli scaffali su cui venivano riposti gli oggetti e li posizionò direttamente sul tatami, introdusse un toko no ma (床の間) composto solo da legno grezzo e cambiò la posizione del ro, in modo tale che esso si trovasse direttamente nella stanza, in accordo con la cultura contadina.
Terzo maestro fu Sen no Rikyū, inizialmente funzionario presso lo shōgun Oda Nobunaga e poi Toyotomi Hideyoshi. Egli codificò formalmente i precetti della wabi-cha e fu promotore del rituale della cerimonia del tè anche fra la popolazione meno ricca. Egli, grazie al sostegno di Toyotomi, organizzò un grande incontro sulla cerimonia presso il santuario shintoista Kitano Tenman-gū, dove accorsero centinaia di persone di ogni estrazione sociale. Sen no Rikyū è passato alla storia anche per la sua morte, voluta proprio da Toyotomi, che lo obbligò a suicidarsi tramite seppuku, a causa di diverbi di cui ancora oggi non si conosce l’effettiva natura.

 

La chashitsu e la cerimonia

 

Non sarebbe un errore dire che la stanza dove si svolge la cerimonia del tè, la chashitsu (茶室), e lo stesso rituale siano purissima espressione dell’estetica e della filosofia zen. La stanza deve richiamare una dimora del vuoto, deve essere spogliata di ogni orpello futile, una dimora in cui la creatività non è vincolata ad attaccamenti della vita mondana. Le persone che vi accedono, accettano momentaneamente di contemplare il vuoto e di sperimentare il mu-shin (無心, “assenza di cuore/spirito/mente”). Attraverso esso si abbandona “il pensiero ruminante e giudicante” per arrivare ad approcciarsi nel modo più totalizzante possibile sia con oggetti che con le persone; il vuoto dello spazio corrisponde così al vuoto della mente. Nella chashitsu bisognava entrarvi disarmati e tutti in essa erano considerati uguali, dovevano inginocchiarsi e sottostare alle medesime regole.
Per accedere alla chashitsu, occorre entrare da una piccola porta posta in basso, la nijiriguchi (躙口), che obbliga tutti a piegarsi in segno di umiltà, e si accede ad uno spazio che lascia l’impressione di un totale distacco dal mondo esterno. L’interno è caratterizzato da una luce soffusa che proviene dalle finestre schermate; sul lato vi è la toko no ma, una nicchia su un tatami sopraelevato, che presenta un disegno o una scritta donata da un maestro di calligrafia e una composizione floreale, detta chabana (茶花), che cambia in base alle situazioni e alle stagioni. Lateralmente alla toko no ma si trova il toko-bashira (床柱), un palo di legno grezzo, che spesso sorregge la chabana. Gli invitati alla cerimonia del tè si dispongono in ordine e la persona più in vista si pone per prima, poi dalla classica porta scorrevole delle case giapponesi entra il maestro cerimoniere, chiamato teishu (亭主), inginocchiato in posizione seiza (正座).
Esistono varie tipologie di cerimonie del tè, che possono durare di più o di meno a seconda della loro complessità e in esse possono variare anche gli oggetti utilizzati.

La cerimonia del tè più breve è detta usucha (tè leggero) e consiste dei passaggi e momenti che vi andremo ad illustrare:

• Vengono posizionati gli utensili e si comincia con la preparazione della bevanda nella chawan (tazza);

• I commensali sono invitati a consumare un dolce;

• Vengono posizionate le tazze e il primo chiede il permesso di potersi servire alla persona successiva;

• Il commensale ruota la tazza in modo da esporre lo shōmen (rifinitura sulla tazza) al teishu, poi egli beve a brevi sorsi il tè;

• Il commensale pulisce i bordi della tazza e la ripone davanti a sé, quindi il teishu la lava;

• Tutti i commensali bevono il tè, poi il primo richiede di osservare gli oggetti, come il contenitore del tè e il cucchiaino di bambù;

• Anche gli altri ospiti fanno lo stesso e per ultima è osservata la tazza;

• Al primo commensale può essere richiesto di denominare lo chashaku (il cucchiaino) con un nome poetico;

• Il teishu ritorna alla posizione iniziale, si inchina profondamente con gli ospiti e va via.

 

Terminologia della cerimonia del tè

 

Chaki (茶器): recipiente per il tè, si suddivide in chaire e natsume;

Chakin (茶巾): salvietta per pulire la tazza dopo averla lavata;

Chasen (茶筅): frullino per creare la sospensione di tè nell’acqua bollente quando si prepara il maccha;

Chashaku (茶杓): cucchiaino di bambù usato per prendere il tè dal chaki e metterlo nella tazza;

Fukusa (袱紗): fazzoletto usato per pulire il chashaku e il chaki;

Fukusa-basami (袱紗ばさみ, anche 帛紗ばさみ): astuccio degli ospiti;

Furo (風炉): braciere appoggiato sul tatami;

Futaoki (蓋置): appoggio per lo hishaku;

Gotoku (五徳): treppiede in ferro dove poggia il kama all’interno del ro;

Hashi (箸): bacchette di legno per gli ospiti;

Hibashi (火箸): grandi bacchette in metallo utilizzate per disporre i carboni nel braciere;

Higashibon (干菓子盆): vassoio per dolci secchi tipico della usucha;

Hishaku (柄杓): mestolo di bambù utilizzato per prendere l’acqua calda o fredda;

Kaishi (懐紙): tovaglioli per gli ospiti;

Kashi-yōji (かしようじ): piccolo coltello di metallo per tagliare i dolci;

Kama (釜): bollitore per l’acqua;

Kensui (建水): recipiente per l’acqua di lavaggio;

Kobukusa (古帛紗): fazzoletto su cui appoggiare la chawan;

Koita (小板): tavoletta di legno posta alla base del furo;

Kuromoji (黒文字): piccolo bastoncino di legno che l’invitato usa per prendere i dolci;

Mizusashi (水差): recipiente per l’acqua fredda;

Ro (炉): buca quadrata in cui si pone la kama;

Sensu (扇子): ventaglio che viene usato in genere come segnaposto;

Shifuku (仕覆): sacchetto di broccato entro cui si ripone il chaire;

Shōmen (正面): punto grafico o segno della parte esterna della chawan utilizzato per orientarla.

Immagine di copertina: Pixabay

A proposito di Sara Napolitano

Ciao! Sono Sara, studentessa iscritta al terzo anno del corso di laurea Lingue e Culture Comparate presso l'università "L'Orientale" di Napoli. Studio inglese e giapponese (strizzando un po' di più l'occhio all'estremo Est del mondo). Le mie passioni ruotano attorno ad anime, manga, libri, musica, sport, ma anche natura e animali! Da sempre un'irriducibile curiosa.

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