Iconografia cristiana: un viaggio nell’arte medievale

Iconografia cristiana: un viaggio nell'arte medievale

Storicamente, in quasi ogni materia di studio, il Medioevo è sempre stato considerato come il “secolo buio” della storia umana; lo stesso Giorgio Vasari – pittore, architetto e scrittore, indubbiamente una delle menti più brillanti del XVI secolo – l’aveva definito tale nei suoi scritti. Eppure, se si va oltre le apparenze e ci si sforza anche solo un minimo di lasciarsi indietro tutti i pregiudizi sull’arte medievale, ci si può facilmente rendere conto di come in realtà la concezione che essa sia spoglia e carente in ogni ambito non potrebbe essere più falsa e che c’è molto da esplorare e da imparare. Uno dei suoi elementi più interessanti, ad esempio, è l’evoluzione dell’iconografia, e soprattutto dell’iconografia cristiana: infatti, la maggior parte delle rappresentazioni odierne dei personaggi della Bibbia vengono proprio da questo periodo. Iniziamo dunque con il chiarire cosa sia l’iconografia per poi fare un breve viaggio nel tempo per scoprirne i segreti.

Un viaggio nell’iconografia cristiana

La parola iconografia deriva dal greco εἰκονογραϕία («rappresentazione figurata», composto di εἰκών –όνος, «immagine», e –γραϕία, «grafia»); la si può definire una disciplina che si occupa di indagare il significato delle immagini, cercando di identificarne i soggetti e le fonti – generalmente miti, leggende, storie sacre e fatti storici – da cui essi derivano. Nel periodo medievale la si può riscontrare nella costante presenza sia di simboli (molto spesso pagani) riutilizzati in contesti cristiani, sia di allegorie e metafore facenti riferimento appunto alla Bibbia e alle storie e personaggi dell’Antico e Nuovo Testamento; da ciò, iconografia cristiana.

La prima tappa di questo nostro viaggio nella storia dell’iconografia cristiana sono le catacombe, strutture sotterranee utilizzate come cimiteri fin dal II secolo d.C., quando a Roma il cristianesimo era illegale e dunque non lo si poteva professare pubblicamente. Sui muri di queste strutture si possono trovare innumerevoli simboli con i quali il cristianesimo odierno ha ancora familiarità, come ad esempio il chi-rho – la p (lettera greca rho) intersecata con una x (lettera greca chi) – spesso posto tra un’alfa e un omega ad indicare che Cristo è sia l’inizio che la fine di tutto.

Ovviamente, si possono trovare anche rappresentazioni vere e proprie, le più interessanti delle quali le immagini raffiguranti i santi, la cui struttura tende a non cambiare: due personaggi, il santo e il committente; un’iscrizione che fa da perenne invocazione; e dei simboli posti accanto alla figura del santo – molto spesso, gli oggetti con cui vennero uccisi – che assieme ai suoi attributi fisici principali aiutavano la popolazione a capire la sua identità.

Uno spazio particolare deve però essere senza dubbio dedicato alla rappresentazione nell’iconografia cristiana di Cristo: in origine, infatti, lo si trova rappresentato come due dei personaggi più famosi dell’antichità classica, ovvero il dio Apollo – dio greco-latino dell’arte, della musica, della medicina e, cosa più importante, del Sole – ed Orfeo – il leggendario poeta che scese nell’Ade per tentare di riportare inutilmente la sua amata Euridice in vita, che ammaliò tutte le creature al suo interno dimostrando il suo potere su anche la più temibile di esse, e che effettivamente ne uscì vivo.

Un ultimo simbolo dell’iconografia cristiana degno di nota è quello della mandorla, anche detta vesica piscis, che rimanda a tre concetti:

  • Alla ferita inflitta al costato di Cristo, in sé un riferimento alla Passione;
  • All’unione tra la terra ed il cielo (ovvero tra noi e la verità superiore, oppure tra la dimensione terrena e quella divina), tramite appunto l’intersezione di due cerchi i cui centri sono sulla circonferenza opposta;
  • Per la sua peculiare forma, una vulva, riferimento all’utero della Vergine, dal quale è nato Cristo (rimandando al fatto che è la donna che dà la vita).
Iconografia cristiana: Cristo in trono in una mandorla (fonte: Wikipedia)
Fonte: Wikipedia

L’iconografia cristiana dopo l’Editto di Milano

Nel 313 d.C. Costantino emana l’Editto di Milano, con il quale il cristianesimo diviene la religione ufficiale dell’Impero Romano. I cristiani, dunque, non avendo più motivo di pregare in segreto nelle catacombe, iniziarono a praticare la loro religione liberamente e a radunarsi nelle basiliche civili, in origine luogo di assemblee di ogni tipo; per questo, venne modificata la loro struttura: una delle due absidi venne rimossa e l’entrata venne spostata dal lato dell’edificio a dove è posta ancora oggi. Inoltre, viene data una maggiore importanza alla teofania, ovvero alla manifestazione sensibile della divinità; è interessante come essa e l’iconografia cristiana non si limitino soltanto alla rappresentazione di simboli e personaggi ma anche di luoghi, il più famoso dei quali è la Gerusalemme Celeste: nel contesto dell’iconografia cristiana, viene presentata in varie rappresentazioni che si possono ritrovare nelle varie chiese e basiliche medievali come un edificio costituito interamente da innumerevoli gemme preziose, materiale col quale si vuole che la Gerusalemme Celeste fosse appunto stata creata.

L’elemento che fa funzionare questa scelta costosissima e particolare è l’abilità degli architetti medievali di saper utilizzare la luce naturale come elemento iconografico: essa, infatti, rifletteva sulle gemme, rendendo l’ambiente splendente e richiamando appunto lo splendore del luogo a cui si alludeva. Essa poteva anche essere usata per alludere al fatto che Dio illumina la via del fedele – facendola entrare da una grande finestra dietro l’altare e facendola illuminare completamente la navata centrale e il percorso dal peccato (entrata) a Dio (altare) – oppure per alludere alla Trinità – facendola entrare da dietro l’altare tramite tre finestre (una per il Padre, una per il Figlio e una per lo Spirito Santo), attraversate le quali ritornava ad essere una (simboleggiando il fatto che la Trinità siano tre Persone in uno).

Non è raro che nell’iconografia cristiana la luce venga anche rappresentata dagli artisti in maniera allegorica tramite uno sfondo completamente dorato (il quale a sua volta indica che la scena mostrata dal mosaico sta avvenendo in una dimensione divina). Quando la luce è associata direttamente a Cristo, inoltre, può venire rappresentata tramite un bordo nero che circonda la mandorla in cui Egli è rappresentato: ciò fa riferimento ad una luce così abbagliante da diventare paradossalmente nera.

Un’altra rappresentazione tipica dell’iconografia cristiana delle basiliche è il Cristo Pantocratore (dal greco Χριστός Παντοκράτωρ, composto dell’aggettivo πάς – πάσα – πάν, «tutto», e del verbo κράτειν, «dominare con forza, avere in pugno», letteralmente «Cristo creatore del tutto»), ovvero una rappresentazione di Cristo benedicente, con le tre dita della mano destra (secondo l’uso ortodosso), frequente nelle decorazioni musive delle cupole e dei catini absidali delle chiese. Nella mano sinistra tiene il Vangelo, che può essere sia chiuso o aperto; se è aperto, è possibile leggere una di queste due frasi: «Io sono l’Alfa e l’Omega» (parole apocalittiche) oppure «Io sono la luce del mondo» (parole salvifiche).
Spesso ai lati sono raffigurati San Giovanni Battista e la Vergine, che si rivolgono a Cristo in atteggiamento supplice: il primo prega per l’umanità vissuta prima della Sua venuta, la seconda per coloro che hanno vissuto e stanno vivendo e che vivranno dopo di essa. Lo sfondo è generalmente color oro, per indicare che il luogo dove la scena si svolge non è nella sfera terrena ma divina.

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