Il mito di Prometeo nella letteratura mondiale

Il mito di Prometeo nella letteratura mondiale

Il mito di Prometeo trova le sue origini nell’antica civiltà greca, il nome del personaggio, dal greco Promethèus, significa “colui che riflette prima” o “colui che riflette prima di agire

Il mito di Prometeo, riscritto da quasi tutta la letteratura mondiale, fu trattato con grande rilievo da Esiodo, che ne fu forse il creatore.
Secondo il mito narrato all’interno della “Teogonia”, Prometeo, figlio di Giapeto e dell’oceanide Climene, pur essendo un titano, decide di sfidare gli dèi rubando loro il fuoco per darlo agli uomini e di conseguenza subisce la punizione di Zeus, il quale lo fa sprofondare nel Tartaro.

Le interpretazioni della figura prometeica sono state tante, ma possiamo certamente affermare che il mito di Prometeo prevalentemente viene utilizzato per rendere conto delle caratteristiche umane del titano, della capacità creativa ed è stato anche più volte indicato come amico del progresso e dell’umanità

Si noti che la figura di Prometeo è stata, nei secoli a venire, oggetto di studio da parte di grandi filosofi e letterati della letteratura mondiale, i quali hanno spesso rielaborato e riscritto la storia di questo personaggio inserendolo in situazioni piuttosto differenti: è per questo motivo che si parla della “riscrittura” del mito.
Il motivo di tale fenomeno è da ricercare sicuramente nel modo in cui il personaggio di Prometeo viene interpretato in relazione agli uomini: Platone, ad esempio, commenta il mito di Prometeo parlando del protagonista come “colui che ha creato l’uomo dall’argilla”; ancora, il suo personaggio viene elogiato da molti scrittori e intellettuali nella sua accezione di spirito ribelle, è indicato più volte come trasgressore nei confronti degli dèi e del potere, e al contempo, benefattore nei confronti della stirpe umana.
Interessante è la punizione che viene riservata a Prometeo nella riscrittura di Eschilo, grande tragediografo greco, nel suo “Prometeo Incatenato” che è la stessa che ritroviamo anche nel libro I de “Le metamorfosi” di Ovidio.
Eschilo narra che, dietro ordine di Zeus, Efesto incatena Prometeo ad una roccia ai margini del mondo civilizzato dove Zeus comanderà ad un’aquila di tormentalo mangiandogli il fegato, organo, nel mito, in grado di rigenerarsi durante la notte, condannandolo così a questo supplizio atroce che terminerà, nella versione ovidiana, dopo trentamila anni quando Eracle uccide l’aquila con una sua freccia.

La figura di Prometo è definibile sicuramente polisemantica e poliedrica ed è proprio questo il motivo che ha spinto letterati e filosofi della letteratura mondiale a farne grande uso: inizialmente prevalsero le teorie secondo cui Prometeo era una figura negativa, venne esaltata dunque soprattutto la sua invidia ma poi, grazie alle prime riscritture tra cui anche quella di Eschilo, Prometeo è stato poi liberato da questi pregiudizi ed è stato sempre più accolto come sostenitore del progresso umano, della libertà e infine, nell’età moderna, in particolare durante il periodo romantico inglese, è stato interpretato anche come un possibile sostenitore del progresso delle scienze

Anche nel panorama della letteratura Italiana Prometeo sarà il protagonista di molte opere letterarie e artistiche, si ricordino le “Operette morali” del grande scrittore ottocentesco Giacomo Leopardi, il quale intitolerà una delle operette “La scommessa di Prometeo”; è interessante notare che Leopardi sceglie proprio la figura di Prometeo, che in quel periodo in contesti nazionali diversi veniva scelta in quanto rappresentativa del progresso umano e civile, per costruire invece un dialogo teso a criticare le posizioni antropocentriche che in quell’epoca circolavano, e soprattutto per sconfessare il mito del progresso riconoscendo la perversione e la malvagità dell’uomo.

Prometeo, titano sostenitore del progresso della civiltà viene trasformato da Leopardi in colui che sconfessa il suo stesso mito: è qui che risiede l’interesse della comparatistica che ha anche la funzione di notare come uno stesso motivo sia trattato, elaborato e infine percepito dapprima dagli scrittori e poi dal pubblico delle diverse nazioni in un panorama di “Weltliteratur” ossia, letteratura mondiale, di cui ci parla Johann Wolfgang Goethe nel suo “Divano Occidentale Orientale”.
In dialogo con l’operetta di Leopardi, che sancisce il fallimento dell’invenzione del titano, ricordiamo che lo stesso Goethe scrisse, nella fase sturmeriana, un poemetto o inno di 57 versi intitolato “Prometeo“ dove il titano ci viene presentato nella sua condizione solitaria e conflittuale con la stirpe divina, rifiutando dunque la sua stessa stirpe e mostrandosi invece desideroso di crearne una a sua immagine e somiglianza: Goethe ci presenta la figura di Prometeo come quella del creatore, si inserisce nel panorama della letteratura mondiale rifacendosi alla riscrittura del mito e non distaccandosi dunque dalle rielaborazioni fornite da Ovidio, Platone, Esiodo o Apollodoro.
Goethe e Leopardi, rappresentati di culture letterarie di due nazioni diverse, la Germania e l’Italia, sono però in connessione: in entrambi i casi, il Prometeo viene presentato come colui che ha voluto creare una stirpe a sua immagine e somiglianza ma non è una stirpe ideale, infatti, si noti nell’opera di Goethe intitolata “Inno a Prometeo”vv 50-54:

“..Io sto qui e creo uomini
a mia immagine e somiglianza,
una stirpe simile a me,
fatta per soffrire e per piangere..”

Crediti immagine: Pixabay

A proposito di Christian Izzo

Studente di lingue e letterature, amante della letteratura e dell'arte in ogni sua forma.

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