La figura della gru nell’immaginario giapponese

La figura della gru nell'immaginario giapponese

La figura della gru è molto cara al Sol Levante, così come all’Estremo Oriente nella sua interezza.

Non solo in quanto specie da proteggere e preservare, ma anche per il ricco simbolismo ed immaginario che questo animale porta con sé. È stata per molto tempo fonte di ammirazione per la sua leggiadria e movenze, così come per le sue consuetudini mistificate e riproposte come ispiratrici e da modello. Dal folklore alla rappresentazione artistica, fino alle arti marziali.

Se notiamo bene, è piuttosto usuale ritrovare numerosi collegamenti, anche espliciti, all’immaginario della gru: in Tibet esordì uno stile di Kung Fu coltivato fino ai giorni nostri, chiamato Pak Hok Pai, ovvero “stile della gru bianca”.

Origini di rinomata forma di combattimento sono da ricondursi intorno al Quattrocento in terra tibetana. Si narra che il fondatore dello stile, dopo aver ascoltato delle grida ed essersi condotto sul posto, avesse avvistato una scimmia attaccare una gru, che a sua volta, grazie a momenti tanto precisi quanto elusivi, riusciva sempre a schivare ogni colpo del mammifero, dandosi poi al contrattacco con il suo becco. Da qui la forte ammirazione ed ispirazione che avrebbe poi inaugurato un nuovo stile che ha, come tanti altri, un lungo excursus storico e genealogia.

Vi è poi il pugilato della gru, in cinese Hequan 鹤拳. Pensiamo alla famosa saga di film d’animazione Kung Fu Panda: tra i protagonistì c’è una gru.

Al di là di tale digressione, ciò che a noi interessa considerare, è quanto questa mistificata creatura sia stata, come anticipato a priori, canone per la società orientale.

All’interno dell’articolo presenteremo e approfondiremo circa la figura della gru, in relazione al territorio nipponico.

Le gru in Giappone

Quando si parla di gru care al suolo giapponese, si allude più precisamente alla specie mancese che va sotto la classificazione scientifica di Grus Japonensis, in Giappone chiamata tanchouzuru丹頂鶴, ovvero “gru dalla corona rossa”. In quanto specie a rischio d’estinzione, sono state adottate le giuste precauzioni, evitando che tali volatili divenissero semplice ricordo. Oggi è possibile avvistarne una soddisfacente concentrazione nei pressi della città di Kushiro, in Hokkaido, l’isola più a nord del Sol Levante.

Nell’immaginario giapponese, si pensa che le gru possano arrivare a vivere oltre i mille anni, per trasportare le anime in paradiso. Il numero 1000, come vedremo fra poco, rivestirà una posizione cardine.

Inoltre, la figura della gru è elogiata per la sua fase di accoppiamento, strettamente legata al concetto di monogamia. Tali uccelli restano con lo stesso partner per tutta la vita, divenendo simbolo di lealtà verso il proprio o la propria amata.

La storia di Sadako

Orizuru 折鶴, da ori 折 di origami (arte giapponese del piegare la carta) e zuru 鶴 (“gru”), è il termine tecnico con cui si descrive la pratica di modellare la carta nella forma di una gru. Forma considerata la più classica della cultura degli origami. Così come il volatile rappresentato, gli orizuru sono di buon auspicio e portatori di salute e fortuna. Si usa regalarli anche ad una coppia di sposi, simboleggiando amore e fedeltà nella relazione.

C’è chi ha creduto e si è affidato fino all’ultimo momento ad uno spiraglio di speranza che l’orizuru avrebbe dovuto concedere a chi era in difficoltà. Una storia che fa stringere il cuore e tramandata dai posteri, su cui riflettere, affinché certe tragedie e dolori non si ripetano mai più. Qui la figura della gru si afferma come tentativo di riafferrare le redini della propria vita.

E siamo lì, ad Hiroshima, 6 agosto del 1945. Giorno fatale per un Giappone straziato dal secondo conflitto mondiale. Ad opera degli Stati Uniti, a chiudere il cerchio, la prima bomba atomica della storia viene sganciata, portando alla quasi completa devastazione di Hiroshima e dei poveri civili. Per chi riuscì a sopravvivere, però, le speranze di farcela si riducevano ugualmente di giorno in giorno, a causa delle continue radiazioni dovute all’esplosione. Fra questi, una bambina di nome Sadako Sasaki.

Riuscì a non esser coinvolta nell’impatto restandone illesa, ma le radiazioni gravavano sul suo corpo. All’età di undici anni le fu diagnosticata una leucemia e fu ricoverata. Sadako era una fanciulla atletica, amava andare in bici e voleva tornare a gareggiare. Il fratello in visita le raccontò della leggenda secondo cui chi fosse riuscito a realizzare 1000 orizuru, sarebbe stato in grado di realizzare un desiderio.

Sadako non si diede per vinta, ci provò e strinse i denti fino all’ultimo, ma il destino non fu clemente verso quell’innocente ragazzina. Delle 1000 orizuru si dice che Sadako fosse riuscita a comporne solo 644, mentre le 356 restanti furono aggiunte dai suoi amici, che le seppellirono col suo corpo.

La figura della gru torna anche qui: la fanciulla divenne un simbolo da ricordare, e fu realizzata una statua in suo onore, mentre tiene una gru di carta che tende verso il cielo. In seguito alla sua morte fu anche realizzato il Monumento alla pace dei bambini, in giapponese genbakunokonozou 原爆の子の像,  “statua ai bambini colpiti dalla bomba atomica”.

Sadako divenne fonte di ispirazione in seguito alla sua morte nel 1955.  Il cantautore Fred Small compose un pezzo chiamato Cranes over Hiroshima (“Gru su Hiroshima”).

Fonte immagine in evidenza: Pixabay

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