La poesia icastica di Aksana Danilčyk: 3 componimenti

La poesia icastica di Aksana Danilčyk: 3 componimenti

La poesia icastica di Aksana Danilčyk, poetessa, traduttrice e studiosa bielorussa, si presta a interpretazioni molteplici data la profondità della parola poetica dell’autrice, che fa rivivere l’essenza più profonda della sua ispirazione variegata.

Le poesie di Aksana si compongono come dei mosaici: l’attenzione ai dettagli che emerge dalle singole parole, dalle pause e dai silenzi della ritmica poetica, fa sì che tali elementi siano intassellati in quella che risulta essere l’omogenea e variopinta composizione finale. Così accade nelle poesie che ora si presentano, edite in lingua bielorussa e tradotte in italiano da Marco Ferrentino: l’attenzione al particolare indirizza il lettore verso elementi minimi che trovano sapientemente posto nell’economia della lirica.

Tre poesie di Aksana Danilčyk tradotte in italiano

I versi che qui si presentano in italiano possono apparire molto diversi tra loro, sia nello stile che nel tema, ma il tratto vivido della poetessa è riconoscibile dalla carica figurativa che permea i tre componimenti. La poesia icastica di Aksana Danilčyk è una caratteristica della sua ispirazione fin dalle precedenti raccolte (si pensi a La ragnatela sull’uva spina, del 2005, inedita in Italia, o al Canto del ghiaccio, del 2019, prima antologia poetica bielorussa edita in Italia), che rende l’immagine poetica rievocata veicolo di un immediato messaggio: quasi una poesia fatta di colori e non di parole. La prima poesia che qui si pubblica è intitolata Depressione e si presenta come un “dialogo a una voce” mediante personificazione. L’io poetico, impossibilitato a opporsi a una forza silenziosa, ma travolgente, non può che accettare volontariamente la venuta del monstrum maligno (“Benvenuta depressione mia”):

Torci la bocca in un sorriso sdentato

da strega di terre paludose

e ti diverti

rompendo gli alberi come fiammiferi,

che poi marciscono nell’acqua fangosa.

Il riconoscimento degli effetti della depressione si esprime attraverso una serie di immagini concrete (come la costrizione delle tempie o i sibili di una voce sinistra in un sereno silenzio) che si alternano all’apparente astrazione che impregna l’intero ideale poetico e lirico. Alla devastazione “interna”, psichica, apportata dallo strisciare della depressione corrisponde una devastazione anche “esterna” cioè nella percezione delle cose al di fuori della mente. In tal senso, la depressione appare come un morbo, una pestilenza che corrompe silenziosamente tutto; nonostante ciò, dalla condizione di preda nei confronti della depressione, si passa ad una reazione emotiva e fisica dell’io poetante che aspira a guarire la Depressione dalla stessa malattia di cui è vittima:

Allora vieni da me depressione mia

abbraccerò il tuo corpo freddo

scalderò le tue mani blu

e proverò a consolarti

così che finalmente tu ti addormenti accanto a me

di un eterno sonno ristoratore.

Un tale esito catartico, facendo riferimento ad altre poesie, pare potersi riscontrare in Caronte, laddove la figura terribile del traghettatore è riabilitata dall’uccellino che gli si posa sulla spalla così come l’io poetico riabilita quella della Depressione attraverso l’atto consolatorio.

Nei versi, poi, della poesia Nel giardino grigio (titolo ricavato dal primo verso del componimento) non pare errato poter parlare di un senso di ‘contrazione’ del tempo che scorre lungo la poesia. Anche qui la poesia icastica di Aksana Danilčyk porta il lettore, che si immerge nel paesaggio evocato, a soffermarsi su quel particolare istante in cui l’autunno si trasforma in inverno (“E la brina sulle sue dita congelate | è il segno d’imminente letargia”) percepito attraverso i sensi del giardino, quasi un corpo con i suoi sensi e i suoi membri, dati dai fili d’erba o gli imi semi:

Nel giardino grigio dove le mele sono ghiacciate

fino ai vestiti scuri dei loro semi

dove sui percorsi di dolci succhi

viaggiano i ghiaccioli intorbidati

non arriva nessun alito caldo

del camino e a tarda ora

lui stesso non respira, trattenendo nel profondo

l’anima, per proteggerla dal freddo.

Successiva ad una illustrazione naturale e concreta del giardino inteso quasi come corpo, segue la seconda parte della poesia in cui si percepisce una sorta di sovrapposizione dell’io poetico al sentimento che pervade l’atmosfera gelida: quel “tempo cancellato”, così vicino, forse per suggestione personale, al “tempo perduto” proustiano, pare quasi rievocare quelle stagioni verdi che, poiché dimenticate, mancano esplicitamente nei versi, chiudendo la poesia nell’ombra della “dimenticanza”:

C’è un giardino grigio del tempo cancellato

suddiviso per le stagioni

per i ricordi che hanno perso precisione,

dove ci sono più sensazioni che immagini.

[…]

La cortina del cielo non lascerà passare il sole

chiuderà lo spazio insieme al silenzio

e sentirai la vostra sinergia

quando la brina toccherà il tuo viso.

D’altro stile, ma egualmente pregno di immagini e pathos, la poesia narrante Lungo il fiume, una prosa lirica in cui Aksana Danilčyk non fa venir meno il dialogo che è propria instaurare fra la sua voce e l’animo del lettore.

Il componimento Lungo il fiume si apre con un interrogativo che mette in gioco lo statuto del poeta e della poesia stessa: «La poesia è solo parole, solo parole o una confluenza?», laddove la ripetizione figura l’immagine itinerante di una riflessione condotta lungo le immagini che scorrono avanti agli “occhi” dei pensieri:

«Ho semplicemente camminato, […] . E quando mi fermavo, le mani che finalmente si sono liberate dall’oscurità dei guanti si curavano con erba e polline di tarassaco, e gli sfacciati piccioni venivano molto vicino e aprivano i becchi in attesa del pane. Mi appoggiavo sul cemento caldo e seguivo il movimento di un granello di polvere, che non cadeva, ma si alzava grazie a una forza a me sconosciuta. E non era il vento.»

Mediante le caratteristiche della poesia icastica di Aksana Danilčyk, l’illuminazione sul ruolo della poesia giunge attraverso una serie di percezioni visive su cui l’attenzione della poetessa riesce a soffermarsi: particolari minimi, come il polline di tarassaco, i becchi dei piccioni, fino a raggiungere quelli infinitesimi, quali il granello di polvere che “si alzava grazie a una forza […] sconosciuta”. Ed è proprio in quell’ignoto che si trova la risposta al quesito iniziale, la rivelazione: la poesia non è solo parola, ma “confluenze”, vortici di sensazioni, percezioni, emozioni e immagini vivide che appaiono come, appunto, confluenze di un fiume:

«Ho capito il percorso del fiume […] . Ho visto le cascate e i bambini che correvano sotto, e gli spruzzi volavano in direzioni diverse, e questa corrente, che saltava sulle pietre, mi ha schiarito la mente, i miei occhi sono diventati limpidi e il cuore calmo.»

Volendo assumere, infine, il fiume come simbolo dei variegati percorsi dell’esistenza umana, fatta ora di linearità ora di contrasti, sia consentito il paragone con la poesia Italia di Giuseppe Ungaretti in quanto in entrambe le poesie si esprime, sia pure in forme diverse, la propria coscienza di fronte allo statuto della poesia: se Ungaretti esprime la sua consapevolezza di fronte al ruolo della poesia (“Sono un poeta | un grido unanime | sono un grumo di sogni || Sono un frutto | di innumerevoli contrasti d’innesti | maturato in una serra ||”), Aksana Danilčyk rivede lungo il suo fiume ciò che la poesia rievoca nel suo immaginario, una “forza sconosciuta” che tiene insieme le ‘confluenze’ di cui si compone la poesia.

La poesia icastica di Aksana Danilčyk: 3 componimenti

1. Depressione

Benvenuta depressione mia,

con la tua faccia grigioverde

chiazzata di macchie bianche

ti avvicini quando

inciampando su pietre spaccate

dondolo nell’aria pungente

e quasi cado nelle fessure scivolose dei tuoi occhi.

 

Torci la bocca in un sorriso sdentato

da strega di terre paludose

e ti diverti

rompendo gli alberi come fiammiferi,

che poi marciscono nell’acqua fangosa.

 

Benvenuta depressione mia,

anche se ti nascondi tra i cespugli

noto il tuo camuffamento

coperto di ragnatele.

 

Le tue mani mi stringono le tempie

e non mi fanno girare la testa

per vedere gli sprazzi di sole

attraverso il velo di nebbia,

la tua voce insinua nel silenzio

rantoli di uccelli sconosciuti,

e gocce d’acqua cadono dai rami

e si frantumano con uno spruzzo sordo

sulla superficie del tuo fiume.

 

Allora vieni da me depressione mia

abbraccerò il tuo corpo freddo

scalderò le tue mani blu

e proverò a consolarti

così che finalmente tu ti addormenti accanto a me

di un eterno sonno ristoratore.

 

Adesso passeremo in rassegna altri componimenti inclusi nella raccolta di poesia icastica di Aksana Danilčyk.

2. Nel giardino grigio

Nel giardino grigio dove le mele sono ghiacciate

fino ai vestiti scuri dei loro semi

dove sui percorsi di dolci succhi

viaggiano i ghiaccioli intorbidati

non arriva nessun alito caldo

del camino e a tarda ora

lui stesso non respira, trattenendo nel profondo

l’anima, per proteggerla dal freddo.

 

E la brina sulle sue dita congelate

è il segno d’imminente letargia.

 

C’è un giardino grigio del tempo cancellato

suddiviso per le stagioni

per i ricordi che hanno perso precisione,

dove ci sono più sensazioni che immagini.

Le tracce delle invasioni non previste

sulle foglie cadute vicino alle sue radici

raccontano la curiosità del mondo

e l’unicità dell’origine dell’esistenza.

 

La cortina del cielo non lascerà passare il sole

chiuderà lo spazio insieme al silenzio

e sentirai la vostra sinergia

quando la brina toccherà il tuo viso.

 

A chiudere questa ricca cornice circa la poesia icastica di Aksana Danilčyk abbiamo Lungo il fiume.

3. Lungo il fiume

La poesia è solo parole, solo parole o una confluenza?

Ho semplicemente camminato, perché puoi semplicemente camminare, non cercando di raggiungere l’obiettivo, ma scoprendo il mondo oltre i propri limiti.

E quando mi fermavo, le mani che finalmente si sono liberate dall’oscurità dei guanti si curavano con erba e polline di tarassaco, e gli sfacciati piccioni venivano molto vicino e aprivano i becchi in attesa del pane. Mi appoggiavo sul cemento caldo e seguivo il movimento di un granello di polvere, che non cadeva, ma si alzava grazie a una forza a me sconosciuta. E non era il vento.

Ho capito il percorso del fiume e il percorso delle linee dell’alta tensione, e mi sembrava di essere nei campi e di vedere una prospettiva dietro la fila di torri metalliche.

Andare e sentire in prima persona la non linearità del tempo e dello spazio.

Ho visto le cascate e i bambini che correvano sotto, e gli spruzzi volavano in direzioni diverse, e questa corrente, che saltava sulle pietre, mi ha schiarito la mente, i miei occhi sono diventati limpidi e il cuore calmo.

Potevo continuare a vivere.

I componimenti sopracitati che compongono il genere della poesia icastica di Aksana Danilčyk sono pubblicati in diverse sedi: Depressione è stata di recente edita presso la rivista on-line Taubin, intitolata al poeta di origini ebraiche Yulij Taŭbin (1911-1937); le poesie Nel giardino grigio (titolo ricavato dal primo verso della lirica) e Lungo il fiume sono pubblicate rispettivamente presso le riviste Naša vera (2016, n. 3) e Dziejaslou (2018, n. 3 ,94).

Fonte immagine in evidenza: fotografia fornita da Aksana Danilčyk.

A proposito di Salvatore Di Marzo

Salvatore Di Marzo, laureato con lode alla Federico II di Napoli, è docente di Lettere presso la scuola secondaria. Ha collaborato con la rivista on-line Grado zero (2015-2016) ed è stato redattore presso Teatro.it (2016-2018). Coautore, insieme con Roberta Attanasio, di due sillogi poetiche ("Euritmie", 2015; "I mirti ai lauri sparsi", 2017), alcune poesie sono pubblicate su siti e riviste, tradotte in bielorusso, ucraino e russo. Ha pubblicato saggi e recensioni letterarie presso riviste accademiche e alcuni interventi in cataloghi di mostre. Per Eroica Fenice scrive di arte, di musica, di eventi e riflessioni di vario genere.

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