Letteratura giapponese classica: le opere principali

Letteratura giapponese classica: le opere principali

La letteratura giapponese classica è da sempre fonte di grande interesse, sia da parte di appassionati e non, grazie al fascino misterioso ed orientaleggiante che la contraddistingue, grazie anche alle mille leggende che si sono venute a creare intorno ad avvenimenti storici più o meno rivisitati ed, infine, grazie ai personaggi che son divenuti veri e propri simboli di una intera cultura, basti pensare ai samurai, geishe, monaci buddisti e così via.

La letteratura giapponese classica può essere circoscritta e suddivisa in due fasi:

– La prima, quella antica, che è caratterizzata dall’uso di un linguaggio ancora legato ai caratteri antichi cinesi (Man’yōgana 万葉仮名) e che era principalmente una letteratura non scritta, quindi fatta di storie tramandate per anni e poi trascritte in secoli successivi;

– La seconda è quella che parte con l’ideazione di due nuovi alfabeti nel periodo Heian, da parte di donne aristocratiche, le stesse che passavano i loro pomeriggi a studiare e ricopiare grandi opere, ossia l’invenzione dell’hiragana e del katakana, generalmente definiti kana.Questo è il periodo in cui fioriscono opere che diventano il simbolo della letteratura giapponese classica, in cui donne di corte diventano delle vere e proprie intrattenitrici, per le mogli degli imperatori dell’epoca, vuoi con storie inventate di sana pianta o con storie contemporanee, scabrose, ricche di pettegolezzi. Tra queste opere, risalta il Genji Monogatari, racconto immenso che ha reso celebre il Giappone e le corte degli imperatori all’estero.

La letteratura giapponese classica è abbastanza ricca, nonostante le opere iniziali fossero principalmente raccolte di poesie. Con il passare dei secoli e con l’inizio della alfabetizzazione delle persone, si arriverà ad arricchire sempre più la produzione artistica, che vedrà il suo boom nell’epoca dell’invenzione della stampa (portata in auge dai Gesuiti in Giappone), nola quale permetterà finalmente a tutti di acculturarsi ed informarsi, cosa che prima era permessa solo alle classi più abbienti.

Per chi non si sta appena affacciando a questo mondo può sembrare difficile orientarsi e, soprattutto, può sembrare difficile trovare un punto da cui iniziare. Ecco che quindi questo articolo mira a dare una infarinatura generale, con tanto di piccola sinossi legata ad ogni opera, così da guidarvi in un excursus nella letteratura giapponese classica fino a giungere ad una epoca più compatta e definita.

Kojiki – 712

Una delle opere principali della letteratura giapponese classica è appunto il Kojiki. Esso nasce con un chiaro intento politico: l’esigenza di creare, per un nuovo stato che nasce, la storia di persone che sono riuscite a prendere il potere nell’arcipelago.

Narra le vittorie di questo popolo, creando un collegamento di discendenza fra gli esseri soprannaturali (Shintoismo), in particolare si prefigge di tracciare un collegamento da Amaterasu al Giappone ed i suoi imperatori.
Ciò viene fatto anche con la poesia.

L’opera, commissionata dall’imperatore Tenmu, viene presentata poi all’imperatrice Genmei. Esso è un collage di miti e storie legate alla creazione del Giappone e della terra in generale, inoltre secondo il Kojiki la terra dipende dal cielo e gli imperatori Yamato, che sono discendenti del cielo, hanno il diritto di governare sulla terra.

In Giappone c’erano tantissime popolazioni che occupavano il territorio, ma gli Yamato travolgeranno i vari popoli, sparsi per il Giappone (Ainu, Emishi, ecc.), durante la loro espansione.

In sintesi, il Kojiki non parla della creazione del mondo, bensì solo del Giappone, avvicendando la storia tra infinite divinità che discenderanno poi sulla terra e daranno inizio ad una dinastia di imperatori che governeranno poi il paese.

Manyoushuu – 759 (Raccolta delle diecimila foglie)

Considerata un’antologia privata, non commissionata da imperatore o imperatrice, a differenza di altre opere giapponesi, essa è composta da Waka 和歌 (nome della poesia giapponese),che si contrappone al Kanshi 漢詩 (nome della poesia cinese). 

Più nello specifico, la raccolta, è composta da poesie di varie forme, da quella breve (tanka) a quella lunga (chouka) ed i temi presenti all’interno vanno da quelli prediletti dagli autori giapponesi, ossia le stagioni, associate a stati d’animo e sensazioni, a quelli più di nicchia, come le poesie dei sakimori no uta ossia le “canzoni delle guardie di frontiera”, poesie spesso inventate da autori che si fingevano guardie e che narravano di sensazioni quali nostalgia e solitudine.

Le poesie del Manyoshu sono considerate genuine, primitive, pure e sincere.

Due termini descrittivi ed importanti per l’opera sono:
– Makoto (sincerità, purezza, genuinità);
Kotodama 言霊 (parola spirito, potere per formativo della parola, potere che può essere malaugurante, benedicente ecc.).

Setsubungaku (Memorie della Luna)

È una raccolta di storie da varie collezioni e sono racconti privi di poesie, storie semplici:  setsuwa, “brevi storie”.
Hanno una finalità didattica per la maggior parte e spesso hanno un insegnamento buddista, ma anche di intrattenere.

Molte storie vengono dal Konjyaku Monogatari, che conteneva più di mille storie in 3 volumi, ma due sono andati perduti. La maggior parte delle storie sono localizzate in India, con vite precedenti del Budda, mentre altre sono ambientate in Cina e in Giappone.
Le storie sono in linea di massima anonime, ma nel caso del Konjyaku si crede che esse siano state scritte per sermoni buddisti da monaci.

Le storie non hanno un titolo, i titoli delle collezioni sono in realtà le descrizioni di ciò che si andrà a leggere.

I personaggi principali non sono sempre nobili o monaci, ma anche persone normali o animali, cosa rara per le storie giapponesi.

Cardine dei racconti è il concetto buddista di “ricompensa o punizione”, in cui, in base alle tue azioni, una delle due può esserti restituita nell’immediato o in una prossima vita.

Quest’opera è importante in quanto sarà la base di partenza per molti adattamenti dei secoli successivi, anche in altre forme quali danze del teatro Kabuki,  altri racconti che le riprendono e le continuano o, soprattutto, nella letteratura moderna, dove vengono riprese da autori come Akutagawa (che riprende le storie di “Nel Boschetto” e “Rashomon”, in versione psicologica) e registi Kurosawa (Rashomon).

Ise Monogatari – 850 ca

Composta da 125 dan (aneddoti, storielle) nasce dall’idea che il protagonista di tutte le storie sia un poeta davvero esistito Ariwara No Narihira, importante autore della letteratura giapponese classica, il quale viene descritto ed elevato ad un modello di eleganza cortese, ineguagliato.

Il personaggio di Genji, nel Genji Monogatari sarà vagamente simile a lui.

Il “modello ineguagliato” che rappresenta Narihira sta a significare un essere sensibile, un bravo poeta nonché amato dalle donne.
Le storie si vengono a formare intorno alle poesie di Narihira e alcune storie sono di più facile comprensione, altre un po’ meno.
L’Ise diviene una fonte inesauribile di produzioni artistiche fino a tempi recenti, in cui si riprendono dan, tra cui il più famoso, il 9, il viaggio verso est di Narihira che si allontana dalla capitale e dalla persona amata.

Le poesie del tempo vengono sempre raccolte e queste raccolte possono arrivare ad avere qualsiasi forma, dando origine a nuovi temi, diari di viaggio o collezioni di racconti, proprio come l’Ise.

Kokinshu o Kokin wakashu – 905

Il Kokinshu è l’opera che definisce cosa è accettabile negli stili poetici, improntando una nuova letteratura giapponese classica e dettando una nuova traccia da seguire per i poeti giapponesi.
Ha meno poesie del Manyoshu, ma con più Tanka (poesia breve) divenendo il wakashu per eccellenza, con inoltre più poesie riconosciute, meno anonimi e meno canzoni popolari.

La poesia è lirica e i temi sono sempre i soliti: amore, auguri, lamentele, viaggi e le stagioni.

L’introduzione in kana (kana jo) è molto importante perché è una apologia della poesia in giapponese, si spiega quanto è importante la poesia giapponese, opponendosi alle introduzioni che lo facevano riferendosi alla poesia cinese.
Contrapposizione fra kokoro e kotoba, cuore e parole.

L’autore più importante Kinutsunayuki, nonché anche l’autore della prefazione. Celebre è la sua poesia sui colori delle foglie che di notte non si vedono è ciò è uno spreco, così come indossare il broccato di notte, che nessuno può vedere e quindi apprezzare.

Taketori Monogatari – 909

Essa è una delle storie più antiche del Giappone: la storia della principessa Kaguya, tradotto in italiano con “Storia di un tagliabambù”
Testo semplice, rivolto a pubblico colto, per via di riferimenti storici che appaiono nel testo. Esso è un monogatari, ossia racconto (da monogataru, raccontare).

Nella sua forma semplice incorpora due tratti essenziale del monogatari d’invenzione (tsukuri monogatari):
– Descrizione dettagliate, anche dei personaggi;
– Interesse nei pensieri ed emozioni di alcuni protagonisti, si capisce la sensibilità di alcuni personaggi.

Si crede che alcune cose siano state aggiunte dopo, potrebbe essere una satira nei confronti dei nobili.

La storia narra della principessa Kaguya, raffinatissima donna, trovata all’interno di un ramo di bambù da un tagliabambù, la quale viene richiesta in sposa da una serie di nobili che letteralmente fanno la fila davanti casa sua.
Lei per impedire di essere data ad uno di questi, affida a tutti compiti impossibili. I pretendenti inizialmente ben predisposti e volenterosi, lentamente cedono a mezzucci e cercano di raggirarla con escamotage per evitare la “fatica” del compito assegnatogli. 

Kaguya non si lascia abbindolare e li rifiuta l’uno dopo l’altro, anche lo stesso imperatore, questo perché c’è una evidentemente differenza di livello fra Kaguya e gli uomini che la corteggiano: la donna proviene dal mondo della luna, puro e superiore, e si ritrova a vivere tra i terrestri, in un mondo impuro ed inferiore.

Viene mandata sulla terra per espiare una colpa, quando questa colpa viene infine espiata, lei deve tornare sulla luna.

Makura no soushi – 1000

Scritto da una donna di corte, Sei Shonagon, la quale entra in contatto con l’autrice del Genji Monogatari, Murasaki Shikibu.

Questo non è un monogatari, è un testo in prosa, una collezione di brevi racconti e lo si definisce in giapponese zuihitsu, ossia“Lasciarsi andare al pennello”, parola data dai critici per definire raccolte di brevi sezioni, aneddoti, riflessioni ecc.

Essi sono raggruppati insieme senza una logica apparente o sequenziale e sono trecento circa, tra cui liste di piante/luoghi, di cose antipatiche/fastidiose, cose belle, cose sentite.

Non ha avuto un impatto nel mondo nella poesia, perché contiene effettivamente poche poesie. È un’opera che ha molta forza, mostra la voce dell’autrice che si sente attraverso la sua personalità ed intelligenza.

È un’opera scritta per divertimento, senza intenti seri. Una parola usata spesso è okashi che in giapponese moderno significa strano, in quello usato nella letteratura giapponese classica significava “buffo, divertente”.

Temi ricorrenti sono le attività quotidiane, le cose che odia e non tollera, l’importanza dell’eleganza.

Genji Monogatari – 1008

Murasaki Shikibu, una delle autrici più importanti della letteratura giapponese classica nonché donna che sappiamo essere esistita veramente, in quanto del Genji Monogatari, ma che lascia dietro di sé alcuni misteri, in quanto si presuppone che i capitoli che si svolgono post mortem di Genji si pensa siano stati scritti da un’altra mano.

Non sappiamo come si chiami effettivamente questa donna, Murasaki Shikibu è uno pseudonimo donatole nel tempo:
– Murasaki significa lavanda, ma probabilmente viene chiamata Murasaki in quanto è il nome della protagonista femminile del Genji;
– Shikibu è il ministero del cerimoniale, dove lavorava il padre, infatti ella viene da una famiglia di non alto rango, uno dei gradi inferiore ai 5 dell’aristocrazia.

Abbiamo un diario di lei, sappiamo che si sposa con uno della famiglia Fujiwara e probabilmente scrive il Genji dopo la morte del marito. La fama la ripaga facendola arrivare a corte a servire una consorte imperiale dei Fujiwara, dove vi era un salotto letterario.

Nell racconto, troviamo un fascicolo vuoto nel 55° capitolo, il quale doveva condividere la morte di Genji, probabilmente mai scritto, esistono dunque 54 capitoli effettivi.

Il Genji è una storia di intrattenimento, con molte poesie (795) quindi è anche una raccolta di poesie, nonché un manuale di etichetta per chi ha a che fare con la corte – in quanto veniva letta da chi aveva a che fare con la corte-. Questa storia, già all’epoca, ebbe un enorme seguito, tanto che lo ricopiavano e lo conservavano.

Può essere visto anche come un manuale per donne, sulla cura dell’aspetto, sul portamento e sul come porsi nei confronti degli altri.

La sua esistenza è stata possibile grazie alle donne di corte in grado di scrivere e leggere a questo livello di sofisticazione. Con l’invenzione del kana, che permette di scrivere in giapponese con maggiore facilità vi è un incoraggiamento verso l’istruzione per le donne, le quali hanno sia tempo che possono dedicare alla scrittura, che uno spazio adeguato dove lavorare (stanze private nei palazzi di corte).

La trama, per riassumere in maniera impropria, narra della vita di Genji, un principe che non erediterà mai il trono e che in compenso vivrà molte avventure, soprattutto amorose. Attorno a lui gravitando mille altri personaggi, spesso chiamati con nomi di fiori o definizioni e di cui veniamo a conoscere, allo stesso modo, le loro avventure.

Con questo piccolo elenco, per nulla esaustivo, non dobbiamo dimenticare, però, che molte ancora sono le opere (impropriamente definite minori) non qui dichiarate, ma che hanno dato modo ad una letteratura giapponese classica vasta e corposa, che è stata poi d’ispirazione per artisti futuri.

Quando parliamo di letteratura giapponese classica, dobbiamo ricordare sempre che le enormi influenze della storia, delle culture e dei paesi intorno al Giappone, che hanno avuto sullo sviluppo interno del paese, fin dai tempi più antichi.

 

Fonte immagine di copertina: Pixabay

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