Le lingue dell’Est e del Sud-Est asiatico presentano una diversità e una complessità straordinarie, che vanno ben oltre le lingue nazionali ufficiali. Sebbene una dozzina di lingue dominino la scena governativa e mediatica, la regione ospita in realtà centinaia di idiomi, specialmente in paesi come Cina, Filippine e Indonesia.
Per comprendere questa varietà, i linguisti usano due approcci principali: la classificazione genetica, basata sull’origine storica comune, e quella tipologica, basata sulle somiglianze strutturali. Mentre geneticamente le lingue europee derivano in gran parte dalla famiglia indoeuropea, in Asia orientale esistono almeno 6 famiglie principali (austronesiana, mon-khmer, tai-kadai, sino-tibetana, hmong-mien) e lingue isolate come il giapponese e il coreano, rendendo l’area geneticamente molto più variegata.
Indice dei contenuti
- Caratteristiche tipologiche: quando lingue diverse si assomigliano
- 1. Morfologia: la mancanza di flessione nelle lingue isolanti
- 2. Fonologia: il tono lessicale
- 3. Sintassi: le costruzioni con classificatori
- 4. I sistemi di scrittura: logogrammi, sillabe e alfabeti
- Tabella comparativa delle caratteristiche linguistiche
Caratteristiche tipologiche: quando lingue diverse si assomigliano
L’approccio tipologico rivela che lingue di famiglie diverse, a causa di secoli di contatto, hanno sviluppato caratteristiche comuni. Questo fenomeno, noto come area linguistica (o *Sprachbund*), fa sì che lingue geneticamente non correlate condividano tratti strutturali. Analizziamo le principali peculiarità.
1. Morfologia: la mancanza di flessione nelle lingue isolanti
Molte lingue dell’area, come il cinese e il tailandese, sono definite “isolanti” per la loro quasi totale assenza di flessione. La flessione è il cambiamento di una parola per indicare aspetti grammaticali: in italiano, ad esempio, i verbi si flettono per tempo e persona (“mangio”, “mangiò”) e i nomi per numero (“libro”, “libri”).
In tailandese, invece, i verbi non cambiano per indicare il tempo: il contesto o avverbi specifici chiariscono se un’azione è passata, presente o futura. Similmente, i nomi non hanno un plurale morfologico; la quantità viene specificata con parole numeriche. Anche i pronomi non variano per genere (khaw significa “lui/lei”) o caso (I/me in inglese). Al contrario, lingue come il giapponese e il coreano sono agglutinanti, come definito dall’Enciclopedia Treccani, cioè aggiungono suffissi ben distinti alla radice della parola per indicare tempo, aspetto e altre funzioni grammaticali (es. in giapponese, il suffisso verbale -ta indica il passato).
2. Fonologia: il tono lessicale
Una delle caratteristiche più note è l’uso del tono lessicale, dove l’altezza della voce cambia il significato di una parola. In cinese mandarino, ad esempio, la sillaba “ma” può significare “mamma”, “canapa”, “cavallo” o “insultare” a seconda del tono usato. Il tono è parte integrante dell’identità della parola e una pronuncia errata può renderla incomprensibile. Il numero e il tipo di toni variano: il cinese mandarino ne ha 4, ma il cantonese e il vietnamita ne hanno 6, e altre lingue della regione anche di più.
3. Sintassi: le costruzioni con classificatori
Molte lingue della regione usano obbligatoriamente i classificatori numerici, parole speciali inserite tra un numero e un sostantivo. Questi classificatori categorizzano il sostantivo in base a dimensioni semantiche come la forma (per oggetti lunghi, piatti, rotondi), la funzione o la natura (persone, animali). Mentre in italiano diciamo “tre libri”, in cinese si dice “sān běn shū” (tre [classificatore per volumi] libro). In giapponese sono suffissi attaccati ai numeri, mentre in malese, tailandese e cantonese sono parole distinte.
4. I sistemi di scrittura: logogrammi, sillabe e alfabeti
Un’altra area di grande diversità è rappresentata dai sistemi di scrittura, spesso erroneamente accomunati. Possiamo distinguerne tre tipi principali:
- Logografico: ogni simbolo (logogramma) rappresenta un’intera parola o concetto. Il sistema cinese (Hànzì) è l’esempio principale, adottato in passato anche da altre lingue.
- Sillabico: ogni simbolo rappresenta una sillaba. Il giapponese usa due sillabari (Kana: Hiragana e Katakana) insieme ai logogrammi cinesi (Kanji).
- Alfabetico: ogni simbolo rappresenta un suono (fonema). L’alfabeto coreano (Hangul) è considerato uno dei più scientifici al mondo. Anche il vietnamita e il tailandese usano sistemi alfabetici.
Questa diversità è un’ulteriore prova della complessità linguistica dell’area, come studiato da istituti di ricerca come il Max Planck Institute for the Science of Human History.
Tabella comparativa delle caratteristiche linguistiche
Caratteristica | Cinese mandarino | Giapponese |
---|---|---|
Tipo morfologico | Isolante (nessuna flessione) | Agglutinante (suffissi per tempo, aspetto, etc.) |
Tono lessicale | Sì (4 toni principali) | No (ha un accento tonale, diverso dal tono lessicale) |
Classificatori numerici | Sì (parole obbligatorie tra numero e nome) | Sì (suffissi obbligatori attaccati al numero) |
Sistema di scrittura | Logografico (hanzì) | Misto (logogrammi kanji + sillabari kana) |
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Articolo aggiornato il: 30/09/2025