Lo stoicismo: caratteri peculiari della logica stoica

Lo stoicismo: caratteri peculiari della logica stoica

Lo stoicismo, insieme all’epicureismo e allo scetticismo, si inserisce nel periodo storico dell’“età ellenistica”, che talvolta gli studiosi, in continua disputa nel momento in cui si debba fornire una cronologia assoluta, fanno coincidere con la morte di Aristotele (322 a.C.). Questo dato non è trascurabile, in quanto una prima caratteristica di queste scuole è l’affrancamento rispetto alle convinzioni filosofiche vigenti fino a quel momento.

Se si accetta il pensiero per cui la filosofia non sia altro che l’espressione sistematica del dubbio, il quale, nelle varie epoche storiche, assume forme diverse, anche in questo caso diviene manifestazione del bisogno differenziato di conoscere e indagare la realtà. Una realtà che inevitabilmente muta col mutare delle istanze degli uomini che la vivono.

È la cesura rispetto al passato, che permette la nascita delle cosiddette “scuole ellenistiche”, come vengono identificate a posteriori, dalla critica ottocentesca. Platone e Aristotele rappresentano la summa del pensiero antico, in particolare, la trattazione aristotelica si presenta come la sintesi dello scibile umano del tempo. Dopo di lui, la Grecia entra in una nuova epoca, in cui anche la filosofia conosce una propria svolta, come reazione alle spinte politiche di una polis che ormai aveva perso la sua autonomia decisionale, di stampo democratico, e si avvicinava sempre di più ad un tipo di autoritarismo monarchico. Se fino a quel momento, lo studio filosofico era rivolto alla filosofia teoretica, soffermandosi, quindi, sulla contemplazione teorica, si passa gradualmente verso il “pragmatismo etico”, come strumento da adoperarsi nella vita quotidiana: la filosofia diventa una vera e propria «medicina del malessere».

Lo stoicismo e la riflessione sulla logica

Perché quando si parla di stoicismo, un primo approccio è quello alla Logica? Dal punto di vista della logica, gli stoici operano una sostanziale differenza in termini di ampliamento riguardo la disciplina che da Aristotele era stata definita “analitica”. Quest’ultima assumeva un valore “strumentale”, atto alla comprensione della metafisica. Lo stoicismo rivaluta considerevolmente la logica, attribuendole una pari dignità con ogni altra branca della filosofia, in una configurazione sistematica che la vede unita alla fisica e all’etica. Ecco, quindi, che il greco λόγος (lògos, da qui “logica”), da discorso tutt’uno con la ragione, si estende per comprendere qualsiasi aspetto riguardi l’espressione linguistica della ragione umana.  Un ruolo preminente viene assunto dall’ «esercizio della dialettica»  a cui è affidato il ruolo di “condurre al vero”, riprendendo l’impulso socratico.

Di particolare interesse è la logica proposizionale. Per lo stoicismo, la lingua si organizza in un discorso articolato, espresso sottoforma di proposizioni, parliamo in questo caso del  «lògos prophorikòs». Distinguiamo proposizioni incomplete, quelle sconnesse (ad esempio “Anna”, “gioca”), da proposizioni cosiddette complete (“Anna gioca”). Il problema di questi enunciati – qui la differenza forte con i sillogismi aristotelici – è che essi non potranno riferirsi a realtà universali, per gli stoici non sarebbero ammissibili, ma devono necessariamente riferirsi a qualcosa di identificato, singolare. Ciò significa che sarà sempre “Anna” che “gioca”, e non “la bambina gioca”, al di più, è ammesso “questa bambina gioca”.  Tali asserzioni possiamo riconoscerle come vere nel caso pongano in essere la realtà effettiva delle cose, in caso contrario, le considereremo false. Ne consegue che solo dopo aver stabilito l’ammissibilità della proposizione analizzata, potremmo proseguire con la sua analisi. Continuando su questa direttrice, allorché una proposizione si dica vera, c’è da constatare se essa accresca la nostra conoscenza, in tal caso, si parla di argomenti dimostrativi, in caso contrario non dimostrativi. Un argomento è dimostrativo se, servendoci dei connettori implicazionali ammessi dallo stoicismo così come dalla filosofia precedente, la conclusione logica non è evidente nella premessa. In sostanza, se si raggiunge un contenuto che in partenza non è già espresso implicitamente. 

Tutte queste classificazioni discendenti e necessarie non servono ad altro se non a ricercare il riferimento di partenza, il fondamento su cui si basa la forza argomentativa, di cui la logica è espressione.

Fonte immagine: Freepik

A proposito di Diana Natalie Nicole

Studentessa di Letterature Comparate, sostengo la continuità tra filosofia e letteratura, con qualche benigna interferenza di linguistica, arte e cultura.

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