Poesie di Paul Verlaine: le 5 più belle

Poesie di Paul Verlaine, le 5 più belle

Il famoso poeta francese Paul-Marie Verlaine (1844-1896) è stato un “poeta maledetto” molto influente, autore di poesie musicali, malinconiche, tormentate, sensibili e fluide. Spesso le sue poesie si combinano con gli approcci di alcuni pittori impressionisti e musicisti. Verlaine è inoltre celebre per la sua relazione burrascosa con Arthur Rimbaud.

Le 5 poesie più belle di Paul Verlaine tradotte in italiano

Noi saremo

Noi saremo, una delle poesie più belle di Paul Verlaine, celebra la forza dell’amore contro qualsiasi ostacolo, che è anche una speranza per il futuro. È contenuta nella raccolta La Bonne Chanson (1870) ed è ben visibile lo stile crepuscolare e musicale dell’artista.  I due amanti nella poesia sperano di vivere per sempre una relazione ideale e libera dai condizionamenti esterni. Questa poesia fu scritta da Verlaine in occasione del matrimonio con Mathilde Mauté, all’epoca sua fidanzata, e non per Rimbaud, come si potrebbe pensare.

Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi
che certo guarderanno male la nostra gioia,

talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?
Andremo allegri e lenti sulla strada modesta

che la speranza addita, senza badare affatto
che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

Nell’amore isolati come in un bosco nero,
i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,

saranno due usignoli che cantan nella sera.
Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,

non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene
accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

Uniti dal più forte, dal più caro legame,
e inoltre ricoperti di una dura corazza,
sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

Noi ci preoccuperemo di quello che il destino
per noi ha stabilito, cammineremo insieme
la mano nella mano, con l’anima infantile
di quelli che si amano in modo puro, vero?

Poiché l’alba si accende

Poiché l’alba si accende, tra le poesie di Paul Verlaine quella che più si distacca dalle altre, parla del poeta che finalmente all’alba di un nuovo giorno si sente felice e pronto ad affrontare la vita. Il desiderio di svolta e di miglioramento è evidente: il poeta vuole come librarsi in aria ed essere libero in senso positivo, rinascere come fa il sole all’alba ogni giorno. 

Poiché l’alba si accende, ed ecco l’aurora,
poiché, dopo avermi a lungo fuggito, la speranza consente
a ritornare a me che la chiamo e l’imploro,
poiché questa felicità consente ad esser mia,

facciamola finita coi pensieri funesti,
basta con i cattivi sogni, ah! Soprattutto
basta con l’ironia e le labbra strette
e parole in cui uno spirito senz’anima trionfava.

E basta con quei pugni serrati e la collera
per i malvagi e gli sciocchi che s’incontrano;
basta con l’abominevole rancore! Basta
con l’oblìo ricercato in esecrate bevande!

Perché io voglio, ora che un Essere di luce
nella mia notte fonda ha portato il chiarore
di un amore immortale che è anche il primo
per la grazia, il sorriso e la bontà,

io voglio, da voi guidato, begli occhi dalle dolci fiamme,
da voi condotto, o mano nella quale tremerà la mia,
camminare diritto, sia per sentieri di muschio
sia che ciottoli e pietre ingombrino il cammino;

sì, voglio incedere dritto e calmo nella Vita
verso la meta a cui mi spingerà il destino,
senza violenza, né rimorsi, né invidia:
sarà questo il felice dovere in gaie lotte.

E poiché, per cullare le lentezze della via,
canterò arie ingenue, io mi dico
che lei certo mi ascolterà senza fastidio;
e non chiedo, davvero, altro Paradiso.

Marina

Marina, una delle poesie più ricche di metafore di Paul Verlaine, parla di una tempesta in mare di notte. Il titolo potrebbe inoltre alludere ad una donna dal carattere burrascoso come la tempesta descritta dal poeta. Le metafore sono tante: la luna è un lutto, le onde saltano «in salti convulsi», infine arriva formidabile il tuono. 

L’oceano sonoro
Palpita sotto l’occhio
Della luna in lutto
E palpita ancora,
Mentre un lampo
Vivido e sinistro
Fende il cielo di bistro
D’un lungo zigzag luminoso,
E che ogni onda
In salti convulsi
Lungo tutta la scogliera
Va, si ritira, brilla e risuona.
E nel firmamento,
Dove erra l’uragano,
Ruggisce il tuono
Formidabilmente.

Il mio sogno familiare

Il mio sogno familiare parla di un sogno ricorrente del poeta, in cui vede paradossalmente una donna amata ed eterea, ma allo stesso tempo sconosciuta. La donna descritta potrebbe essere la morte, «poiché all’occhio delle statue è simile il suo sguardo», ma potrebbe anche semplicemente essere una persona che lui conosceva molto bene, come sua madre, che è morta. Questa, tra le poesie di Paul Verlaine, è un sonetto contenuto nella raccolta Poèmes Saturniens (1866), dedicata a tutte le persone che, come Verlaine, vivono sotto l’influsso del pianeta Saturno: selvaggi, miseri e malinconici. Malinconia, tristezza e umor nero caratterizzano questa raccolta, ancora sotto l’influsso di Baudelaire e dei parnassiani. 

Spesso mi viene in sogno bizzarra e penetrante
Una donna mai vista, che amo e che mi ama,
Che con lo stesso nome si chiama e non si chiama
Diversa e uguale m’ama e sempre è confortante

È per me confortante, e il mio cuore parlante
Per lei soltanto, ahimé! Non è più cosa grama
Per lei soltanto, in fronte del sudore la trama
Lei soltanto rinfresca, con le lacrime piante.
È’ bruna, bionda o rossa? Non mi è dato sapere.
Il suo nome? Ricordo che è dolce e dà piacere.
Come nomi diletti che la vita ha esiliato.

All’occhio delle statue è simile il suo sguardo,
Ed ha la voce calma, lontana, grave, il fiato
Delle voci più care spente senza riguardo.

Le conchiglie

Le conchiglie, ultima tra le poesie di Paul Verlaine, parla delle particolarità delle conchiglie che si trovano nella grotta dove il poeta e la persona amata sono stati insieme. Una sola di queste conchiglie (che potrebbero rappresentare le sue emozioni e le sue passioni, nonché i suoi sentimenti) sconvolge il poeta, ma egli non spiega né il perché, né quale sia questa conchiglia, lasciando i lettori a pensare a quale sia la grande metafora dietro questa lirica. Lasciare la poesia con un interrogativo del genere la dice lunga sull’atteggiamento di Verlaine, anticonformista e ribelle, sempre alla ricerca di tenerezza e libertà assoluta. 

Ogni incrostata conchiglia che sta
In quella grotta in cui ci siamo amati
Ha la sua propria particolarità.

Una dell’anima nostra ha la porpora
Che ha succhiato nel sangue ai nostri cuori
Quando io brucio e tu a quel fuoco ardi;

Un’altra imita te nei tuoi languori
E nei pallori tuoi di quando, stanca,
Ce l’hai con me perché ho gli occhi beffardi.

Questa fa specchio a come in te s’avvolge
La grazia del tuo orecchio, un’altra invece
Alla tenera e corta nuca rosa;

Ma una sola, fra tutte, mi sconvolge.

Fonte immagine: Pixabay

A proposito di Rosalba Rea

Sono Rosalba, amo leggere e imparare cose nuove. Scrivere poesie è sempre stata la mia passione più grande.

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